Maurice Denis (1870 – 1943): il “Nabi delle belle immagini”

di Laura Corchia

La Natura è un tempio dove incerte parole
mormorano pilastri che sono vivi,
una foresta di simboli che l’uomo
attraversa nei raggi dei loro sguardi familiari.

Come echi che a lungo e da lontano
tendono a un’unità profonda e buia
grande come le tenebre o la luce
i suoni rispondono ai colori, i colori ai profumi.

Profumi freschi come la pelle d’un bambino
vellutati come l’oboe e verdi come i prati,
altri d’una corrotta, trionfante ricchezza

che tende a propagarsi senza fine- così
l’ambra e il muschio, l’incenso e il benzoino
a commentare le dolcezze estreme dello spirito e dei sensi.

(Charles Baudelaire)

Con questa sua fondamentale lirica dal titolo Corrispondenze, Baudelaire cantava nel 1857 quello che, una ventina d’anni dopo, diverrà lo spirito cardine di un’intera stagione artistica, quella dominata dal Simbolismo.

Simbolista per eccellenza è Maurice Denis, ribattezzato come il “nabi delle belle immagini”.

Il pittore, figlio di un impiegato delle ferrovie e di una modista, cominciò ad affacciarsi nel panorama artistico allorquando gli Impressionisti esponevano le loro opere nell’ultima mostra.

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Una giovane che dorme (1892)

Nel 1888, all’Académie Julian di Parigi, Denis conobbe Paul Sérusier, Pierre Bonnard e Paul Ranson, con i quali entrò a far parte del gruppo dei pittori Nabis. Le sue idee sulla pittura e sull’arte sono espresse in una celebre frase pronunciata nel 1890: “Tenere presente che un quadro – prima di diventare un cavallo nella battaglia, una donna nuda, o la raffigurazione di un qualsiasi aneddoto – è prima di tutto una superficie piana coperta di colori assemblati in base ad un determinato criterio”.

Le sue prime opere mostrano infatti colori piatti e contorni netti, in perfetta sintonia con le teorie da egli propugnate nei numerosissimi scritti prodotti.

Denis è stato un abile cronista della vita moderna, seppur i suoi soggetti siano inquadrati in una dimensione ideale ed irreale. Oltre ai soggetti quotidiani, ha raffigurato diversi temi religiosi, conferendo loro un’aura mistica ed un’iconografia tutta personale.

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Le muse (1893)

Una delle opere più note ed apprezzate è Le Muse, dipinta nel 1893. Il tema classico delle muse ispiratrici delle arti e delle scienze è rielaborato in chiave moderna. Le figure vestono abiti ottocenteschi e sono prive degli attributi tipici. Più che un soggetto preso a prestito dalla mitologia classica, questo dipinto sembra raffigurare una scena di convivialità, con delle donne sedute a chiacchierare. Nel gruppo è riconoscibile la moglie Marthe, raffigurata due volte: di profilo, in abito rosso e di spalle, sulla sedia. La scena, ambientata sulla terrazza di Saint-Germain-en-Laye, è dominata dagli alti fusti degli alberi di castagna, i cui tronchi conferiscono alla composizione un carattere verticale. A fare da contrasto, le linee curve e serpentinate che definiscono le figure e i rami. Denis fa un limitato uso di colori: tutta la composizione è giocata sui toni del marrone, del nero e dell’ocra. Non fa uso di prospettiva per definire quello che ci appare a tutti gli effetti un “bosco sacro”, luogo di conversazioni che non siamo in grado di decifrare.

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Nel 1898 Denis compì un viaggio a Roma che lo portò ad adottare uno stile più classico e monumentale.

Gli ultimi anni della sua vita videro un’intensificarsi del fervore religioso, al punto da fondare gli “Ateliers d’Art Sacré”. Morì il 13 novembre 1943.