Dentro l’opera: ‘La grande Odalisca’ di Ingres

Di Laura Corchia

L’opera fu commissionata a Ingres nel 1814 da Carolina Murat, sorella di Napoleone, perché facesse da pendant a un altro dipinto, raffigurante una donna nuda dormiente, realizzata dieci anni prima dallo stesso pittore.

Sdraiata su un lettino coperto da stoffe preziose, l’odalisca occupa l’intero spazio della scena. Circondata da preziosi ornamenti esotici – un ventaglio di piume, un turbante, un narghilé, ha uno sguardo consapevole e malizioso, che sembra richiamare l’attenzione dello spettatore. Il corpo presenta delle evidenti sproporzioni, con un estremo stiramento delle membra e i fianchi sinuosi e voluttuosi. Questi aspetti conferiscono all’immagine un’eleganza rara e raffinata. Il corpo nudo, distendendosi, segue l’andamento orizzontale della tenda .

 

800px-Jean_Auguste_Dominique_Ingres,_La_Grande_Odalisque,_1814

La pelle candida risalta sullo sfondo scuro e il turbante richiama quello indossato dalla Fornarina di Raffaello. Uguale è anche l’acconciatura, con una riga centrale che divide a metà i capelli sulla bella fronte. La posizione della donna è invece una chiara ripresa della Venere di Urbino dipinta da Tiziano, mentre la posa di spalle ricorda la Venere Rokeby di Velazquez, con la quale ha in comune anche le deformazioni anatomiche.

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Abbandonato ormai definitivamente ogni retaggio settecentesco, l’esotismo di Ingres assume i connotati di un vero e proprio banco di prova formale mediante il quale l’artista francese dà libero sfogo alla sua sottile sensibilità, all’abbandono calibratamente sensuale, che gli permettono di dare vita a esercizi di stile accademici ma pur sempre di straordinaria perfezione pittorica e disegnativa. Allievo di David, nella cui bottega entrò a partire dal 1797, Ingres si distinse per una determinazione nel lavoro che lo isolava dai compagni. Nel 1806 si recò a Roma, dove ebbe modo di studiare il Quattrocento italiano e, in particolar modo, le opere di Raffaello. Per lui l’arte ha in se stessa le ragioni della sua esistenza, quindi l’importanza del soggetto si svaluta a favore della perfezione delle forme.

(…) «Non ci sono in questa figura né ossa, né muscoli, né sangue, né vita, né rilievo, nulla infine di ciò che costituisce l’imitazione dal vero. La carnagione è grigia e monotona, non c’è neppure, a propriamente parlare, alcuna parte veramente saliente, tanto la luce è piatta, senza arte e senza cura.» (…)

P. Landon, Salon de 1819, in Annales du Musée.

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 «Secondo noi, uno degli aspetti che innanzitutto distinguono il talento di Ingres, è l’amore per le donne. Il suo libertinaggio è serio, pieno di convinzione. Ingres non appare mai tanto a proprio agio ed efficiente come quando impegna il suo genio con le grazie di una beltà.» (…)

Baudelaire.

«”Sono un Gallo ma non di quelli che hanno saccheggiato Roma.” Fedele a se stesso fino all’ultimo, Ingres è l’artista che porta lo spirito del Neoclassicismo oltre l’età napoleonica, interpretando anche i temi più romantici in chiave classicheggiante.

Zeri.

 

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