Il naturalismo di Jean-Baptiste Camille Corot

di Laura Corchia

“A capo della moderna scuola di paesaggio sta Corot.”

(Charles Baudelaire)

Importante paesaggista francese, Jean-Baptiste Camille Corot nacque a Parigi il 26 luglio 1796. Di origini borghesi, fu educato a Rouen, iniziando poi a lavorare nel commercio dei tessuti, ma pur odiando la vita del commercio e disprezzando ciò che chiamava i suoi “trucchi di affari”.

Una volta vinte le resistenze del padre, compì degli studi dal vero presso gli artisti Michallon e Bertin. La sua formazione non si basò sui grandi maestri del passato, dal momento che il giovane preferì dipingere all’aperto i paesaggi che si offrivano al suo occhio sensibile.

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Tra il 1825 e il 1828 soggiornò in Italia, dipingendo originali vedute di Roma a cui impresse con moderna immediatezza l’atmosfera limpida delle campagne laziali. Le opere di questo periodo si caratterizzano per la pennellata densa e corposa e per l’uso di una tavolozza chiarissima e furono apprezzatissime da letterati come Émile Zola.

Tuttavia, al suo ritorno a Parigi, questi quadri non vennero esposti al pubblico. Iniziò così per Corot quella “doppia vita” che caratterizzò tutto il suo lavoro futuro e fatta di una produzione ufficiale con paesaggi classicheggianti animati da ninfe e pastori e da una più intima e privata di paesaggi liberi da ogni riferimento alla tradizione. Questi piccoli idilli, squisiti e lirici, svelano vedute ammantate dalla nebbia o intrise dalla luce mediterranea. Le atmosfere veritiere sono date da dettagli nitidi, quasi fotografici.

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Dopo alcuni anni trascorsi nella foresta di Fontainebleau, Corot tornò in Italia dove ebbe modo di approfondire ed arricchire il suo personale stile.La sua arte, fino a quel momento poco riconosciuta, cominciò ad ottenere il plauso del pubblico e persino Napoleone III acquistò un suo dipinto.

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Fino alla morte, avvenuta il  22 febbraio 1875, l’artista continuerà i suoi vagabondaggi pittorici, continuando a dipingere con spregiudicatezza formale sia il paesaggio sia la figura, come nella Donna in blu del 1874, che non è caratterizzata psicologicamente ma diventa, al pari del paesaggio, un’occasione di esercizio tonale.

Il linguaggio pittorico della maturità mutò leggermente rispetto a quello degli anni giovanili, facendosi più atmosferico e sfocato nei contorni, quasi sicuramente sotto l’influsso degli interessi per la fotografia maturati dall’artista.

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