René Magritte e il mistero della natura

Di Laura Corchia

« Le immagini vanno viste quali sono, amo le immagini il cui significato è sconosciuto poiché il significato della mente stessa è sconosciuto».

 

Nato nel 1898, René Magritte è probabilmente l’artista del Surrealismo che ha avuto maggior successo di pubblico, dal momento che la grafica e la pubblicità lo hanno sempre preso a modello. Figlio di un mercante, il giovane René si trasferì a Châtelet con la famiglia, dove sua madre Adeline nel 1912 morirà gettandosi nel fiume Sambre. Secondo una versione ricorrente, di cui non è chiara la veridicità, venne ritrovata annegata con la testa avvolta dalla camicia da notte; questo fatto sarebbe rimasto particolarmente impresso in alcuni suoi dipinti come L’histoire centrale, Les amants e Le fantasticherie del passeggiatore solitario. Il dramma vissuto dal ragazzo spiega anche le frequenti associazioni nei suoi dipinti della donna con la bara, come ne Le balcon de Manet.

Giaconda 1953

La sua formazione avvenne in Belgio, terra dove poté assimilare una tendenza a coniugare l’umorismo e il senso del macabro. La sua pittura e la sua personalità furono sempre inclini al comico e al giallo. In opere come Golconde (1953), infatti, la presenza di uomini che letteralmente fluttuano nello spazio assumendo una posa rigida e compassata Il consueto si contrappone dunque all’illogico, allo stupefacente ed all’assurdo.

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Sulla scia di Giorgio De Chirico, con il quale entrò in contatto nel 1925, adottò nei suoi dipinti uno stile che ricorre al paradosso visivo e al corrispettivo per immagini di giochi di parole. Si veda L’Impero delle luci II (1950), dove un cielo ancora irradiato dai raggi solari risulta incongruo rispetto all’oscurità che ha ormai avvolto le case sottostanti. Secondo Breton (1964), “C’è voluta tutta la sua audacia per affrontare questo problema: estrarre contemporaneamente ciò che è chiarezza dall’ombra e ciò che è ombra dalla chiarezza… La violazione delle idee, dei luoghi comuni e delle convenzioni, che sono legate alle fonti di luce, è tale che, me l’ha detto René Magritte, la maggior parte di quelli che procedono in fretta credono di aver visto le stelle nel cielo diurno”. A proposito di questa opera, Magritte sostenne: “questa evocazione della notte e del giorno mi pare dotata del potere di sorprenderci. Chiamo questo potere: poesia”.

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In altre opere, Magritte rappresentò articoli di abbigliamento che assumono la forma della parte di corpo che rappresentano, come in Il modello rosso (1935 e 1937). “Il problema delle scarpe dimostra come le cose più barbare passino per accettabili in virtù della forza dell’abitudine… l’unione di un piede umano e d’una scarpa di cuoio nasce in realtà da un’abitudine mostruosa”. In sostanza, la scarpa, da innocuo oggetto frutto di convenzioni sociali, passa a trasformarsi in qualcosa di naturale. La sua mostruosità dipende da questa trasformazione perché non rappresenta più un oggetto utile a proteggere il piede, ma lo imprigiona al suo interno e interpone tra noi ed il suolo una perpetua separazione.

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Secondo il pittore, la pittura non ha a che fare con la realtà, ma con il pensiero. Nelle considerazioni che egli scrisse a Michel Foucault leggiamo: “Il pensiero è invisibile, come il piacere o il dolore. Ma la pittura fa intervenire una difficoltà: c’è il pensiero che vede e che può essere descritto visibilmente. Las Meninas sono l’immagine visibile del pensiero invisibile di Velázquez. L’invisibile sarebbe dunque talvolta visibile? Sì, a condizione che il pensiero sia costituito esclusivamente da figure visibili”. Nella serie di quadri dove leggiamo Ceci n’est pas une pipe (1928-1929), l’artista adotta uno stile simile a quello delle illustrazioni per bambini, semplificando le forme degli oggetti. Proprio come negli abbecedari, l’immagine si accompagna a frasi scritte con un corsivo diligente che negano l’essenza dell’oggetto. Difatti, quella non è una pipa ma la rappresentazione bidimensionale dell’oggetto. L’arte non copia pedissequamente la realtà, ma la ricrea. Esattamente come la scrittura.

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La fortuna di Magritte non fu immediata ma, nel Dopoguerra, fu decisiva per la Pop Art e per l’Arte Concettuale.

 

 

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