“Con pochi maestri volle stare all’arte, avendo egli una certa sua opinione contraria alle maniere di quegli”.
(Giorgio Vasari)
Giorgio Vasari lo descrive come un uomo di brillante conversazione e gli riconosce “buoni termini di filosofia”, ovvero una preparazione culturale fuori dal comune, di cui furono prova l’amicizia con i letterati, in primis l’Aretino.
Formatosi nella bottega di Andrea del Sarto, dove fu anche il coetaneo Pontormo, Giovanni di Battista di Iacopo, detto Rosso Fiorentino, mostrò una personalità autonoma e originale fin dalla prima opera sicura, l’Assunzione affrescata nel chiostro della SS. Annunziata (1517), affollata composizione ricca di spunti di un realismo che giunge talora alla caricatura. Spirito aggressivo e iconoclasta, diversamente dal meditativo e introverso Pontormo, il Rosso Fiorentino dette nelle opere successive un contributo fondamentale al momento più ricco e inquietante del manierismo fiorentino: dalla macabra, demoniaca evocazione del celebre disegno degli Scheletri (1517, Firenze, Uffizi), di evidente influsso nordico, alla pala con Madonna e Santi per S. Maria Nuova (1518, Firenze, Uffizi), di cui Vasari sottolineò acutamente le “arie crudeli e disperate” delle figure, alla Deposizione (1521, Volterra, Pinacoteca comunale), intellettualistico capolavoro di esasperata tensione formale, al pezzo di bravura del Mosè e le figlie di Ietro (1523, Firenze, Uffizi), eccezionale esercitazione su temi michelangioleschi, dissacrati con estrema acutezza di stile.
Opere altrettanto originali e inquietanti non si ritrovano più nella successiva attività del Rosso Fiorentino, operoso a Roma (1524-27), a Sansepolcro, a Venezia e infine in Francia (1530), come pittore di corte di Francesco I. Nei lavori alla reggia di Fontainebleau, condotti in collaborazione con Primaticcio (padiglione di Pomona, 1532-35; galleria di Francesco I, 1534-37), l’estro eversivo della prima fase del Rosso Fiorentino lascia il posto a un’eleganza sottile e cortigiana, ma sempre sostenuta da un alto magistero stilistico, come rivelano anche i numerosi disegni coevi. Un tono più grave e contenuto distingue i dipinti tardi, come la Pietà (1537-40, Parigi, Louvre). La notizia della morte per suicidio, riportata da Vasari, ultimo tocco a una “esemplare” vita di manierista, è da considerare pura leggenda.
“Morì il Rosso l’anno 1541, lasciando di sé gran disiderio agl’amici et agl’artefici, i quali hanno mediante lui conosciuto quanto acquisti appresso a un prencipe uno che sia universale, et in tutte l’azzioni manieroso e gentile, come fu egli, il quale per molte cagioni ha meritato e merita di essere ammirato come veramente eccellentissimo.”
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