Hieronymus Bosch e l’ “Arte di morire”

Di Laura Corchia

Ars moriendi (“L’arte di morire”) è il nome di due scritti latini che contengono tutta una serie di precetti volti ad ottenere, da buon cristiano, una buona morte. Sono stati redatti tra il 1415 e il 1450, periodo caratterizzato da un altissimo tasso di mortalità, complici anche le temutissime epidemie di peste che mietevano numerose vittime.

Di questi trattati, esistono due versioni: una “lunga”, comprendente sei capitoli, ed una “corta” che, al suo interno, è arricchita da xilografie che illustrano tutte le fasi che precedono il trapasso, comprese le tentazioni e il pentimento.

Hieronymus Bosch, Morte di un avaro (particolare), 1494, olio su tavola, National Gallery of Art, Washington
Hieronymus Bosch, Morte di un avaro (particolare), 1494, olio su tavola, National Gallery of Art, Washington


Nel Medioevo, la necessità di prepararsi alla morte era ben nota in letteratura. Questi trattatelli erano nati dalla necessità di sostituire le gerarchie ecclesiastiche, da sempre deputate a consolare parenti e agonizzanti sul letto di morte. La peste nera aveva infatti causato molte vittime tra i preti e, dunque, si rendeva necessario adottare un sistema che potesse comunque fungere da conforto. I capitoli affrontano diverse problematiche: il lato buono della morte, le cinque tentazioni, le sette domande da porre al moribondo, la necessità di imitare la vita di Cristo, come amici e parenti devono comportarsi, quali preghiere devono recitare i moribondi.

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Hieronymus Bosch, Morte di un avaro, 1494, olio su tavola, National Gallery of Art, Washington
Hieronymus Bosch, Morte di un avaro, 1494, olio su tavola, National Gallery of Art, Washington

Sulla scia di questa macabra letteratura, il pittore Hieronymus Bosch realizza una tavola dipinta che, sebbene tratti un tema difficile come la morte, suggerisce una sottile vena di ironia. L’opera è databile al 1494. Secondo lo studioso Filedt Kok, questo olio su tavola è il pendant di altre tre dipinti, raffiguranti il Venditore ambulante, la Nave dei folli, e l’Allegoria dei piaceri. L’ipotesi è stata confermata dall’analisi dendrocronologica dei legni.

Il trittico originale doveva essere composto dalla Nave dei folli a sinistra con l’Allegoria dei piaceri nella parte inferiore e la Morte di un avaro a destra. Ignota è la pala centrale, se esisteva (potrebbe anche essere stato un dittico), mentre il Venditore ambulante si doveva trovare sul retro dello sportello sinistro, tagliato nel senso della lunghezza per ricavarne due tavole.

Della Morte di un avaro è conservato un disegno al Louvre, interessante per affettuare alcuni raffronti. In una stanza dipinta con una prospettiva grandangolare, un anziano avaro è disteso sul suo letto. Il corpo è diafano, smagrito, scavato. Alla sua destra, un angelo sta invocando l’intervento di Dio e sta portando il moribondo al pentimento. Ma, sulla destra, celato da una tenda, il diavolo tenta ancora di corromperlo, porgendogli una sacca colma di denaro. Nel frattempo, la morte irrompe dalla piccola porticina di legno. Intanto, un altro personaggio riempie d’oro una borsa tenuta aperta da un piccolo diavoletto dentro al forziere. La stanza è popolata da altri esseri demoniaci, che spuntano ora dal letto a baldacchino, ora da sotto il cassone.

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Il dipinto è una chiara condanna al peccato dell’Avarizia, una sorta di monito a tutti coloro che bramano denaro.

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