Temi dell’antico negli affreschi dell’Aula Gotica: temi figurativi e confronti

Di Pietro Perrino

L’Aula Gotica è situata al primo piano dell’insieme di edifici costruiti intorno alla basilica dei Santi Quattro Coronati  (XI-XII secoli), esattamente sul lato nord, in una posizione ortogonale rispetto alla cappella di San Silvestro.

Durante i lavori di restauro nel complesso del monastero, svolti dall’allora Ministero per i Beni Culturali e Ambientali dal 1997 al 2006, sono stati scoperti nell’Aula Gotica degli affreschi che in origine coprivano una superficie di circa ottocento metri quadrati. Tali affreschi, coperti da uno spesso strato d’intonaco, sono emersi in tutta la loro brillantezza e hanno contribuito a rivoluzionare gli studi sulla pittura romana del Duecento mettendo in luce delle importanti novità.

Secondo recenti studi, l’Aula Gotica avrebbe svolto delle funzioni laiche essendo sede del tribunale della Curia e a tale luogo è legata la figura del cardinale Stefano Conti, appartenente a quei Conti di Segni che avevano ricoperto importanti ruoli in ambito ecclesiastico (si pensi, ad esempio, a papa Innocenzo III, sulla cattedra di San Pietro dal 1198 al 1216). Stefano Conti, tra le varie funzioni, ricoprì il ruolo di uditore del tribunale della Chiesa e da questo si può dedurre il suo rapporto con l’Aula Gotica appunto e altri luoghi del complesso. In un arco di tempo compreso tra il 1235 e il 1247, egli avrebbe commissionato una campagna di decorazione a fresco in tre luoghi del monastero: gli affreschi a sfondo politico della Cappella di San Silvestro, quelli della Stanza del Calendario e i magnifici cicli dell’Aula Gotica.

 

 

L’Aula Gotica è costituita da due campate divise tra loro da un’arcata ogivale i cui costoloni  terminano  su  delle  mensole.  Gli  affreschi  rimandano  a  un  preciso schema  iconografico  che  ha  come  principale  soggetto  i  temi  del  sapere enciclopedico’ medievale.

Nella campata meridionale trovano  posto  i  Mesi  dell’anno  affiancati  dai  vari mestieri, al di sopra si svolge il ciclo delle Arti Liberali, nei costoloni delle volte sono affrescate le allegorie delle quattro stagioni insieme ai Venti, v’è poi un paesaggio  marino  e infine, nelle vele,  sono  raffigurati  i  segni  zodiacali  e le Costellazioni.

Nella campata settentrionale, alla stessa altezza dei mesi, è affrescato il ciclo delle Virtù e delle Beatitudini mentre nelle registro superiore trovano posto Mitra tauroctono e le immagini allegoriche dei fiumi, del Sole e della Luna.

Il ciclo dei Mesi presenta elementi figurativi e iconografici che rimandano alla tradizione classica, riscontrabili nelle raffigurazioni di Gennaio, Agosto e Dicembre. Le tre personificazioni hanno in comune innanzitutto il fatto di essere rappresentate frontalmente, con un maggiore spazio scenico mentre le attività domestiche e lavorative sono decentrate.

Gennaio è raffigurato come Giano trifronte in una posizione ieratica come quella di un imperatore,    alla sua sinistra si svolge la scena domestica del banchetto. La figura di Giano (bifronte o trifronte a seconda dei casi) affonda le radici in epoca classica, essendo infatti Giano una divinità del pantheon romano che sovrintendeva l’interno e l’esterno dei luoghi. La variante a tre volti si diffonde nella cultura gallo-romana e poi, in epoca medievale, in quella gotica dove sarà interpretata come simbolo della Creazione e della rivelazione della Trinità.

 

Agosto è un anziano con barba e capelli bianchi seduto su un seggio e alla sua destra c’è un giovane colto nell’atto di offrire alla personificazione del mese una coppa colma di uva. Al centro della composizione, ma in secondo piano rispetto alle figure, si erge un albero di fichi dal quale due bambini con delle corte tuniche, sono intenti a coglierne i frutti. Come per Gennaio, anche per la raffigurazione di questo mese si può registrare una chiara allusione all’iconografia divina, in particolare si tratta di un’iconografia debitrice della cultura classica, riscontrabile proprio nella figura dell’anziano barbuto: non solo la presenza del trono ma anche l’atto di offerta del giovane ricordano le raffigurazioni pagane delle divinità o degli imperatori. La posizione dell’uomo anziano infatti rimanda –ad  esempio  –  al  rilievo  con  la  Liberalitas  di  Marco  Aurelio  sull’Arco di Costantino.

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Infine, Dicembre è raffigurato come un uomo dalle vesti classicheggianti seduto su un seggio intento a volgere verso l’osservatore il muso del maiale appeso a un asta (elemento che compare in molte raffigurazioni di questo mese in diversi cicli italiani).

E’ importante evidenziare inoltre che i mesi sono inseriti all’interno di arcate costituite da code di delfino intrecciate creando una forma ogivale: questo è un elemento che proviene dalla pittura romana antica che successivamente ha avuto una grande diffusione nell’arte paleocristiana e poi nei vari revival classici del Medioevo romano come dimostra non solo l’Aula Gotica ma anche il Sancta Sanctorum.

 

Negli spazi di risulta tra le arcate trovano posto le allegorie dei Vizi che alludono a quegli ostacoli che rendono impervio il cammino dell’uomo verso il raggiungimento della sapienza divina e la salvezza dell’anima. Anche per i Vizi, è stata scelta un’iconografia di derivazione classica che fa riferimento a quella degli eroti o degli amorini; in particolare, nei piccoli uomini nudi – di cui alcuni alati – si riconosce l’iconografia di Apollo Liceo i cui elementi caratteristici sono proprio la nudità e un drappo sistemato sulle spalle. Si noti che le piccole figure dell’Aula Gotica hanno dei precisi attributi che ci consentono di identificare il vizio:  per  esempio,  quella  intenta  a  scoccare  una  freccia  con  l’arco  è  da interpretare come allegoria dell’Ira o dell’Omicidio. Queste figure sono affrescate su un sfondo rosso decorato con motivi fitoformi che ricordano molto da vicino i mosaici di IV secolo della volta anulare del mausoleo di Santa Costanza – sempre a Roma –  dove sono raffigurate scene legate alla vendemmia con tralci di vite insieme ai volti di Bacco e Arianna.

 

 

Un’altra serie di Vizi è poi affrescata al di sotto dei Mesi nella parete meridionale (da Maggio ad Agosto). Nonostante la frammentarietà in cui versa la serie, è possibile riscontrare ancora una volta un’evidente ripresa di elementi desunti dall’Antico. I Vizi sono rappresentati come piccoli uomini nudi con un lungo drappo bianco colmo di fiori sulle spalle, iconografia che ricorre spesso nelle decorazioni a rilievo dei sarcofagi romani dove però le figure rappresentate sono divinità o amorini.

 

Nella campata settentrionale si è detto che trova posto il ciclo delle Virtù e delle Beatitudini, raffigurate come donne vestite di abiti militari che reggono sulle spalle personaggi dell’Antico e del Nuovo Testamento che hanno esercitato in modo esemplare una determinata virtù. I registri superiori di questa campata presentano interessanti immagini allegoriche di derivazione classica.

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Nella parete occidentale, sopra una trabeazione con mensole che ospitano diverse specie di volatili, la composizione è bipartita da un cratere classicheggiante colmo di fiori e grappoli d’uva e, se a sinistra l’immagine è andata persa a causa della caduta dell’intonaco, a destra è ancora visibile l’affresco Il dio, raffigurato come un giovane che indossa solo delle brache lasciando nudo il petto mentre sul capo indossa  il caratteristico berretto frigio, è intento a uccidere il toro cosmico che ha immobilizzato con le gambe; si noti che lo sguardo del giovane dio non è rivolto all’animale ma avanti, probabilmente verso ciò che era affrescato a sinistra  (si  ipotizza  il  Sole  inteso  come  allegoria  di  Gesù  Cristo).  Tale raffigurazione attesta la grande conoscenza che il committente degli affreschi e i pittori avevano non solo dell’arte classica ma anche della religione dei pagani, grazie anche agli  scrittori  cristiani  che si  occuparono della religione  mitraica cercandone gli elementi comuni con il Cristianesimo. L’affresco inoltre, ricalca in maniera sorprendente l’iconografia delle immagini del dio presenti nei suoi luoghi sacri – i mitrei – e in particolare è esemplare il confronto con l’affresco di III secolo del Mitreo Barberini.

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Di particolare bellezza sono le due figure allegoriche nel secondo registro della parete settentrionale. Si tratta di due uomini anziani con capelli e barba bianchi che indossano un mantello rosso fermato al collo da una preziosa fibbia mentre sulle gambe poggiano dei lunghi drappi bianchi; tra le mani le due figure tengono una cornucopia e accanto vi sono due ceste colme di fiori e frutti. Le due figure allegoriche riprendono l’iconografia classica dei due fiumi dalla quale persi differenziano per l’assenza dell’acqua e per la presenza dei mantelli rossi, nonostante questo però è palese l’ennesimo riferimento classico: il lungo drappo sulle gambe e la cornucopia li ritroviamo nelle maestose sculture dei fiumi Nilo e Tevere – conosciute nel Duecento – che decoravano il Serapeo del Quirinale e che successivamente sono state collocate nella piazza del Campidoglio. Nell’Aula Gotica, le due figure sono state probabilmente intese come simboli di fecondità, ‘rafforzando’ la virtù della Giustizia impersonata da Salomone raffigurato nel registro sottostante.

Ciascuna delle immagini allegoriche nei registri superiori è bipartita da un grande ed elegante vaso dalle forme classicheggianti. Quelli che bipartiscono le scene di Mitra tauroctono e delle due allegorie dei fiumi sono poco visibili a causa della caduta dell’intonaco mentre è possibile ammirare quello che compare nella scena del Sole e della Luna, rappresentati come un uomo e una donna su due carri trainati da cavalli e da buoi. Si noti l’accuratezza nei dettagli del grande cratere, in particolare  merita  attenzione  il  drappo  bianco  poggiato  sulla  sommità  per contenere i fiori colorati con diverse tonalità di rosa e azzurro.

Come si è accennato, il repertorio decorativo dell’Aula Gotica lo ritroviamo nel Sancta Sanctorum. Nelle lunette con fondo rosso ogni scena è inquadrata da una cornice bianca con piramidi rosse e blu il cui lato superiore è sormontato da due code di delfino intrecciate e decorate con fiori e tralci vegetali. Lo spazio creato dalle due code intrecciate presenta un fondo verde trova posto al centro un ventaglio e ai lati dei motivi floreali; sulle code di delfini infine sono aggrappate ai lati due colombe bianche dalla straordinaria resa naturalistica. Affianco a ciascuna scena incorniciata, lo spazio restante è riempito da grandi ed eleganti vasi da cui, come una complicata spirale, s’innalzano dei tralci vegetali disposti in tre girali contenenti ognuno un grande fiore o cespo; ai lati dei va si pendono verso il basso altri due piccoli tralci che terminano con dei grappoli d’uva beccati da due merli aggrappati ai piedi del vaso.  Tutti questi elementi decorativi rappresentano una caratteristica della cultura figurativa romana medievale – e duecentesca in particolare – che trovandosi a diretto contatto con il proprio passato, studia e rielabora più volte l’Antico che non è solo quello classico – da cui sono ripresi i ventagli, che sono ad esempio presenti nel mosaico della casa di Poseidone e Anfitrite a Ercolano – ma anche e soprattutto quello tardoantico e paleocristiano.

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I  tralci  vegetali,  i  delfini,  i  vasi  con  gli  uccelli  sono  elementi  figurativi caratteristici del IV e V secolo che saranno impiegati per la decorazione di diversi luoghi sacri: la studiosa Serena Romano, analizzando gli acquerelli dei mosaici andati  perduti  della  cupola  di  Santa  Costanza  vi  ha  trovato  un  prototipo nell’utilizzo di questi motivi ornamentali.

 

Analizzate le decorazioni dell’Aula Gotica e del Sancta Sanctorum si è potuto evincere che gli elementi ‘ classicheggianti’ riscontranti sono il risultato di un lungo processo costituito da diversi revival in cui c’è stata una riscoperta dell’Antico classico e paleocristiano. In questi due cicli si può notare che elementi come i vasi e i drappi colmi di fiori sono stati realizzati in maniera attenta e dettagliata ma al contempo non si ridanno a un preciso modello: si tratta in realtà di un’idealizzazione di quegli oggetti antichi che gli artisti medioevali trovavano ad esempio nelle decorazioni scultoree dei sarcofagi che, come precisa la studiosa Romano, costituivano un ricco tesoro da cui attingere, tesoro che solo una città come Roma poteva custodire. Per questo discorso è interessante il confronto tra vasi del Sancta Sanctorum e quelli dell’Aula Gotica, dove le differenze indicano le molteplici interpretazioni degli elementi decorativi desunti dall’Antico.  Quelli dell’Aula Gotica presentano delle caratteristiche che attestano l’assimilazione di  elementi  gotici  come  le decorazioni  con  foglie dalle punte spigolose che fanno del cratere un motivo puramente ornamentale mentre quello del Sancta Sanctorum sembra essere più fedele, nella resa, ai modelli classici. D’altra parte, ammirando gli affreschi dell’Aula Gotica si possono cogliere le peculiarità della pittura romana del XIII secolo che non è per nulla statica ma esprime una grande vivacità culturale. I pittori, da ricondurre alla bottega del Terzo Maestro,  sono  abili  nell’attingere dalle novità provenienti  dalla  cultura gotica  d’oltralpe  ma  al  contempo  non  dimentico  l’Antico,  che  ammirano  e studiano, conferendogli i valori della loro epoca e rendendolo quindi, eterno.

BIBLIOGRAFIA:

L. BARELLI, Il complesso monumentale dei Ss. Quattro Coronati a Roma, Roma 2009;

A.DRAGHI, Gli affreschi dell’Aula Gotica nel Monastero dei Santi Quattro Coronati. Una storia ritrovata, Milano 2006, con bibliografia precedente;

S.ROMANO, “Il Sancta Sanctorum: gli affreschi” in Sancta Sanctorum, Milano 1995.

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