Il collezionismo tra Cinquecento e Seicento: nascita ed evoluzione della galleria

Di Laura Corchia

Fra 500 e 600 si assiste all’esaurirsi dello studiolo e alla nascita di una nuova tipologia: la galleria. Questo spazio aveva la propria origine nel mondo classico, negli atri e nelle logge delle ville e delle abitazioni romane come nei portici e nei vestiboli colonnati.

Galleria Borghese, Roma
Galleria Borghese, Roma

Nella prima metà del 500, in Francia, le gallerie avevano essenzialmente funzione ricreativa, come luoghi di passeggio coperto. In Italia, invece, divengono luogo dove esporre opere d’arte.

La galleria di Sabbioneta rappresenta una sutura fra forma e usi francesi e nuova destinazione italiana. Per volontà del duca Vespasiano Gonzaga, infatti, cambia il suo allestimento tra il 1583 e il 1589: dagli affreschi inneggianti a condottieri e uomini del passato ospita poi trofei di caccia e infine statue, busti e rilievi classici.

Prima di Sabbioneta, anche la galleria del  palazzo del principe Cesare Gonzaga a Mantova era stata adibita a museo. Secondo il Vasari, nel palazzo vi erano un antiquario e due studioli. Accanto a questi ultimi si trovava la galleria, descritta dal bolognese Ulisse Aldrovrandi. Ancora assimilabile nella funzione e nel significato agli studioli, preziosi contenitori, tavoli, scrittoi, intarsiati per oggetti di piccole dimensioni e una profusione di marmi e pietre rare.

Il vescovo Girolamo Garimberto, consigliere artistico del Gonzaga, possedeva una galleria nel palazzo Gaddi di Montecitorio ch, come si evince dalla descrizione dello stesso proprietario conteneva statue, rilievi antichi e ritratti di contemporanei.

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Alla fine del 500 la galleria era divenuta accessorio consueto anche in tutte le abitazioni nobiliari. A Milano, il cronista Morigia ne documenta la diffusione fra le famiglie emergenti. La famiglia Archinto possedeva, ad esempio, rilievi e iscrizioni antiche, mentre famiglie come i Visconti e i Magenta prediligevano già i dipinti contemporanei.

Il Borsieri compila un supplemento alla guida del Morigia e in una lettera a Scipione Toso sostiene che la creazione di una galleria era un utile e disinteressato diversivo per la “cavalleresca nobiltà”.

L’ormai ampia diffusione della tipologia della galleria in tutta la penisola spinge lo Scamozzi a codificarne la forma architettonica e l’etimologia, mentre il Marino dedica a Carlo I di Savoia un sonetto che celebra le sue inclinazioni antiquarie ed estetiche e l’interesse per i reperti antichi.

Il duca, infatti, decide di trasformare l’assetto urbanistico di Torino mediante significativi interventi affidati ad Ascanio Vitozzi e costruisce una galleria in palazzo ducale.

Essa doveva collegare il Palazzo vecchio e il Castello e doveva ospitare la collezione del duca composta da numerosi reperti antichi, codici, manoscritti e strumenti matematici.

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La decorazione fu affidata a Federico Zuccari che del complesso programma iconografico ci ha lasciato un dettagliato resoconto.

Nel corso del 600 a Verona si registra un’apertura verso la pittura locale e la pittura contemporanea. Nella dimora signorile, insieme alla galleria, si aggiungono spesso un ridotto musicale e un giardino.

La famiglia Giusti, famosa per il suo scenografico giardino, possedeva una celebre galleria descritta dal Pona nel poemetto il Sileno. La raccolta comprendeva i ritratti di uomini illustri dipinti dai migliori artisti locali.

Nella seconda metà del 600, come documenta la guida del Pozzo, alla galleria venne aggiunta una stanza con una decorazione “alla boscareccia” con soggetti derivati dai poemi del Tasso che esercitò una grandissima influenza sulla pittura e sulla musica barocca.

La galleria dell’avvocato Cortoni descritta dal Ridolfi si mostrava maggiormente aperta verso i valori del rinascimento italiano cui si univa un’attenzione per alcuni poco noti artisti fiamminghi del 500 e del 600.

A Roma la galleria acquista il suo assetto più scenografico e celebrativo. La villa progettata da Flaminio Ponzio per Scipione Borghese era destinata non a funzione abitativa ma per il piacere degli amici e degli ospiti. La galleria, descritta dal Manilli, custodiva ritratti e busti con funzione dinastica e celebrativa, arredi sontuosi e pitture di soggetto storico.

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Marco Boschini, autore di una guida in rima in dialetto veneziano, sostiene la superiorità della pittura di soggetto storico e condanna invece i generi della natura morta, del paesaggio e della scena di vita contemporanea. Questi soggetti non erano infatti ritenuti adatti ad ambienti come le gallerie.

Le gallerie fiorentine sono descritte dal Cinelli e appartengono agli anni settanta del 600. Molte raccolte guardavano a realtà extraregionali come Napoli e Roma.  Il palazzo del letterato Baccio Valori si presentava come una specie di Pantheon cittadino.

Galleria degli Uffizi, Firenze
Galleria degli Uffizi, Firenze

Un gusto fastosamente appariscente connotava invece le sontuose gallerie barocche di Genova. Una fra le più ricche era quella del palazzo Durazzo poi Pallavicini. Esso era costituito da ampi saloni, cortili, scaloni monumentali e da un grande giardino pensile. Al piano nobile era situata la galleria che esponeva la ricchissima collezione di famiglia.

Fra 500 e 600 si costituisce quindi un ambiente che come lo studiolo può dirsi creazione tipicamente italiana. La sua evoluzione è assai rapida: da spazio destinato ad accogliere piccoli oggetti ad ambiente di rappresentanza delle classi nobiliari e principesche, a vano espositivo e pinacoteca.

 

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