Picasso: quando il colore fa rima con dolore. Il ‘periodo blu’ nato dopo il suicidio di un amico

di Laura Corchia

“quando mi resi conto che Casagemas era morto, incominciai a dipingere in blu”.

(Pablo Picasso)

Anno 1900. Picasso lascia la terra natale per partire alla volta di Parigi, città per eccellenza degli artisti, luogo di mille speranze. Le valigie cariche di sogni non pesano più di tanto perché a portarle sono in due. Con Pablo parte anche Carles Casagemas, un amico, aspirante poeta, con cui Picasso aveva condiviso il periodo della formazione a Barcellona.

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Una volta giunti in Francia, i due giovani si inseriscono immediatamente negli ambienti artistici più in voga. Cominciano a frequentare un gruppo di giovani emigrati, poeti e artisti senza il becco di un quattrino. Tra loro c’è anche una certa Germaine Gargallo, una bella ragazza in cerca di fortuna. Casagemas perde la testa per la bella fanciulla. L’amore gli annebbia il cervello e il cuore, soprattutto perché Germaine, dopo un iniziale interesse, inizia un estenuante tira e molla. Carles oltretutto soffre di crisi maniaco-depressive e fa abuso di droghe.

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La sera del 17 gennaio 1901 è una sera come tante altre. Pablo è tornato per un breve periodo in Spagna, mentre la combriccola è riunita al Café de l’Hippodrome, a Montmartre. Tra un bicchiere di assenzio e l’altro, l’atmosfera si surriscalda. Forse in preda ai fumi dell’alcool, Carles chiede a Germaine di sposarlo. Lei lo respinge. A quel punto Carles si alza in piedi e dalla tasca tira fuori un biglietto e una pistola. La punta sulla ragazza e fa fuoco. Lei si getta sotto il tavolo. Lui, credendo di averla uccisa, rivolge la canna alla tempia e tira il grilletto. Carles, ancora vivo, viene trasportato all’ospedale in fretta e furia, dove muore attorno a mezzanotte.

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Germaine si salva perché la pallottola la sfiora appena. La notizia vola velocemente e raggiunge i Pirenei. Picasso, sconvolto, inizia a tormentarsi. Sente il peso di aver lasciato solo l’amico nel momento del bisogno. Per colmare il dolore lancinante, afferra tela e pennelli. Affida alla pittura i suoi pensieri ossessivi, le immagini che ricorrono nella sua mente. Inizia a dipingere Carles dentro la cassa da morto, all’obitorio, facendo esplodere sulla tela pennellate drammatiche, degne di Van Gogh. Pablo realizza più di un dipinto di Casagemas defunto, non lasciando nulla all’immaginazione, il foro del proiettile evidente sulla tempia destra. Inoltre, un viaggio attraverso la Spagna, la visione di molti derelitti, lo mette a contatto con la parte triste e depressa della vita e trasmette nel suo lavoro, con grande partecipazione, la sofferenza che vede intorno a sé. Usa forme allungate e toni scuri di blu e turchese, in composizioni monocromatiche.

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Queste opere rivelano una malinconia sottile e poetica e una malcelata inquietudine personale. La tavolozza è blu, appena appena mitigata dal giallo chiaro della pelle dei protagonisti. Le figure – esiliati, mendicanti, arlecchini, detenuti, disperati – hanno un aspetto fantasmatico e sono celate da un alone di mistero e di tristezza.

Il ‘perido blu’ durò circa tre anni e lasciò il posto ad un altro grande protagonista: il rosa.

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