Edward Burne-Jones e il Medioevo fantastico: un “bellissimo, romantico sogno”

di Laura Corchia

“Io aspiro ad un quadro come un bellissimo, romantico sogno, di qualcosa che mai è stato e mai sarà – in una luce migliore di qualsiasi altra luce mai mostrata – in una terra che nessuno può definire, o ricordare, solo desiderare”.

(Edward Burne-Jones)

Con queste parole, scritte in una lettera indirizzata ad un caro amico, Edward Burne-Jones descrive la sua idea di pittura e di arte.

Nato a Birmingham il 28 agosto 1833, frequenta la King Edward’s School e conclude la sua formazione presso l’Exeter College dell’università di Oxford, deciso ad intraprendere la carriera sacerdotale.

Amico fraterno del decoratore William Morris e del pittore preraffaellita Dante Gabriel Rossetti, decide di assecondare la sua naturale inclinazione artistica, nutrita da una vivida immaginazione e da grandi conoscenze in campo storico-letterario.

Il suo stile, assai personale, si connota per il carattere decorativo e per la forte attenzione nei confronti di ogni più piccolo dettaglio. I dipinti eseguiti dall’artista si ambientano in un mondo idealizzato, fatto di sola e pura bellezza. Ogni elemento è reso con raffinato virtuosismo e con colori fantastici e innaturali.

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Re Cophetua e la mendicante, 1884
Re Cophetua e la mendicante, 1884

Ne Il re Cophetua e la piccola mendicante (1884), Burne-Jones fa riferimento al poema di Alfred Tennyson, a sua volta ispirato ad una leggenda che narra di come un re, innamoratosi di una giovane mendicante, comprenda che quel sentimento è più importante del denaro e del potere. Con ogni probabilità, l’opera contiene anche alcuni spunti autobiografici, dal momento che un anno prima il pittore aveva sposato la bellissima Georgiana “Georgie” MacDonald. La scena è ambientata in una struttura architettonica dalle eleganti componenti rinascimentali, ammirate durante un viaggio in Italia.

Scrive Stanley Baldwin: “Secondo la mia opinione, quel che ha fatto per noi persone comuni [Edward Burne-Jones] è stato aprire, come nessuno le ha mai aperte, finestre su un mondo fatato, nel quale lui ha vissuto per tutta la sua vita […] Per quei pochi di noi che lo hanno conosciuto ed amato, ne conserveremo il ricordo nei nostri cuori, ma il suo lavoro sarà vivo anche dopo che noi verremo a mancare. Il suo messaggio passerà in una generazione a pochi eletti, o in un’altra a più persone, ma ci sarà sempre per coloro che ricercano la bellezza nella propria classe, e per coloro che riescono a riconoscere e venerare un grande uomo, ed un grande artista”. 

 

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