Quando la Gioconda tornò a Firenze

Di Laura Corchia

La Galleria degli Uffizi, nota per i tesori che dall’epoca della sua fondazione custodisce gelosamente nelle sale della sua galleria, ha conosciuto diversi direttori che nel corso degli anni si sono avvicendati. Ma uno passò alla storia: Giovanni Poggi.

Nato nel 1880, Poggi fu uno studioso attento e poliedrico. Nel 1913, decise di installare una mostra-lampo che aveva come protagonista principale una delle opere d’arte più note e apprezzate al mondo: la Gioconda di Leonardo da Vinci. Accanto ad essa, figuravano due altri dipinti noti del maestro: l’Annunciazione e l’Adorazione dei Magi. 

La prova di ciò che vi stiamo raccontando è contenuta in una grande fotografia che fa parte proprio del patrimonio dell’ex- soprintendente Poggi, finalmente consultabile presso l’Archivio Storico delle Gallerie, in via Lambertesca. A questa foto se ne sono aggiunte delle altre, testimoni di un allestimento che, ancora oggi, incanta, stupisce e regala grandi emozioni.

Si sa che la Gioconda arrivò in Francia attraverso lo stesso Leonardo, che la portò con sé quando decise di abbandonare l’Italia nel 1516. Acquistata da Francesco I, fu trasferita dapprima a Versailles e poi al Louvre, passando nel frattempo anche dalla camera da letto di Napoleone Bonaparte.

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Ma come giunse a Firenze?

Grazie a un furto, al famoso furto perpetrato da un certo Vincenzo Peruggia da Dumenza, piccola cittadina sulle rive del lago Maggiore. Questo personaggio, nel giro di un paio d’anni, balzò agli onori della cronaca per aver eseguito con una certa nonchalance quello che fu definito il “colpo del secolo”. Ma, andiamo per ordine. Il furto avvenne la notte tra il 20 e il 21 agosto 1911 e del misfatto se ne accorse un copista che aveva avuto il permesso per riprodurre l’opera a porte chiuse. A lungo la polizia brancolò nel buio e, nel giro dei sospettati, caddero anche nomi noti: Guillame Apollinaire ePablo Picasso. Ma, come nel più classico dei romanzi gialli, il colpevole è sempre l’ultimo ad essere sospettato.

Poggi invece chiese e ottenne, considerati gli ottimi rapporti italo-francesi, di poter esporre il dipinto agli Uffizi fino al gennaio 1914, come testimoniano le fotografie che qui pubblichiamo

Peruggia conosceva bene il Louvre, dal momento che aveva lavorato per un breve periodo come addetto alla sistemazione di una teca di vetro che doveva preservare il celeberrimo dipinto di Leonardo dalla polvere e dall’umidità. Convinto che il dipinto appartenesse all’Italia, rivendicando quello spirito patriottico proprio dei nostri connazionali, decise di mettere in atto il suo “diabolico” piano e, neanche a farlo apposta, tutto filò liscio. Finse una sbronza, si ritirò nella camera che divideva con un compagno, di buon mattino si diresse verso il Louvre dove sapeva esserci un custode che a quell’ora dormiva pesantemente, entrò nel museo, staccò il dipinto, lo nascose sotto il cappotto e uscì in tutta calma. Rientrato in albergo, occultò l’opera in una valigia e la custodì per ben ventotto mesi.

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Nel 1913 si recò a Firenze con l’intenzione di rivendere il quadro per pochi spiccioli . Un antiquario interessato all’offerta, convinto che il dipinto fosse uno dei tanti falsi in circolazione, gli diede un appuntamento al terzo piano dell’Hotel Tripoli (albergo che cambiò il proprio nome in Hotel Gioconda). Accompagnato da Giovanni Poggi, i due si accorsero che in realtà si trattava proprio dell’opera autentica. Peruggia fu arrestato e giudicato “mentalmente minorato”.  Il ladro, che suscitò anche qualche simpatia tra giudici, giornalisti e pubblico, dichiarò di aver passato due anni “romantici” in compagnia della Monna Lisa appesa in cucina.

Poggi invece chiese e ottenne, considerati gli ottimi rapporti italo-francesi, di poter esporre il dipinto agli Uffizi fino al gennaio 1914.

La Gioconda in mostra nella Galleria degli Uffizi di Firenze, 1913 direttore del Museo Giovanni Poggi (a destra) controlla il dipinto.

Monna Lisa in Italia a Firenze nel 1913 dopo essere stata recuperata

 

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