Lo studiolo di Francesco I de’ Medici: alchimia e arte

Di Laura Corchia

Francesco I a partire dal 1570 aveva trasformato in uno studiolo l’originaria camera da letto a fianco del “Tesoretto”. Si tratta di un piccolo ambiente a pianta rettangolare, voltato a botte e comunicante con il Salone dei Cinquecento e con gli appartamenti privati. É stato notato che dal salone dei Cinquecento, capace di contenere una folla considerevole, dove il singolo si sentiva sperduto, si passava ad un ambiente molto piccolo, intonato all’intimo raccoglimento di una sola persona. L’ambiente, infatti, era stato concepito per contenere la colezione di Francesco, formata da oggetti preziosissimi in parte prodotti dallo stesso nelle fonderie e nel Casino di san Marco e dunque come riflesso degli interessi alchemici del “princeps faber”. Attraverso la “scala delle chiocciole” si poteva uscire di nascosto dal palazzo.

Nelle sue condizioni attuali, l’ambiente risale ad una ricostruzione effettuata nel 1910 e basata su documenti scritti numerosi e dettagliati, in primo luogo il carteggio Borghini-Vasari. Lo studiolo difatti scaturisce dalla collaborazione di tre personaggi principali: il granduca Francesco, l’iconografoVincenzo Borghini che fornisce l’invenzione e Vasari, coadiuvato dalla sua eterogenea bottega.

Alla fine dell’agosto del 1570, Vasari e Borghini si scambiarono una fitta corrispondenza nella quale veniva sviluppato il concetto dello studiolo, basato principalente sul matrimonio tra arte e natura. Nella sua lettera Borghini spiega le motivazioni che lo hanno spinto a scegliere come tema principale i 4 elementi: “Et perchè la natura ha per subbietto, nelle sue operazioni, et effetti principalmente i quattro elementi…essendo le facce quattro io ne accomoderei uno per ciascuna in quel miglior modo che si potessi..”

Il 18 settembre ebbero inizio i lavori della volta, dipinta da Francesco Morandini detto “il poppi” mentre, contemporaneamente, tutti i principali pittori della città lavoravano a una o due delle tavole.

Lo studiolo è concepito come un forziere chiuso, illuminato artificialmente. Per riprendere le parole del Borghini, “Lo stanzino che di nuovo si fabbrica ha da servire per un guardaroba di cose rare e preziose, et per valuta, et per arte, come sarebbe a dire gioie, medaglie, pietre intagliate, cristalli lavorati et vasi..”

La volta è suddivisa in nove campiture grandi e in altre sei piccole tutte di formato rettangolare. Al centro è raffiguarata madre natura che offre un cristallo di Rocca a Prometeo, “il primo inventore delle pietre preziose e degli anelli”, perchè lo trasformi. La figura femminile allatta diverse creature: un bambino, un coniglio e un unicorno. Poichè molti degli oggetti conservati negli armadi sono stati creati da Francesco, egli si identifica in Prometeo. Ai lati, una per parete, vengono raffigurate le quattro allegorie degli elementi: terra, acqua, fuoco, aria. Tra elemento ed elemento sono dipinti quattro riquadri con coppie di putti abbracciati che rappresentano le combinazioni degli elementi (caldi, secchi, umidi, freddi), ma anche l’abbraccio tra pittura e scultura. Il nastro nero ha invece a che fare con il concetto del tutto collegato con il tutto. Nei riquadri minori altre personificazioni sono riferite ai 4 umori dell’uomo: sangue, bile nera, bile gialla e flemma. La prevalenza di uno di essi determina un determinato temperamento: sanguigno, malinconico, collerico, flemmatico.

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L’elemento temporale è dato dalle raffigurazioni delle Stagioni che, nelle lunette, accompagnano i tondi con i ritratti dei genitori di Francesco, Eleonora e Cosimo, incorniciati dai dodici segni dello zodiaco. C’è qui un chiaro riferimento allo studiolo di Piero de’ Medici, all’epoca ancora visibile nel Palazzo di Via Larga.

Il registro intermedio è occupato da 8 nicchie bordate in stucco che ospitano otto statue pagane che furono “tutori o cagione o preposti a’ tesori della natura” (due per parete in corrispondenza degli angoli). Borghini sceglie per la terra Plutone e Opi, per l’acqua Venere e Anfitrite (entrambe donne perchè l’acqua è “molto generativa”), per l’aria Giunone e Borea, mentre per il fuoco Apollo e Vulcano (entrambi maschi perchè il fuoco è “attivissimo”). Questi bronzi troveranno poi posto nella Tribuna quando, per volere dello stesso Francesco, lo studiolo verrà smantellato. Borghini dice che queste divinità mediano il piano degli archetipi e il piano della storia, rappresentato dai pannelli posti in basso.  Tra gli artisti che vi lavorarono si annoverano Ammannati, Giambologna, Vincenzo dè Rossi, Domenico Poggini.

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Nella parte sottostante erano collocate su due file sovrapposte 34 tavole dipinte in lastra di lavagna: quelle inferiori hanno cornici ovali allungare poste in campi rettangolari e raffigurano le origini mitiche dei materiali. Esse fungono da ante per gli armadi che custodiscono gli oggetti stessi e servono per “un segno et quasi inventario da ritrovar le cose”. Quelle superiori sono quadrate e raffigurano le officine e i laboratori. In molte di esse vediamo comparire Francesco I, ad esempio nella “Vetreria” del Butteri,  tra gli “Alchimisti” dello Stradano, dove il granduca è colto nell’atto di rimestare una padella sotto la guida di un mago occhialuto e ancora in visita alle “Miniere di diamanti”con il suo seguito.  Ai pannelli lavorarono circa 30 artisti, diversi per formazione ed estrazione. Borghini nella sua lettera dice che gli stessi si sarebbero poturi sbizzarrire e dovevano emergere le diverse maniere. Alla fantasia e al fiabesco si univano anche alcuni elementi di ripresa realistica  E’ evidente un’accanita gara tra i pittori chiamati all’impresa, tant’è che Vasari si dimostrava restio a consegnare il suo pannello, temendo di poter essere stato superato dagli altri artefici.

Giovanni Stradano, Il laboratorio dell’alchimista (l’uomo a lavoro in basso a destra è lo stesso Francesco I de’ Medici)
Giovanni Stradano, Il laboratorio dell’alchimista (l’uomo a lavoro in basso a destra è lo stesso Francesco I de’ Medici)

Vi sono degli evidenti rapporti fra lo Studiolo e la cappella Sistina:

  • In un’incisione vediamo Cosimo I che viene incoronato nella cappella Sistina, un ambiente decorato da illustri artisti e che aveva visto tra i committenti molti papi della famiglia Medici. É come se il granduca, ricevendo la corona dal papa, diventasse patrono delle arti;
  • Nell’affresco centrale, il gesto di madre natura è ripreso dalla Creazione di Michelangelo, mentre gli animali si riscontrano anche nella Creazione di Eva;
  • Come la Sistina, la decorazione si dispiega su 4 lati;
  • L’unica scena religiosa compare nella parete dell’acqua: “L’annegamento del faraone nelle acque del Mar Rosso”, richiamo al minio utilizzato per dipingere;
  • Nella “Pesca delle perle” dell’Allori, il personaggio centrale è ripreso da Michelangelo.
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Borghini in una lettera definisce Francesco “voglioloso”. Difatti il granduca, pochi anni dopo, decide di smantellare lo studiolo e di risistemare il tutto nella Tribuna, realizzata dal Buontalenti dal 1584 al 1587. Si tratta di un superbo forziere luminaso che si apre di colpo nel corridoio orientale degli Uffizi. A pianta ottagonale, è coperta da una cupola di lacca vermiglia incrostata di gusci d’ostriche lucenti di madreperla e costoloni dorati. La forma è ispirata al racconto che Vitruvio lascia nel De Architecturadella Torre dei Venti ad Atene.

  • Il pavimento, allusivo alla terra, con pregiati marmi policromi simmetrici al soffitto, era sormontato da uno zoccolo dipinto da Jacopo Ligozzi con uccelli, pesci, piante e sassi;
  • Le pareti, di velluto rosso, rievocano il fuoco;
  • L’acqua è riecheggiata dalla zona superiore di colore oltremarino a grottesche dorate e madreperla;
  • la lanterna è simbolo dell’aria.

Un palchetto d’ebano girava ad altezza d’occhio, con ben 130 cassetti su cui poggivano arnesi rarissimi, busti in pietra dura e un “monticello di perle e gioie” di mano di Francesco I.

I colori della Tribuna, rosso, blu e oro, corrispondono ai colori dello stemma mediceo e, se vi si unisce il bianco della madreperla, si hanno quelli della città di Firenze.

Al centro della Tribuna, poggiato sopra un tavolo di noce a otto facce, stava un raffinato scrigno di ebano (anch’esso di forma ottaonale) sulle cui superfici brillavano 8 bassorilievi in oro su fondo di ametista con le imprese di Francesco I.

 

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