Lavinia Fontana: la “Pontificia Pittrice”

di Laura Corchia

Nacque Lavinia Fontana nella città di Bologna l’anno 1552 di Prospero di Silvio Fontana pittore d’assai spedito pennello […]. Questi dunque avendo scorto nella persona di Lavinia ancora di tenera età gran genio alla pittura, volle, che ella in tutto e per tutto disapplicando dagli umili esercizi, ai quali per lo più fino dagli anni più verdi vien condannato quel sesso, si desse agli studi del disegno, nei quali fece tal profitto, che diventa eccellente pittrice, ricca d’ applausi e di nome si mantenne in patria […]”.

La vita della pittrice Lavinia Fontana ci viene narrata dal toscano Filippo Baldinucci, la cui prosa ricca di informazioni consente di tracciare il profilo artistico di una delle più grandi pittrici del Manierismo.

Lavinia Fontana, “Autoritratto alla Spinetta.
Lavinia Fontana, “Autoritratto alla Spinetta, 1577.


Nata a Bologna nel 1552 da Prospero Fontana, un pittore la cui bottega era un crocevia di esperienze artistiche (emiliane, venete, lombarde e toscane), Lavinia entrò in contatto anche con i più giovani Carracci.

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A venticinque anni, sposò Giovan Paolo Zappi, la cui nobile famiglia le procurò la prima importante commissione pubblica: una pala d’altare per la cappella del Palazzo Comunale di Imola che rappresenta l’Assunzione della Vergine con San Cassiano e San Pietro Crisologo. Lavinia, donna dai modi gentili, riuscì a far intendere la sua arte come un nobile passatempo, allontanando così l’immagine della donna costretta a lavorare per mantenere la propria famiglia.

A Bologna, Lavinia divenne famosa ed apprezzata per i suoi ritratti, caratterizzati da una forte attenzione per la resa realistica degli abiti, delle acconciature, dei gioielli e delle fisionomie.

A partire dal 1603, si trasferì a Roma, chiamata da papa Gregorio XIII. Per la corte papale eseguì innumerevoli opere, tanto da essere soprannominata “la Pontificia Pittrice”.

Anche nella città eterna, l’artista seppe conquistare diplomatici, personalità di spicco e nobildonne con i suoi ritratti, tanto che Luigi Lanzi scrisse che “fu ambita dalle dame romane, le cui gale ritraea meglio che uomo del mondo”.

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Oltre a questo genere pittorico, Lavinia eseguì molti quadri a soggetto mitologico, come la Minerva in atto di abbigliarsi (1603). L’opera, conservata alla Galleria Borghese di Roma, mostra la dea nell’atto di indossare il manto, mentre rivolge uno sguardo malizioso all’osservatore. Il tessuto è reso come una lussuosa vestaglia, un evidente richiamo alla sua funzione di protettrice della tessitura. Nella ricca stanza borghese sono presenti e riconoscibili gli emblemi identificativi a lei riconducibili, come l’elmo, la lancia, la civetta (animale sacro) e lo scudo.

Lavinia Fontana, Minerva in atto di abbigliarsi, 1613. Galleria Borghese, Roma
Lavinia Fontana, Minerva in atto di abbigliarsi, 1613. Galleria Borghese, Roma

Tra le tante gratificazioni che Lavinia ricevette, la più importante e significativa fu l’elezione tra i membri dell’Accademia di San Luca. La fama e le grandi fortune accumulate spinsero il figlio Flaminio a firmarsi con il cognome materno, orgoglio verso una donna che ha saputo cogliere al volo tutte le occasioni che la vita le presentava e che, con il suo lavoro, ha saputo imporre una rivincita delle donne. Modello per le altre artiste venute dopo di lei, Lavinia è l’esempio lampante di come l’amore verso ciò che si fa può portare davvero molto lontano.

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