Francesco Hayez: un romantico tra i romantici

di Laura Corchia

“… non è pagano, né cattolico, né eclettico, né materialista: è un grande pittore idealista italiano del secolo XIX. E’ il capo della scuola di Pittura Storica, che il pensiero Nazionale reclamava in Italia: l’artista più inoltrato che noi conosciamo nel sentimento dell’Ideale che è chiamato a governare tutti i lavori dell’Epoca. La sua ispirazione emana direttamente dal proprio Genio: non è settario nella sostanza; non è imitatore nella forma”.

Giuseppe Mazzini, in “London and Westminster Review”, 1840

Nato a Venezia il 10 febbraio 1791, Francesco Hayez può essere considerato uno degli artisti più rappresentativi del Romanticismo. Formatosi sulla scia del Neoclassicismo, visse tra Roma e Venezia, ma nel 1823 si trasferì definitivamente a Milano, dove entrò in contatto con l’alta borghesia e la nobiltà e dove ebbe modo di svolgere una carriera molto produttiva.

Francesco Hayez, Autoritratto a 69 anni (1860); olio su tela, 124×97 cm
Francesco Hayez, Autoritratto a 69 anni (1860); olio su tela, 124×97 cm

E’ Giuseppe Mazzini a fornirci un ritratto caratteriale assai dettagliato dell’artista, delineandone anche i principali tratti fisiognomici: “L’Hayez è lavoratore assiduo; trascorre le intere giornate solo, nel suo studio, di cui apre egli stesso la porta, e non ha nulla di quell’affrettata apparenza che è prediletta da tanti pittori. Le sue maniere sono semplici, franche, talvolta rudi e burbere, ma che tradiscono sempre la bontà. Il suo viso bruno è aperto e pieno d’espressione: la sua fronte serena, i suoi occhi brillanti”.

L’opera che, fin dalla sua apparizione, dimostra lo stile di Hayez è Pietro Rossi prigioniero degli Scaligeri, un dipinto il cui soggetto è tratto dalla storia medioevale. Rinunciando ai modelli e alle finzioni mitologiche, l’artista guardò alla rappresentazione dal vero, intesa come ricerca sulla realtà e sui sentimenti. Tuttavia, egli rinuncia alle rappresentazioni crude, filtrandole attraverso una certa idealizzazione. Egli stesso descrive il suo modo di lavorare: “si guardino tanto dal tenersi troppo ligi alle regole dell’arte come dall’imitazione materiale del vero: l’artista dopo aver ben studiato sui modelli antichi le regole fondamentali dell’arte, se è veramente chiamato a seguire le orme dei grandi maestri, deve formare nella propria fantasia l’immagine che egli eseguirà quando abbia trovato un modello che gli rappresenti il tipo che egli si è formato nella mente e al quale, copiando le linee esteriori, presterà quella parte ideale che forma il bello nel vero”. 

Francesco Hayez, Laocoonte (1812); olio su tela, 246x175 cm
Francesco Hayez, Laocoonte (1812); olio su tela, 246×175 cm

L’esercizio sui modelli antichi, lo studio approfondito del nudo, l’aspirazione a una bellezza ideale, il riferimento alla coeva scultura canoviana sono alla base dell’Atleta trionfante, un dipinto eseguito nel 1816. La figura tiene nella mano destra la palma della vittoria ed è collocata in un ambiente che mostra un carro e un edificio classico con colonne doriche. Il bel nudo dimostra la perfetta conoscenza dell’anatomia e delle regole proporzionali e tradisce ancora la formazione neoclassica di Hayez.

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Francesco Hayez, Rinaldo e Armida (1812-1813); olio su tela
Francesco Hayez, Rinaldo e Armida (1812-1813); olio su tela

Le numerose opere dell’artista soddisfacevano i gusti della committenza, costituita prevalentemente dalla nobiltà austroungarica. In un solo caso l’artista si ispirò ad un avvenimento contemporaneo, con I profughi di Praga, senza però rinunciare all’impostazione teatrale frequente nei suoi dipinti ed anzi accentuandola.

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La più famosa creazione dell’artista è però Il bacio, dipinta in ben tre versioni. Vi sono rappresentati due giovani che si scambiano un dolce e furtivo bacio. L’opera venne immediatamente interpretata come l’addio del cospiratore all’amata. Ad avvalorare questa chiave di lettura concorre il volto coperto del giovane, il suo piede sinistro poggiato su uno scalino e il pugnale che preme sul fianco della fanciulla. Le figure, vestite in abiti medievali, si stagliano nitide contro una parete di pietre squadrate. La fanciulla è completamente rapida ed abbandonata e la sua elegante figura è impreziosita dai riflessi cangianti e lucenti della veste di seta.

Interprete del suo tempo, scrupoloso ricercatore della verità, Hayez è stato in grado di imprimere nelle sue opere una toccante intimità. Come ebbe a dire Giuseppe Mazzini: “il posto che gli spetta è fuori di quelle sfere; è quello della Storia. Trattata dal punto di vista dell’avvenire. Là, è grande e solo: lo storico della razza umana, e non di qualcuna delle sue individualità preminenti. Nessuno fin qui, tra i pittori, ha sentito come lui la dignità della creatura umana, non quale brilla agli occhi di tutti sotto la forma del potere, del grado, della ricchezza o del Genio, ma quale si rivela agli uomini di fede o di amore, originale, primitiva, inerente a tutti gli esseri che sentono, amano, soffrono e aspirano, secondo le loro forze, con la loro anima immortale. In mezzo alle mille forme umane, che la storia evoca, variate, ineguali, attorno a lui, egli domina, sacerdote del Dio che penetra, riabilita e santifica tutte le cose “.

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