Tutti i capolavori artistici della Basilica di Santa Cecilia a Roma

A cura di L’Asino d’Oro Associazione Culturale

Nel rione Trastevere di Roma vi è uno dei luoghi di culto cristiani più antichi dell’intera città: la Basilica di Santa Cecilia. Fu edificata per volere di papa Pasquale I nel IX secolo d.C. – lo stesso pontefice che fece costruire in città anche le basiliche di Santa Prassede e Santa Maria in Domnica – in seguito ad una visione. La santa, apparsa in sogno al pontefice, gli avrebbe indicato il luogo esatto della sua sepoltura: Pasquale I recuperò quindi il corpo della martire, facendo edificare sul luogo della sua abitazione, che fu anche quello del suo martirio, la basilica. Di questa antica chiesa oggi resta ben poco ma chiara è la sua struttura originaria: una grande aula rettangolare divisa al suo interno in tre navate con abside semicircolare.

Le prime trasformazioni si ebbero tra il XII e il XIII secolo quando fu aggiunto il campanile romanico e vennero convocati Pietro Cavallini per la realizzazione di un ciclo di affreschi nella controfacciata della basilica ed Arnolfo di Cambio per il ciborio. Il ciclo di affreschi si trova oggi nascosto all’interno del coro delle monache e sebbene non si sia conservato interamente, sbalordisce per la sua raffinata esecuzione. Il Cavallini infatti qui realizzò tra il 1289 ed il 1293 il celebre Giudizio Universale.

Nella parte inferiore, una serie di angeli con trombe chiamano a raccolta i beati ed i dannati, mentre al centro spicca la Croce con i simboli della Passione. Nel registro superiore invece il Cristo è rappresentato in trono, dentro una mandorla e circondato da angeli, con accanto la Madonna e Giovanni Battista. Seduti su scranni, come in un coro, a destra e a sinistra del Cristo, gli Apostoli. L’opera del Cavallini è da considerarsi uno dei primi esempi di pittura in grado di fondere perfettamente insieme gli elementi propri dell’arte bizantina a quelli di stampo più “occidentale”, realizzando la figura umana in tutte le sue diversità.

Leggi anche  "Noa Noa": il diario di viaggio di Paul Gauguin

Altro capolavoro più o meno contemporaneo è lo straordinario ciborio di Arnolfo di Cambio realizzato nel 1293. Costituito da quattro colonne in marmo nero con capitelli corinzi e pulvini decorati con medaglioni in mosaico, presenta quattro zoccoli angolari che sostengono le statue di Santa Cecilia, Valeriano, Tiburzio a cavallo e Urbano (protagonisti tutti della vita della Santa). Nei pennacchi sono invece raffigurati profeti, i quattro evangelisti ciascuno con il proprio simbolo e due figure figure femminili che rappresentano le Vergini sagge con fiaccole accese. Nei quattro timpani, anch’essi a mosaico, vi sono rosoni traforati sostenuti da angeli; mentre nei quattro angoli altrettanti pinnacoli con guglia centrale. Dopo una formazione passata tra Siena e Bologna, l’artista aprì a Roma una propria bottega e qui rinnovò completamente la sua scultura traendo ispirazione dalle opere classiche (greche e romane) e tardoantiche.

Un altro importante avvenimento che riguardò la Basilica, si ebbe poi alla fine del 1500 quando il cardinale Paolo Emilio Sfondrati fece riesumare il corpo di Cecilia, recuperato praticamente intatto. Fu così che il cardinale chiese immediatamente a Stefano Maderno la realizzazione della splendida e suggestiva statua che ritrare la Santa così come venne ritrovata, in una posa naturale, come se dormisse con le braccia tese in avanti, le mani semiaperte e le dita che indicano il numero 3 – a simboleggiare la Trinità – il volto rivolto a terra e sul collo il segno delle ferite, simbolo del suo martirio. Il volto è coperto da un velo delicatissimo, rendendo di fatto impossibile riconoscere il viso della fanciulla, aumentando in questo senso forse l’intera drammaticità e suggestione dell’intera rappresentazione.

Leggi anche  Borromini a Sant’Ivo alla Sapienza: un capolavoro assoluto

Un ultimo capolavoro merita una particolare menzione: le due opere di Guido Reni, la Decollazione di Santa Cecilia e Le Nozze mistiche di Cecilia e Valeriano. La prima opera è posta sull’altare della Cappella del Bagno – così chiamata perché al di sopra di quegli ambienti termali in cui la fanciulla fu rinchiusa per farla soffocare dai bollenti vapori – mentre la seconda, di forma circolare, si trova nel corridoio: entrambe furono realizzate nel 1601 e sono quindi da ritenersi opere giovanili del Reni.

La Basilica di Santa Cecilia è quindi a tutti gli effetti un grande e prezioso scrigno d’arte, spesso trascurato nelle visite a Roma, in grado invece di regalare continue ed infinite sorprese.

RIPRODUZIONE RISERVATA

Bibliografia:

Valentina Oliva, La Basilica di Santa Cecilia, Edizioni d’Arte Marconi 2010

www.benedettinesantacecilia.it/htm/Storia

www.vaticano.com/turismo/scheda_180_santuario-basilica-di-santa-cecilia-in-trastevere

Lascia un commento