Medioevo: la strana iconografia del Cristo della Domenica. Chi lavora va all’inferno!

Di Laura Corchia

«Il settimo giorno, Iddio compì l’opera che aveva fatta, e si riposò il settimo giorno da tutta l’opera che aveva fatta. E Dio benedisse il settimo giorno e lo santificò» (Genesi 2:2–3)

 

Abbiamo esordito con questi versi della Genesi per raccontarvi di una strana iconografia, sviluppasi in Italia e in Europa dalla metà del Trecento all’inizio del Cinquecento.

Numerose raffigurazioni mostrano un Cristo ammonisce i fedeli e ricorda loro che la domenica dovrebbe essere dedicata alla meditazione sulle cose dello Spirito. In questo giorno, dovrebbero rinnovare le loro alleanze con il Signore e nutrire la loro anima con cose spirituali.

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L’iconografia è molto simile a quella della Passione, in cui Cristo è accompagnato dagli strumenti della tortura. In questo caso, la figura è attorniata da strumenti di lavoro: gli scalpelli, alle sgorbie, alle tenaglie, si associano pialle, seghe, zappe, fusi per la filatura, ruote da mulino, barche, torchi da vino, dadi da gioco, scene di caccia. Tali oggetti a volte colpiscono il Cristo direttamente, altre volte sono collegati da frecce alle piaghe. In altri casi, al posto di Cristo compare una donna, identificata come la personificazione della Domenica.

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Il significato è chiaro: chi lavora nei giorni dedicati al Signore commette peccato e, quale peccatore, il suo posto è dritto all’inferno.

Questa iconografia, diffusissima nel periodo noto come “Autunno del Medioevo”, tenderà a scomparire nel Rinascimento, quando l’uomo riscoprirà la sua centralità nell’universo e si registrerà una maggiore rilassatezza nei costumi.

 

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