Picasso, “Les demoiselles d’Avignon”: l’alba del Cubismo

di Laura Corchia

Realizzato nel 1907, Les demoiselles d’Avignon rappresenta uno dei quadri più famosi di Picasso, frutto di una gestazione durata mesi.

Il grande olio su tela mostra cinque prostitute in un bordello barcellonese ed è stato preceduto da centinaia di schizzi e disegni. Il punto di partenza era un interesse per le figure dei nudi associato a una malinconica predilezione per gli ambienti squallidi. Possibile che l’artista si sia ispirato a Les grandes Baigneuses, dipinto qualche anno prima da  Paul Cézanne.

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Gli schizzi preparatori mostrano una composizione più affollata rispetto alla versione definitiva. Vi comparivano infatti uno studente e un marinaio, abituali frequentatori dei bordelli. Inoltre, dalla tela finale scompariranno il teschio e i fiori al centro, per lasciare il posto alla sola frutta. Il teschio simboleggiava probabilmente la vanità della carne rispetto allo spirito, ma metteva anche in guardia dai pericoli derivanti dal contatto fisico e la conseguente morte a causa di malattie che proprio in quel periodo stavano cominciando a diffondersi.

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Punto di approdo è una composizione fatta di forme geometriche spigolose e taglienti, i cui volti sembrano essere presi a prestito dalle maschere tribali africane. I nasi sono aguzzi, i seni acuminati. Persino il melone ha la forma di una falce. Gli oggetti e i piani sembrano ribaltarsi verso l’osservatore, mentre i corpi assumono forme scomposte. La ragazza accovacciata guarda avanti anche se il suo corpo è raffigurato di schiena.

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A parte la tenda rossa e l’accenno al tavolo su cui poggia la natura morta, quest’opera non mostra un’illusione spaziale. L’ambiente che circonda le figure è fatto di linee chiare e scure che si intersecano. Non vi sono ombreggiature, né trucchi prospettici. I colori sono ridotti a due: variazioni di ocra e blu.

L’opera è tuttavia ricca di rimandi classici: la figura centrale riprende la posa della Venere di Milo, con la gamba protesa in avanti e la spalla inclinata e anche la frutta potrebbe essere un accenno alla pittura antica. La mela è simbolo del peccato, l’uva rimanda all’immortalità.

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Le ragazze sono rappresentate come in una vetrina di fronte al cliente, complice anche la tenda-sipario che rende la scena drammaticamente teatrale. I clienti, dopo che sono state estromesse le due figure maschili, siamo noi: in questo modo, diventiamo parte integrante dell’opera, protagonisti della scena, osservatori e attori.

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