Gauguin e l’esotismo nella cultura di fine Ottocento

Di Pietro Perrino

Quando, a occhi chiusi, una calda sera d’autunno,

respiro il profumo del tuo seno ardente,

vedo scorrere rive felici che abbagliano i fuochi di un sole monotono;

una pigra isola in cui la natura esprime alberi bizzarri e frutti saporosi,

uomini dal corpo snello e vigoroso e donne

che meravigliano per la franchezza degli occhi.

Guidato dal tuo profumo verso climi che incantano,

vedo un porto pieno d’alberi e di vele

ancora affaticati dall’onda marina,

mentre il profumo dei verdi tamarindi

che circola nell’aria e mi gonfia le narici,

si mescola nella mia anima al canto dei marinai.

Charles Baudelaire, “Profumo esotico”” ( da Les fleures du mal)

 Abbiamo iniziato con questi versi evocativi di Charles Baudelaire per evidenziare innanzitutto che quello dell’Esotismo è un fenomeno culturale molto ampio che include non solo la storia dell’arte ma anche la letteratura. L’Esotismo non nasce nell’Ottocento, è un fenomeno culturale che ha preso piede molti secoli prima ma che nel XIX secolo si caratterizza di nuove peculiarità. In questo secolo infatti, l’autore Teophile Gautier inaugura l’estetismo esotico con Mademoiselle de Maupin (1835-36) romanzo in cui l’evasione verso luoghi lontani e remoti è la vera protagonista. Per Gautier l’Esotismo ha diverse sfaccettature, può indicare la cultura pagana dell’Età dell’Oro ma anche il periodo turbolento della Roma imperiale o ancora le atmosfere languide ed erotiche dei remoti regni orientali. Nella letteratura di Gautier emerge inoltre la figura della femme fatale,personaggio femminile appartenente ad ogni epoca e luogo che possiede una bellezza e un fascino non rassicuranti ma terribili, spaventosi, in grado di condurre l’uomo in un mondo peccaminoso. Questa figura sarà poi presente in opere di altri autori come Gustave Flaubert, Gabriele D’Annunzio e Oscar Wilde.  Tuttavia, la più emblematica figura di intellettuale esotista è senz’altro quella di Charles Baudelaire – tra l’altro ‘amico e maestro’ (come scriverà lui stesso) di Gautier a cui dedicherà I Fiori del Male –  . Nei suoi versi emerge il desiderio di raggiungere luoghi lontani, farsi sedurre da essi e alla fine venerarli e idealizzarli come simbolo del ‘diverso’. Baudelaire evoca odori, colori, sensazioni che più che riferirsi a luoghi ben definiti sono appunto un ritratto idealizzato di un mondo che è il contrario della Parigi borghese di fine Ottocento. E’ questo il contesto in cui collocare il celebre pittore Paul Gauguin che, stanco della società parigina, decise di evadere verso luoghi incorrotti e primitivi: dopo un breve viaggio in Martinica (nelle Antille) Gauguin si recò in Bretagna, dove a Pont-Aven incontrò giovani pittori – come Paul Sérusier e Maurice Denis –  affascinati dalla cultura ancora tradizionale che regnava in questa regione all’estremo nord della Francia. Durante la permanenza in Bretagna, in cui divenne il capo spirituale di questa comunità di artisti, Gauguin realizza nel 1888 il celebre dipinto ‘ la visione dopo il sermone ‘ con Giacobbe che lotta con l’angelo, scena a cui assistono le donne bretoni nei loro costumi tradizionali. Tuttavia, il luogo che rimarrà impresso nell’artista è Tahiti, isola della Polinesia francese: il primo viaggio è del 1891 che durò solo due anni. Poco tempo in realtà ma abbastanza da fissare in Gauguin la bellezza di quel luogo dove c’è un rapporto spirituale tra l’uomo e l’ambiente che lo circonda. L’artista nel 1892 decide di utilizzare una tela e i colori per imprimere il ricordo di questa terra lontana e il risultato è l’opera ‘Come?Sei Gelosa?’ dove, su uno sfondo colorato  quasi innaturale di rosa ,verde, azzurro, nero e arancione (una spiaggia e i riflessi della natura rigogliosa sull’acqua) campeggiano i corpi di due giovani donne tahitiane: è una nudità che si presenta in modo naturale e non provocatorio. Lo stesso artista, nel libro Noa-Noa del 1897 descrive la scena: «Sulla spiaggia giacciono due sorelle, nella posa aggraziata di animali in riposo; parlano degli amori di ieri e delle vittorie di domani. Il ricordo fa nascere un battibecco: “Sei gelosa?”. »

Leggi anche  “Tra le tue braccia”: una poesia di Alda Merini
Paul Gauguin, Manao Tupapau (Lo spirito dei morti veglia), 1892
Paul Gauguin, Manao Tupapau (Lo spirito dei morti veglia), 1892

 

La seconda permanenza sull’isola fu definitiva: l’artista si insediò in questo angolo remoto del mondo, nonostante i problemi di salute che si aggravavano e le difficoltà economiche. Nonostante tutto però, Paul Gauguin non smette di essere affascinato da questo ‘mondo’. Nel 1896  l’artista realizza ‘La regina’, una tela di 97×130 cm che ritrae in primo piano una donna del luogo in una posizione che ricorda quella dell’Olympia di Manet. Qui tuttavia la donna non esibisce la nudità in modo sfacciato ma presenta il suo corpo come un frutto della Natura, insieme ai manghi rosso vivo e gli alberi dalle foglie giallastre.

 

Infine, opera emblematica – già dal titolo – è ‘Da dove veniamo?Chi siamo? Dove andiamo?’ del 1897 (3,74×1,39 m), una tela dalle dimensioni notevoli su cui l’artista dipinge l’intero ciclo della vita e della morte. Lo schema è stato redatto in modo sapiente: al centro campeggia l’uomo nel pieno delle sue forze che coglie un frutto forse a simboleggiare il momento più propizio dell’esistenza, un momento non duraturo perché tutti siamo destinati alla morte (la donna anziana a sinistra che si copre il volto).In secondo piano compare la figura blu di un idolo, forse un riferimento all’uomo che spiega il senso e il ciclo della vita attraverso l’esistenza di entità sovrannaturali che governano su ogni cosa. Elemento interessante sono i bordi gialli su cui vi sono delle scritte, quasi ad evocare gli affreschi rovinati dal tempo.

Leggi anche  Artemisia Gentileschi: la rivincita dell'arte
Paul Gauguin, Manao Tupapau (Lo spirito dei morti veglia), 1892
Paul Gauguin, Manao Tupapau (Lo spirito dei morti veglia), 1892

Probabilmente le parole di Gauguin su quest’opera saranno più esaustive: «A destra in basso, un bambino addormentato e tre donne sedute. Due figure vestite di porpora si confidano i loro pensieri. Una grande figura accovacciata, che elude volutamente le leggi della prospettiva, leva il braccio e guarda attonita le due donne che osano pensare al loro destino. Al centro una figura coglie i frutti. Due gatti accanto a un fanciullo. Una capra bianca. Un idolo, con le braccia alzate, sembra additare l’aldilà. Una figura seduta sembra ascoltare l’idolo. Infine una vecchia, prossima alla morte, placata e presa dai suoi pensieri completa la storia, mentre uno strano uccello bianco, che tiene una lucertola tra gli artigli, rappresenta la vanità delle parole.».

 

Nell’ultimo periodo della sua  vita Gauguin si trasferì nelle Isole Marchesi, sopravvivendo nonostante la povertà e la malattia che lo condussero alla morte l’8 maggio 1903.

Come spesso accade, la gloria arrivò postuma: le sue opere furono esposte al Salon d’Automne di Parigi e successivamente il pittore e collezionista Daniel de Monfreid mise in mostra la prima retrospettiva. Da allora, l’arte di quel Paul Gauguin che aveva combattuto sino alla fine contro le convenzioni della società occidentale aspirando alla libertà afferrata in luoghi remoti, divenne celebre e richiesta.

Leggi anche  Paul Gauguin e l'incontro con Van Gogh

 

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Lascia un commento