Andy Warhol: zuppa, coca-cola e pop star

di Laura Corchia

“Nel futuro ognuno sarà famoso per 15 minuti”

(Andy Warhol)

Anticonformista per ragionamento più che per indole, Andy Warhol è il più tipico rappresentante della cultura pop americana.

Nato nel 1930 a Pittsburgh, costruì il suo personaggio in modo quasi scientifico, secondo i tempi e i modi di una ben orchestrata campagna pubblicitaria. Figlio di un minatore cecoslovacco emigrato in America, il suo vero nome era Andrew Warhola, un nome troppo poco americano per un artista che aveva deciso di fare della sua stessa immagine un’opera d’arte vivente. Albino. cagionevole, timido e ossessionato dal fatto di ritenersi brutto, era dotato però di una grande abilità organizzativa e di una spiccata capacità di osservazione.

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Dopo aver ottenuto il diploma al Carnegie Institute, si trasferì a New York e nella 47ª strada affittò una grande mansarda che ribattezzò con il nome di Factory. Di qui passarono i personaggi più buffi, le menti più brillanti e le donne più belle della Grande Mela. In questo laboratorio ci si dedicava ad ogni tipo di arte, compresi film underground, cioè realizzati con mezzi di fortuna  e su soggetti a volte provocatoriamente demenziali. In quelle quattro mura, boys and girls riproducevano centinaia di copie dagli originali del maestro, dando avvio alla riproduzione serigrafica.

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Eclettico e amante della bellezza, Andy Warhol amava collezionare oggetti di ogni tipo e, molti di essi, vennero nobilitati ad opere d’arte: dagli scaffali dei supermercati alle sale di gallerie e musei. E’ questo il caso della Zuppa precotta, delle bottiglie di coca-cola, delle scatole di lucido da scarpe e dei fustini di detersivo. Dipingeva “ciò che si vede ogni giorno” e ciò che diventa oggetto di adorazione collettiva, come le star della musica e del cinema. Molti suoi quadri hanno come soggetto Marilyn Monroe, Liz Taylor, Marlon Brando e Mao Xedong. Il procedimento era il medesimo: isolava il volto, il fondo diventava monocromo, i lineamenti venivano semplificati, bocca, naso occhi e capelli venivano posti in risalto con colori contrastanti.

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Ma gli oggetti simbolo della cultura di massa per eccellenza restano sempre i cibi prodotti industrialmente, surgelati, quasi mai naturali e appetitosi, preferibilmente conservati e disidratati.

Diventato lui stesso un mito, fu oggetto di ossessioni da parte di un’ammiratrice che tentò addirittura di ucciderlo. Spaventato dall’accaduto, l’artista ridusse drasticamente le apparizioni pubbliche.

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Ossessionato dalle malattie, morì in modo banale per una complicanza dopo un’operazione chirurgica. Era il  il 22 febbraio 1987.

“Quel che c’è di bello in questo paese è che i consumatori più ricchi comprano praticamente le stesse cose dei meno abbienti. Guardi la televisione, vedi la Coca-cola, che Liz Taylor beve la Coca-cola, e, pensa!, anche tu puoi bere la Coca-cola. Una Coca è una Coca, e non ci sono soldi che valgano a farti avere una Coca-cola migliore di quella che si beve il barbone all’angolo. […]L’idea dell’America è così bella perché quanto più una cosa è livellata, tanto più è americana. Ad esempio ci sono molti locali dove si riceve un trattamento speciale se si è famosi, ma questo non è autenticamente americano. Volevo andare ad un’asta di Park Bernet ma non mi hanno lasciato entrare perché avevo con me il cane. Così ho dovuto aspettare nell’atrio l’amico che dovevo incontrare a quest’asta […]. E mentre ero là che aspettavo la gente si faceva fare l’autografo. Quella in cui mi trovavo era una situazione autenticamente americana.” (Andy Wharol)

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