Il Gotico Internazionale: dalla allegoria d’amore alla danza macabra

Di Laura Corchia

A partire dalla fine del 1300 si diffonde un gusto più attento nei confronti della cultura e delle antichità classiche. Ma accanto a questo rinnovato interesse per il mondo classico, l’arte del Gotico Internazionale mantiene viva la fantasia evocativa del Medioevo colto e raffinato. I “tacuina sanitatis”, per esempio, piccoli trattati enciclopedici di medicina, botanica o zoologia, sono diffusissimi nell’epoca e si caratterizzano per quell’attenta descrizione naturalistica ancora memore della tradizione dei ricettari medievali.

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Questa straordinaria finezza di linguaggio si riflette soprattutto nelle arti minori: oreficeria, arazzi, avori, reliquiari, altaroli portatili facilitano la diffusione e la circolazione di modelli e di linguaggi.

Dal punto di vista iconografico, le arti figurative rielaborano temi ed immagini, facendo largo uso dell’allegoria per esprimere significati di natura concettuale. Per raffigurare la personificazione dei vizi e delle virtù si ricorre al mito ed alla psicomachia, allegoria del poeta Prudenzio che, in poco meno di mille versi, descrive il secolare conflitto tra il bene e il male. Le rappresentazioni dei mesi e dei lavori agricoli celebrano la vita quotidiana ma, al tempo stesso, veicolano contenuti didascalici e moraleggianti.

Ma uno dei temi prediletti è l’allegoria dell’amore: le raffigurazioni dell’amor sacro e dell’amor profano, della fontana della vita, del giardino delle virtù, della fontana della giovinezza sono tra le più diffuse e risultano arricchite da elementi provenienti dal repertorio favolistico.

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Fonte della Giovinezza, Maestro del Manta, presso Saluzzo, castello del Manta (1200 circa)
Fonte della Giovinezza, Maestro del Manta, presso Saluzzo, castello del Manta (1200 circa)

 

Gradualmente, però, alla componente religiosa si sostituisce una spiccata tendenza alla laicizzazione e il repertorio simbolico viene rielaborato per far fronte alla crisi dilagante nel periodo. L’arte, in questo periodo, rappresenta una via di fuga da una realtà fatta da episodiche epidemie di peste e da carestie e guerre che mietevano e decimavano la popolazione. Nel contesto del Gotico Internazionale, l’amor cortese celebra un sentimento la cui origine non è più teologica, ma attinge alla sfera delle passioni umane.

La paura della vita che pervade l’epoca, la delusione e lo scoraggiamento di quella società, portano anche alla diffusione di un altro tema: la danza macabra, rappresentazione sarcastica dell’incontro dell’uomo con la morte. Quell’elemento fantastico e, al contempo, allusivo a una realtà ineluttabile diviene un impressionante memento mori. D’altra parte, la danza macabra è anche un potente strumento di satira sociale. Con un’amara vena di ironia si vuol trasmettere l’idea dell’uguaglianza di tutti gli uomini di fronte alla morte. Simile significato assume la famosa Leggenda dei tre vivi e dei tre morti, apparsa per la prima volta in una raccolta di poesie scritte per Margherita di Brabante. La leggenda narra la storia di tre giovani nobili e del loro improvviso incontro con tre cadaveri, in diverso grado di decomposizione. Questi ultimi descrivono la loro passata grandezza e rammentano la prossima fine che aspetta i tre viventi. Una delle più antiche e famose rappresentazioni di questo tema si trova nel Camposanto di Pisa e persino i fratelli de Limbourg lo raffigurano nel capolavoro di arte borgognona Les Très Riches Heures du Duc de Berry. Più tardi la danza macabra diverrà monito ineluttabile di morte per tutti, ma la Leggenda dei tre vivi e dei tre morti pone l’accento sull’immagine del nobile che da solo incontra la morte, giacché ogni personaggio ha il suo scheletro e ogni scheletro ha un diverso grado di decomposizione, a simboleggiare che l’ora è diversa per ognuno. Per la prima volta, la morte non compare sotto le vesti cristiane di consolatrice e di liberatrice dalla vita intesa come peccato, ma mantiene intatta tutta la sua terribilità. Il nobile cortigiano vede sé stesso nello scheletro, il quale gli dice: “voi sarete come noi siamo: in anticipo miratevi in noi”. Una frase di ugual tenore si riscontra nella Trinità dipinta da Masaccio, in cui la salma scheletrica posta alla base della Crocifissione recita queste parole: “Io fui già quel che voi siete, e quel ch’i son voi anco sarete”. 

Incontro dei tre vivi e dei tre morti, Pisa, Camposanto.
Incontro dei tre vivi e dei tre morti, Pisa, Camposanto.

Verso la fine del 1300 si diffonde largamente l’espressione di “doctrina moriendi”. L’Ars Moriendi è un anonimo libretto illustrato che tratta delle tentazioni in punto di morte e del modo di respingerle e insegna il “buon morire”. Emblematica in tal senso è la Morte di un avaro dipinta da Hieronymus Bosch nel 1494. Probabilmente l’uomo di corte per realizzare l’ideale del ben vivere per ben morire nella sua vita e, per fuggire dalla certezza della morte, si circonda di una esteriorità preziosa e ricercata del ludus cortigiano, che non altro se non una distrazione dal pensiero della sua ineluttabile fine.

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