Benvenuto Cellini: vita allegra di uno scultore geniale

di Laura Corchia

Anarchio, sregolato, ribelle. La sua vita scellerata si divise tra la scultura, il carcere e alcuni viaggi in diverse città italiane per imparare ad esercitare il mestiere di orafo.

Con il suo fido archibugio sempre a portata di mano, fu sempre pronto a prendere di mira qualcuno, nutrendo odio per papi, principi e committenti.

Benvenuto Cellini nacque a Firenze il 3 novembre 1500, da un muratore e costruttore di strumenti musicali. Il padre cercò inizialmente di indirizzarlo verso la musica, ma poi lo mandò a bottega presso Michelangelo Brandini, padre di Baccio Bandinelli.

Violento ed arrogante, all’età di sedici anni venne bandito dalla città di Firenze per aver partecipato ad una zuffa. Da allora, condusse sempre una vita all’insegna della fuga, fino ad approdare a Fontainebleau, presso la corte di Francesco I, per il quale creò la celebre saliera raffigurante la terra e il mare. Anche in Francia, liti e risse si alternarono a processi per sodomia, dai quali però uscì assolto.

Rientrato in patria nel 1545, eseguì l’opera più celebre ed apprezzata: il Perseo.  La sua produzione si caratterizzò per i soggetti a tematica omosessuale: Ganimede e l’aquila, Apollo, Giacinto e Narciso.

Nel 1557 fu condannato e incarcerato per sodomia. Dal carcere si sfoga e lancia fulmini e maledizioni ai quattro venti. Anche contro la Fortuna che l’ha portato lì:

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Porca fortuna, se tu scoprivi prima
che ancora a me piacesse il Ganimede!
Son puttaniere ormai, com’ogni uom vede,
né avesti di me la spoglia opima
(…)
Venga il canchero a te, tue ruote e stella!”.

Durante il periodo della reclusione iniziò la stesura della celebre autobiografia, la Vita, a cui lavorò fino al 1565. Questo documento, così come le carte dei processi, sono fondamentali per comprendere la natura omosessuale dello scultore. Nel libro I, parla del giovane Luigi Pulci

“questo ditto giovane aveva maravigliosissimo ingegno poetico e cognizione di buone lettere latine; iscriveva bene; era di grazia e di forma oltramodo bello. Erasi partito da non so che vescovo ed era tutto pieno di mal franzese [sifilide].

E perché, quando questo giovane era in Firenze, la notte di state [d’estate] in alcuni luoghi della città si faceva radotti innelle proprie strade [raduni nelle strade], dove questo giovane in fra i migliori si trovava a cantare allo inproviso [improvvisando]; era tanto bello udire il suo, che il divino Michelagnolo Buonarroti, eccellentissimo scultore e pittore, sempre che sapeva dov’egli era, con grandissimo desiderio e piacere lo andava a udire; e un certo, chiamato il Piloto, valentissimo uomo, orefice, e io gli facevomo campagnia.

In questo modo accadde la cognizione [conoscenza] infra Luigi Pulci e me; dove, passato di molti anni, in quel modo mal condotto [ridotto male] mi si scoperse a Roma, pregandomi che io lo dovessi per l’amor de Dio aiutare.

Mossomi a compassione per le gran virtù sua, per amor della patria, e per essere il proprio della natura mia, lo presi in casa e lo feci medicare in modo, che per essere a quel modo giovane, presto si ridusse [ritornò] alla sanità”.

Scontata la pena, convolò a nozze con Piera Parigi, la sua domestica, dalla quale ebbe ben cinque figli. Ad essi se ne aggiunse un sesto, adottato prima del matrimonio: Antonio di Domenico Sputasenni, uno scapestrato giovincello che più tardi gli fece causa per il mancato mantenimento. Il “divorzio” dal figlio fu ufficializzato nel 1570, lo stesso anno in cui Cellini passò a miglior vita.

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Seppur segnata da episodi discutibili, l’esistenza di Cellini fu caratterizzata anche dall’amore per l’arte e dalla produzione di splendidi capolavori. Egli fu il più grande orafo del Rinascimento, capace di eseguire opere di straordinaria finezza e di grande eleganza formale. Poliedrico artista, la sua lingua ficcante, diretta e schietta gli valse anche un posto di rilievo nella letteratura italiana. La sua autobiografia, dettata ad un garzone di bottega pochi anni prima di morire, è considerata uno dei massimi capolavori della narrativa, capace di dipingere un’epoca a colori vivaci.

 

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