“La man che obbedisce all’intelletto”: il bellissimo sonetto di Michelangelo dedicato all’arte

Michelangelo Buonarroti, oltre ad essere stato un eccezionale scultore e pittore, fu anche un poeta, anche se la sua opera risulta essere semisconosciuta ai più.

La poesia di Michelangelo, pur non raggiungendo le vette del capolavoro, è caratterizzata da una notevole forza ed originalità e riflette la personalità geniale e a volte tormentata dell’autore.

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Le Rime di Michelangelo fuorno stampate postume nel 1623, per iniziativa di un nipote dell’artista (Michelangelo Buonarroti il Giovane).

Oggi sappiamo che l’autore compose i suoi primi versi sotto l’influenza delle sue letture dantesche, petrarchesche e dei poeti fiorentini di fine Quattrocento, soprattutto Lorenzo il Magnifico e Pulci.Tuttavia è nella maturità e ancor più nella vecchiaia di Michelangelo che si concentra la sua produzione poetica, tanto che solo nel 1564 l’autore fa riunire un certo numero di componimenti in vista di una pubblicazione poi mai realizzata almeno finchè egli fu in vita. Uno dei sonetti più interessanti e belli è indirizzato a Vittoria Colonna e basato su un’originale meditazione sul valore dell’arte.

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Questo sonetto ha sicuramente delle basi filosofiche ed è basato sulla contrapposizione di due concetti fondamentali e solo in apparenza uguali:l’artista e l’arte.

L’artista è colui che sa rendere concrete le potenzialità degli oggetti, sa dare forma a ciò che è già presente a livello embrionale; tuttavia il poeta non riesce ad applicare la sua genialità anche all’amore, per cui la sua arte in questo è fallace (“Contraria ho l’arte al disiato effetto”).Il grande artista Michelangelo, l’autore di scultore come il David e la Pietà, non è in grado di plasmare il cuore della donna amata, cuore che resta freddo come un marmo a cui l’artista non è ancor riuscito a dar vita e forma!

Il poeta sa trarre dal cuor della donna, in cui coesistono “morte e pietate”, soltanto “morte”, cioè sofferenza e delusione:ne consegue che il suo ingegno finisca per apparirgli come “basso”.

L’ispirazione filosofica su cui il sonetto è sicuramente il neoplatonismo, che ebbe un’importanza notevole nell’Italia rinascimentale, in particolare a Firenze con Marsilio Ficino.

Non ha l'ottimo artista alcun concetto
c'un marmo solo in sé non circonscriva
col suo superchio, e solo a quello arriva
la man che ubbidisce all'intelletto.
Il mal ch'io fuggo, e 'l ben ch'io mi prometto,
in te, donna leggiadra, altera e diva,
tal si nasconde; e perch'io più non viva,
contraria ho l'arte al disïato effetto.
Amor dunque non ha, né tua beltate
o durezza o fortuna o gran disdegno,
del mio mal colpa, o mio destino o sorte;
se dentro del tuo cor morte e pietate
porti in un tempo, e che 'l mio basso ingegno
non sappia, ardendo, trarne altro che morte.