Arnold Böcklin: un visionario romantico

di Laura Corchia

“I Greci erano tutto per lui. Come loro egli preferì il mondo immaginato, e lo mise al di sopra di quello esistente. Con lui ci si sente sempre immersi in un’atmosfera rinascimental-antica, però senza poter pensare a una imitazione”

(Gustav Flörke)

Celebre esponente della pittura simbolista nordica, Arnold Böcklin si distinse per la predilezione nei confronti dell’arte antica reinterpretata, però, in chiave romantica e visionaria. Le sue opere, popolate da centauri, ninfee, sirene, naiadi ed altri esseri fantastici, sono ambientate in paesaggi surreali e magici.

Arnold Böcklin, Ruggero e Angelica, 1871-74
Arnold Böcklin, Ruggero e Angelica, 1871-74

Giorgio De Chirico, che da Böcklin prese costantemente ispirazione per le sue prime opere, vedeva nei dipinti dell’artista “quel senso di vibrazione e di vita interna della materia pittorica che rende il quadro curioso e bello”. 

Nato a Basilea nel 1827, Böcklin studiò presso l’Accademia di Belle Arti di Düsseldorf e, per completare la propria formazione, compì un lungo soggiorno in Italia, dove conobbe l’arte antica, rinascimentale e… l’amore. Sposò, infatti, la romana Angela Pascucci e, lungo tutto l’arco della sua esistenza, si spostò molto nella penisola.

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L’antichità mediterranea era per l’artista un’età d’oro alla quale guardare con profonda nostalgia. Dotato di una straordinaria creatività, Böcklin esplorò i temi antichi con grande capacità di innovazione, in un costante equilibrio tra vita e morte. Proprio a quest’ultima è dedicato uno dei suoi capolavori più celebri, L’isola dei morti, commissionato da Marie Berna per onorare il defunto marito. L’artista non fornì alcuna spiegazione circa il significato della rappresentazione, ma appare evidente una visione onirica che “deve produrre un tale silenzio che il bussare alla porta dovrebbe fare paura”. Quando Böcklin consegnò l’opera alla nobildonna disse: “Lei potrà sognare, immersa nel buio mondo delle ombre, fino a quando non crederà di avvertire il leggero, tiepido alito che increspa il mare, fino a quando non esiterà a turbare il solenne silenzio anche con una sola parola”. Il dipinto ebbe un immenso successo e fu replicato in ben cinque versioni, tutte raffiguranti “un isolotto roccioso sopra una distesa di acqua scura. Una piccola barca a remi, condotta da un personaggio a poppa, si sta avvicinando all’isola. A prua ci sono una figura vestita interamente di bianco e una bara bianca ornata di festoni. L’isolotto è dominato da un bosco fitto di cipressi, associati da lunga tradizione con i cimiteri e il lutto, circondato da rupi scoscese. Nella roccia sono presenti quelli che sembrano essere portali sepolcrali. L’impressione complessiva è quella di uno spettacolo di desolazione immerso in un’atmosfera misteriosa e ipnotica”. 

Félix Vallotton scrisse che per Böcklin dipingere è “una missione elettiva”, per lui che è stato “di volta in volta ossessionato da tutti i sogni, da tutte le ambizioni: ambizioni di forma, di colore e d’espressione”. 

L’artista trascorse gli ultimi dieci anni di vita a Firenze, dove morì nel 1901.

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