Salomè: il male sotto forma di incanto. Storia e iconografia

di Laura Corchia

“…La figlia di Erodìade danzò in pubblico e piacque tanto a Erode che egli le promise con giuramento di darle tutto quello che avesse domandato. Ed essa, istigata dalla madre, disse: “Dammi qui, su un vassoio, la testa di Giovanni il Battista…“

Nei passi biblici in cui compare Salomè, viene chiamata, come si vede, non col proprio nome, bensì con l’appellativo “figlia di Erodiade”. È solo con lo storico Giuseppe Flavio che si viene a conoscenza del nome della “figlia di Erodiade”, Salomè.

La Salomè descritta nei passi del Vangelo risulta priva di motivazioni e di volontà propria: infatti sembra essere uno strumento della perfida volontà della madre. Solo nel porre la richiesta a Erode, ha un’iniziativa sua: chiede di avere la testa di Giovanni Battista su un piatto, per non sporcarsi le mani o perché solo l’idea di toccare il macabro oggetto con le mani le suscita orrore. Per questo il piatto diventerà l’attributo distintivo di Salomè nella maggior parte delle iconografie che la riguardano. La figlia di Erodiade è solo un espediente letterario? In realtà una Salomè storica è esistita davvero e ne abbiamo il profilo su un verso di una moneta coniata nel 54 d.C.

Ma la figura di Salomè, la danzatrice seducente, il male sotto forma di incanto viene rapita dalla leggenda che la segue fino alla morte e oltre, con numerose versioni e metamorfosi sulla morte della ragazza. Per esempio, secondo la Leggenda Aurea, la figlia insegue la madre in esilio e, camminando su una lastra di ghiaccio, vi sprofondò e morì; o secondo un’altra versione la terra la inghiottì. È preferibile la versione tramandataci su un codice etiopico in cui il corpo nudo della ragazza viene tagliato in pezzi e inghiottito dalla terra con accanto, su un piatto, la testa di Giovanni Battista.

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Proprio per l’accumulo di molte varianti leggendarie di morte, Salomè viene attirata in una zona d’ombra e di mistero. La sua figura appare in tutte le iconografie medievali rappresentanti la storia di Giovanni Battista perché lei è lo strumento del martirio e quindi della santità di Giovanni. Grazie a questo inseparabile destino tra i due, la danzatrice acquisterà sempre maggior autonomia e protagonismo.

Filippo Lippi, Banchetto di Erode,
Filippo Lippi, Banchetto di Erode, 1452-65

La storia di Salomè è un incrocio fra storia e leggenda, un mito affrontato per secoli da artisti, in ogni campo: Caravaggio nella pittura, Oscar Wilde nel teatro, Richard Strauss nella musica.

Nel modello artistico, Salomè, giovane incosciente strumento di vendetta della madre, diventa il simbolo della più devastante e morbosa lussuria.

Nell’iconografia questo soggetto è reso comunemente con il tema del banchetto di Erode: la scena mostra Salomè, a volte ancora impegnata nella danza, e alcuni suonatori di flauto o tamburello. Il carnefice sopraggiunge con un vassoio sul quale è poggiata la testa del Battista.

Caravaggio, Decollazione San Giovanni Battista, 1608
Caravaggio, Decollazione San Giovanni Battista, 1608

Caravaggio scelse di raffigurare non la danza peccaminosa, ma il momento in cui il Battista viene torturato. La scena del dipinto si svolge all’interno di una prigione, come dimostrano i due carcerati affacciati da una grata; la penombra avvolge i personaggi, l’esecuzione avviene probabilmente alle prime luci dell’alba e solo un raggio di luce fa percepire l’orrore del misfatto.
Il carceriere che assiste imperterrito alla scena ha le fattezze di Philippe de Wignancourt, fratello del Gran Maestro dellOrdine; in San Giovanni Battista il pittore ha rappresentato probabilmente la sua vittima.
Il Santo è agli ultimi istanti di vita e il boia sta per dargli il colpo della misericordia con il pugnale che ha stretto in pugno; a fianco si nota la spada con cui è stato sferrato il primo colpo e sulla destra pende la fune alla quale San Giovanni era legato e che è stata recisa poco prima.
Gli altri personaggi sono una giovane donna con il bacile che dovrà raccogliere la testa del Santo e una donna anziana che, in preda all’orrore, si stringe la testa tra le mani.
Caravaggio firmò la sua opera nel sangue che schizza dalla ferita del Battista; si legge “F(ra) Michelangelo”, l’ultima parte del nome è invece poco leggibile.

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Tiziano, Salomé con la testa del Battista, 1515
Tiziano, Salomé con la testa del Battista, 1515

Tiziano dipinge Salomé con la testa del Battista nel 1515. Questo precoce capolavoro ha un colore e una poetica ancora Giorgioneschi. La scena è infatti venata di raffinati lirismi e rappresenta probabilmente Salomè, vista la presenza dell’ancella e del vassoio, dove secondo le scritture sarebbe stata poggiata la testa del Battista. Ma, come per altre opere del genere, il soggetto è stato talvolta collegato a Giuditta, i cui contenuti morali sono ben distinti da quelli della figliastra di Erode. La Salomè Doria Pamphilj è forse documentata nel 1592 presso la collezione di Lucrezia d’Este e di certo appartenne poi (1603) al cardinale Pietro Aldobrandini, quindi alla nipote Olimpia, principessa di Rossano, che sposò in seconde nozze Camillo Pamphilj. L’antica fama del dipinto è dimostrata dalle varie copie esistenti.

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