Reliquie e Reliquiari: splendore e raccapriccio

Di Laura Corchia

Il collezionismo, fiorente durante l’antichità greco-romana, decadde nel Medioevo. La Chiesa tendeva, infatti, a reprimere e a condannare ogni forma di ostentazione di lusso e di ricchezza e alle raccolte di tesori conservate nelle chiese e nelle abbazie medievali non veniva attribuito valore storico o estetico ma puramente strumentale, dal momento che avevano il solo fine di avvicinare i fedeli alla sfera spirituale.

Nelle chiese medievali si trovavano principalmente quattro tipologie di oggetti: Naturalia, reliquie e reliquiari, ex-voto e spolia (frammenti antichi).

Nel medioevo l’oro e le pietre si consideravano impregnate di luminosità divina. Alla vista dello splendore materiale l’animo si elevava ai piaceri dello spirito, trasportato da un mondo inferiore ad uno superiore, in una regione dell’universo che non è chiusa nel fango della terra nè completamente immersa nel cielo, come scriveva Suger nel suo Libellus de consecratione Ecclesiae Sancti Dionysii nel 1127 ca. Egli può essere considerato un collezionista ante litteram, anche se non collezionava per se ma per l’abbazia. Abate di Saint Denis, dotò la chiesa di vasellame d’oro e pietre preziose, la adornò di perle e gemme, candelabri e sculture, vetrate, mosaici, smalti. Tuttò ciò in aperto contrasto con quanto predicava San Bernardo di Chiaravalle. Per rispondere a tali critiche, Suger si serve degli scritti dello pseudo Dionigi il quale sosteneva che Dio è indefinibile e di manifesta come una specie di cascata di luce. Attraverso quindi il fulgore delle gemme e dell’oro, Dio si manifesta al fedele. Tra gli oggetti che Suger riconfigura in chiave cristiana vi è un’anforetta in porfido con le zampe, le ali e la testa di un’aquila. Intorno alla base corre un’iscrizione in latino: Marmor erat, sed in is marmore clarior est (era marmo, ma in queste gemme è diventato più prezioso del marmo). Questa anforetta ricompare poi in un’incisione del tesoro di Saint Denis assieme ad altri oggetti preziosi e al reliquiario che, attraverso il suo fulgore, trasporta Suger in una dimensione mistica, che non è più quella terrena.

Busto reliquiario di una santa (probabilmente Sant'Orsola).
Busto reliquiario di una santa (probabilmente Sant’Orsola).

La chiesa custodiva anche reliquie contenute nei reliquiari. Si tratta di frammenti organici fatti oggetto di culto soprattutto nel Medioevo.  I santuari che custodivano questi resti erano spesso oggetto di pellegrinaggi. Le reliquie primarie sono quelle appartenute alla Vergine e al Cristo: il latte della Vergine o il prepuzio di Cristo. Altre reliquie primarie sono la Terra della Palestina e i chiodi della croce.

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Il culto delle reliquie viene giustificato da una serie di scritti. Nell’Epistola ai corinti, San Paolo afferma che esiste un corpo corruttibile che risorge incorruttibile. Nel Secondo Libro dei Re si parla di Elia ed Eliseo: Il mantello di Elia consente alle acque del Giordano di dividersi e di far passare i due all’asciutto, mentre il corpo di un defunto, gettato nel sepolcro di Eliseo, risuscita a contatto con il corpo del santo. In un passo del Vangelo di Luca, una donna viene guarita da delle perdite ematiche toccando la frangia del mantello di Gesù e anche nel vangelo di Matteo è menzionato un altro episodio simile. Anche negli Atti degli Apostoli si parla di miracoli, come ad esempio San Pietro che risana gli infermi con la sua ombra.

Dopo la controriforma, le reliquie più importanti dei diversi tesori  verranno raffigurate in alcune tavole a stampa, ad esempio la tavola del tesoro di Aquisgrana e la tavola della Sainte Chapelle di Luigi IX. In questa cattedrale erano custodite delle importantissime reliquie: le spine della corona di Cristo, e un pezzo della Vera Croce. In un codice vediamo infatti il santo Sovrano mentre mostra dei preziosi reliquiari giunti dalla Terrasanta al popolo. Le reliquie venivano infatti mostrate in particolari circostanze. In un’incisione della fine del ‘400 proveniente da un Libro dei Pellegrini, vediamo il momento dell’ostensione delle reliquie. Su di un palco diversi personaggi espongono i preziosi resti, mentre in basso una donna cerca di catturarne l’influsso positivo emanato per mezzo di uno specchietto.

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Da mezzo millennio il culto delle reliquie è messo duramente in crisi. A confinare il culto delle reliquie al rango di mera superstizione popolare ci hanno pensato dapprima l’Illuminismo e, successivamente, lo scetticismo e il disincanto del mondo contemporaneo. Tuttavia, proprio grazie al desiderio di venerare qualche resto tangibile dell’esistenza terrena di alcuni personaggi celesti, l’oreficieria medievale ci ha lasciato splendidi  capolavori.

I reliquiari hanno una loro storia morfologica, cambieranno forma nel corso del tempo ma manterranno costante la preziosità. Fino al XIII secolo il reliquiario è concepito come una sorta di cassaforte, di cassetta metallica spesso impreziosita da smalti e pietre, mentre dal XIII secolo in poi la reliquia comincia a mostrarsi soprattutto attraverso il cristallo di rocca. Un esempio di reliquiario in cristallo di rocca è la stauroteca del tesoro di Pienza, con un ramo di corallo che allude alla passione di Cristo. A partire dal 1215, anno in cui si proclama il dogma dalla transustanziazione (presenza di Cristo nell’Ostia), le reliquie vengono conservate in reliquiari a forma di ostensorio. Agli inizi del rinascimento, la reliquia diviene marginale nella compagine del reliquiario. In un reliquiario appartenuto a Carlo IV di Boemia, la reliquia era infatti contenuta in una piccola mitra sorretta da un Angelo chinato di fronte a Cristo. A partire dalla Controriforma, si hanno poi dei reliquiari che presentano degli aspetti macabri i quali ricordano all’uomo quale sia la sua triste sorte. Si parla invece di reliquiari parlanti quando presentano la forma delle reliquie che contengono, ad esempio a forma di piede. Alcuni reliquiari, destinati a contenere la Terra della Palestina, si presentavano sotto forma di borse in cuoio da appendere al collo.

Uno splendido esempio di reliquiario a borsa è quello che si conserva a Monza. Racchiude un dente di San Giovanni Battista. È un manufatto di oreficeria lavorato a filigrana e tempestato di gemme. Sul retro presenta una Crocefissione delicatamente eseguita a punzone con una tecnica di puntinatura.

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Reliquiario del dente del Battista, Monza, Museo del Duomo
Reliquiario del dente del Battista, Monza, Museo del Duomo

La Cassa di Santa Valeria reca sulla superficie le scene dell’Adorazione dei Magi. Risale  al 1175-1185. Realizzato in legno, rame dorato e smalto champlevé, può essere ammirato a San Pietroburgo nel Museo Statale Ermitage.

Cassetta reliquiario di Santa Valeria con scene dell’Adorazione dei Magi, Francia, Limoges, 1170-1180, Legno, rame dorato, smalto champlevé, 23x27,7x11,7 cm, San Pietroburgo, Museo Statale Ermitage
Cassetta reliquiario di Santa Valeria con scene dell’Adorazione dei Magi, Francia, Limoges, 1170-1180, Legno, rame dorato, smalto champlevé, 23×27,7×11,7 cm, San Pietroburgo, Museo Statale Ermitage

Tra i busti reliquiario, citiamo il busto di una Santa, probabilmente Orsola. Il delizioso busto, databile al 1380-1390, è stato riconosciuto alla mano di uno dei protagonisti della scultura senese del secondo Trecento, quel Mariano d’Agnolo Romanelli che fra gli anni settanta e ottanta fu il principale attore dei cantieri delle statue marmoree della cappella di Piazza del Campo e del coro della Cattedrale. Il corpus di sculture che, soltanto negli ultimi decenni, è stato raccolto intorno al nome di Mariano, si contraddistingue tanto per un sapiente recupero dell’espressivo linguaggio di Giovanni Pisano, quanto per una capacità di resa del naturale che eccelle soprattutto nelle figure lignee, grazie anche alla qualità della policromia. Tale aspetto risalta anche nel nostro busto di santa, che probabilmente raffigura la martire di Colonia, Orsola e che forse fu dipinto da Andrea di Bartolo. Per la funzione di reliquiario, esso rimanda a una tipologia di oggetto più all’oreficeria che alla scultura; del resto non si deve dimenticare che Mariano praticò anche l’arte orafa, come testimonia il busto reliquiario di San Marco papa dell’Abbazia di Abbadia San Salvatore.

Busto reliquiario di una santa (probabilmente Sant'Orsola).
Busto reliquiario di una santa (probabilmente Sant’Orsola).

Un importantissimo reliquiario, appartenuto a Piero de’ Medici, è il Reliquiario del libretto. Esso conteneva delle reliquie della passione di Cristo, probabilmente provenienti dalla Sainte Chapelle. E’ inserito in un tabernacolo realizzato da Sogliani dopo la cacciata dei Medici da Firenze.

Reliquiario del libretto
Reliquiario del libretto

Terminiamo la nostra disamina con alcuni reliquiari che recano la forma della parte anatomica custodita. Tra tutte le tipologie, sono forse quelli che trasmettono più senso del mistero e dell’orrido. Ma non dimentichiamo che, nell’epoca in cui furono realizzati, vi era un rapporto diretto con la religiosità, più mistico e, forse, più vero.

Fig.-1

 

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