Tamara de Lempicka: ruggente pittrice Art Déco

di Laura Corchia

Eccentrica, elegante, trasgressiva, libera, viaggiatrice e alla moda, Tamara de Lempicka rappresenta il simbolo di un’epoca, protagonista indiscussa della pittura Art Déco.

Tamara Rosalia Gurwik nacque a Varsavia nel 1898 e, dopo la rivoluzione comunista, si trasferì a Parigi, città che poteva garantirle in tenore di vita desiderato. Viziata, capricciosa e bella, era cresciuta con la madre e la nonna Clementine, la quale la allevò convincendola di essere straordinaria. L’infanzia e l’adolescenza furono all’insegna dei viaggi e dei soggiorni in alberghi di lusso, stazioni termali e puntate ai casinò.

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Decisa a diventare pittrice, frequentò l’Académie de la Grande Chaumiere e l’Académie Ranson, sviluppando uno stile del tutto personale. Nel frattempo aveva conosciuto e sposato l’avvocato Tadeusz Łempicka e nel 1922 espose per la prima volta le sue opere al Salon d’Automne.

Le prime prove mostrano già le caratteristiche che resteranno costanti nella sua produzione: figure costruite da linee fortemente spigolose, geometriche e una ridotta gamma di colori. I toni metallici contribuiscono alla creazione di immagini levigate e di figure che hanno le sembianze di manichini. Ogni dettaglio decorativo è indagato con estrema minuzia: sciarpe, cappelli, guanti, unghie laccate, boccoli definiti, ciglia finte, velette, perle e diamanti rendono le sue opere glamour e chic.

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La sua ricerca di misura rivela comunque una conoscenza dei classici conosciuti durante il suo soggiorno in Italia.

Tamara si rivela una grande narratrice della vita moderna, attenta alle mode e alle tendenze. In un’intervista rilasciata nel 1932 l’artista spiegava la scelta di materiali come l’acciaio:
“Liscio e facile nelle pulizie. (…) Personalmente cerco di vivere e creare in modo tale da imprimere sia alla mia vita che alle mie opere il marchio dei tempi moderni”.

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E il suo Autoritratto in Bugatti verde altro non è che il simbolo dell’emancipazione femminile, immagine di modernità per eccellenza. Come si legge in Le Figaro (1930): “L’automobile non segnerà soltanto un’epoca, ma sarà il simbolo della liberazione della donna: avrà fatto, per spezzare le sue catene, molto più di tutte le campagne femministe e le bombe delle suffragette. Dal giorno in cui ha afferrato un volante Eva è diventata uguale da Adamo. Quando una donna avrà tra le mani una forza di diciotto cavalli che guiderà col mignolo, si farà beffe dell’uomo che, da secoli, le dice: Io sono il tuo padrone perché ho dei muscoli più forti dei tuoi e perché posso asservirti con la maternità”. La pittrice si ritrae in caschetto e guanti di daino al volante di un’auto sportiva Bugatti verde. Il suo sguardo da diva, accentuato dal color ghiaccio degli occhi, conferma la fierezza di una donna che si sente simbolo dell’emancipazione femminile.

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Tamara amava avvolgere la sua vita da un alone di fascino e di mistero, amava giocare con la propria identità, amava reinventarsi ogni giorno, creando un personaggio destinato a diventare leggenda. Ma Tamara è stata anche donna, artista, moglie, madre e amante, figlia di un’epoca ruggente.

 

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