Collezioni in bottega: le raccolte degli artisti tra Quattro e Seicento

Di Laura Corchia

Nel corso del Quattrocento si assiste all’evoluzione della figura dell’artista da semplice artigiano a intellettuale, conoscitore, antiquario.

Lo studio delle raccolte di scultori, pittori e architetti ci consente, da un lato d documentare lo sviluppo del collezionismo e dall’altro, di seguire i mutamenti e le trasformazioni di questa figura professionale.

Le raccolte rappresentavano per gli artisti uno strumento per acquisire prestigio e per integrarsi nella società degli umanisti e degli intellettuali.

Philip Galle (1537, Haarlem - 1612, Antwerpen), “Bottega del pittore
Philip Galle (1537, Haarlem – 1612, Antwerpen), “Bottega del pittore

Da un documento del 1455 sappiamo che la bottega dello Squarcione, ancora di stampo medievale, era eccezionalmente fornita di rilievi e di modelli in gesso o in cera e di sculture classiche che il pittore aveva acquisito durante un viaggio in Grecia. Su tali modelli si esercitavano decine di allievi tra cui Jacopo Bellini e il Mantegna.

La collezione del Ghiberti composta da sculture greche e romane, rilievi e gemme incise forniva allo scultore spunti e modelli da imitare ma era anche simbolo del prestigio intellettuale e sociale che aveva raggiunto.

Questa doppia connotazione si consolida nel corso del cinquecento. Se la raccolta dello scultore Della Porta, nota attraverso un inventario e composta essenzialmente di bronzetti e di piccole riproduzioni in cera di grandi capolavori dell’antico, aveva ancora principalmente lo scopo di stimolare la creatività dell’artista, diverso è il caso della collezione del Sodoma: i ferri del mestiere e alcuni dipinti della sua tarda attività si conservavano in più ambienti, come si apprende dal testamento del pittore. In esso troviamo elencate 6 cassette con colori, le figure di Leda e Lucrezia, un’andata al Calvario, una pietà, numerose anticaglie, oggetti esotici, sculture e frammenti classici.

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Il Vasari, nelle Vite, fornisce informazioni riguardanti lo studio dell’ orefice Valerio Belli ricco di sculture antiche e moderne, di calchi e di disegni tratti da monumenti in bronzo. Per impedirne la dispersione all’estero, l’erudito Girolamo Gualdo invia una lettera all’arcivescovo di Trento consigliandone l’acquisto in blocco.

Anche le case degli artisti si differenziano dalle abitazioni circostanti e rappresentavano una spia della posizione sociale raggiunta. L’abitazione dello scultore Leone Leoni ci viene descritta dal Vasari in un passo delle Vite. La facciata presentava dei giganti di stampo michelangiolesco, nel mezzo del cortile vi era invece una statua di Marco Aurelio copia dell’originale del Campidoglio.

Vasari possedeva una raccolta di disegni di cui ci informa nelle sue Vite. I disegni scelti, divisi in più tomi o libri erano sistemati entro cornici disegnate dallo stesso Vasari e dovevano fungere da complemento visivo ed illustrare lo stile di tutti gli artisti trattati nelle Vite.

Nello studio dello scultore Alessandro Vittoria erano presenti numerosi paesaggi e ritratti dell’artista, come apprendiamo dal suo testamento.

La collezione del pittore Renier descritta dal Ridolfi e quella del Maratta descritta dal Bellori, vengono utilizzate invece come punti di vendita e botteghe antiquarie.

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Nel Seicento, infatti, gli artisti forniscono indicazioni e proposte d’acquisto alla nascente borghesia, rivestendo dunque anche la funzione di mercanti d’arte.

L’architetto romano Martino Longhi, nel suo testamento, consente attraverso una clausola imposta agli eredi la piena fruizione dei numerosi oggetti presenti nel suo studio a chi ne faccia richiesta. Il documento contiene inoltre dettagliate disposizioni su come gli oggetti devono essere disposti nel Museo.

Altre botteghe di artisti sembrano invece connotarsi come wunderkammern, raccolte di meraviglie. Rientrano in questa tipologia gli studi dei pittori Filippo Napoletano, Cesare Baglione e Tiburzio Passarotti. Nell’ inventario dello studio del pittore Napoletano compaiono strumenti scientifici, porcellane cinesi, fossili, vetri e disegni di costumi orientali. Secondo il Baglione, molti visitatori si recavano ad ammirare le bizzarie presenti nel Museo e, dopo la morte del pittore, quello studio fu in breve tempo smembrato.

 

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