L’arte fiamminga ed i grandi maestri delle Fiandre

Il Rinascimento fu un secolo di grandi innovazioni. Accanto all’arte italiana, si sviluppò, nei Paesi Bassi, la pittura fiamminga.

Il Quattrocento fu un secolo di grandi innovazioni in campo artistico e culturale in buona parte d’Europa. Mentre in Italia si andava verso il Rinascimento, periodo d’oro per la produzione figurativa e scultorea fiorentina e toscana in genere, nelle Fiandre prese piede una corrente stilistica che ben si discostava, e tuttora si discosta, da quella italiana. A livello temporale l’arte fiamminga, con i cosiddetti Primitivi Fiamminghi, copre un intervallo temporale che va dal ‘400 alla seconda metà del ‘500, sviluppatasi principalmente nelle grandi città del Belgio come Bruges, Gent e Bruxelles.

Essenzialmente le due correnti si differenziano per l’attenzione riservata ai dettagli raffigurati, sia dei soggetti sia degli spazi ed al contesto in cui questi sono ambientati. Mentre in Italia il focus era principalmente sui soggetti e solo in un secondo momento sul “contorno” delle figure, la pittura fiamminga mirò a valorizzare ogni singolo aspetto dell’opera, donando al dipinto una visione estremamente realistica. Lo scopo degli artisti fiamminghi era quello di dare la giusta enfasi agli episodi rappresentati, non dimenticando di conferire alla scena la stessa tridimensionalità, i volumi e la consistenza materica della realtà, così da dare allo spettatore l’impressione di poter assistere e prender parte alle stesse raffigurazioni, come se queste fossero tangibili.

Essi non riproducevano opere surreali, eteree, troppo distanti dal vero, bensì contestualizzavano gli episodi nei paesaggi a loro familiari, ambientandoli in luoghi caratteristici, come vallate o all’interno delle monumentali navate delle cattedrali gotiche. Raffiguravano il mondo che avevano davanti adattandolo ai soggetti sacri, il tutto plasmato sapientemente dall’utilizzo magistrale dei colori ad olio e non più a tempera, con i quali realizzavano velature che conferivano corpo e consistenza ai volumi, sia che fossero umani sia oggetti inanimati.

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Tutto ciò era uniformato da una luce particolare che ricopriva ogni dettaglio, dai grandi fino a quelli più piccoli e da quelli vicini allo spettatore fino ai più lontani, accentuati dal gioco dei punti in ombra e quelli posti in evidenza, nonché dal senso prospettico delle composizioni. Questo è ottenuto grazie ad una tecnica che non prevedeva grasse ed omogenee campiture di colore, bensì l’utilizzo di più pennellate leggere e consecutive che, sovrapposte l’una all’altra, andavano a creare trasparenze e sfumature molto realistiche. In questo modo rendevano quasi tangibili le diverse materie e le superfici che idealmente si riappropriavano del loro reale volume. Tecnica poi appresa successivamente anche dagli artisti italiani, che presero spunto dalle tecniche e dagli insegnamenti dei maestri fiamminghi.

Furono molteplici gli artisti più apprezzati nel panorama figurativo fiammingo, ma la prima impronta stilistica la si deve certamente alla bravura di Jan van Eyck, al quale molti si ispirarono.

Jan van Eyck

Nato nel 1390 fu uno dei maggiori artisti del XV secolo, considerato dai suoi contemporanei “il principe dei pittori del nostro secolo”, nonché iniziatore di quella che prese il nome di Scuola Fiamminga. Dopo una serie di miniature e di opere commissionate dal conte d’Olanda Giovanni di Baviera e dal duca di Borgogna Filippo il Buono, si stabilisce a Bruges, dove, con il fratello Hubert, realizzò uno dei suoi più grandi capolavori. Si tratta del celebre “Polittico dell’Agnello mistico” o “Polittico di Gand”, in quanto conservato nella Cattedrale di San Bavone a Gent, datato 1432.

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Massima espressione del naturalismo fiammingo, stupì tanto i contemporanei quanto gli artisti successivi che lo presero ad esempio, primi fra tutti i mastri fiorentini. Al momento questo polittico è in restauro preso l’MSK, il Museo di Belle Arti di Gent, ed è possibile vedere all’opera i restauratori intenti in questo delicatissimo lavoro che dura da circa 8 anni. Dopo diverse vicissitudini che lo hanno portato da parte a parte, più volte smontato e rimontato, smembrato e ricomposto, ritornerà finalmente nel luogo per il quale venne concepito. Il termine è previsto per il 2020 ed è proprio in questa occasione che la città di Gent e la regione delle Fiandre organizzeranno eventi, mostre e diverse proposte tematiche inserite nel progetto “FlamishMaters 2018-2020”, realizzato da VisitFlanders, ovvero l’Ente del turismo delle Fiandre. Questo progetto triennale prevede iniziative volte alla valorizzazione del patrimonio artistico fiammingo, con focus sui grandi maestri come Rubens, Bruegel e lo stesso Jan van Eyck.

All’interno del progetto ad ogni artista sarà collegata una diversa città e sarà così ripartito:

  • il 2018 è incentrato su Rubens, al quale è dedicata la rassegna Anversa Barocca 2018. Rubens Inspires”, con focus sulla città di Anversa.
  • il 2019 sarà l’anno dedicato a Bruegel e alle sue opere che coinvolgono le città di Bruxelles e dintorni, con uno sguardo anche ad Anversa, in occasione dei 450 anni dalla morte dell’artista.
  • in conclusione, il 2020 sarà appunto incentrato su Van Eyck e sulla città di Gent, custode del celebre “Polittico dell’Agnello Mistico” nella Cattedrale di San Bavone.
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Ulteriori opere di Van Eyck.si possono ammirare presso il Groeninge Museum di Bruges, qui è conservato un altro suo grande capolavoro, ovvero “Madonna del canonico Van der Paele” datato 1436, così come riportato dalla lunga iscrizione firmata dallo stesso artista.

 

Pieter Bruegel, il Vecchio

Nato nel 1525 fu il più grande artista del Nord Europa nella prima metà del ‘500, ma grazie ad i suoi numerosi viaggi tra Francia e Italia, ebbe modo di apprendere differenti tecniche e stili raffigurativi e al tempo stesso di diffondere i precetti della sapiente Scuola Fiamminga. Fu allievo di Hieronymus Bosch, al quale si ispirò per la composizione di paesaggi fantastici e surreali, per poi tornare al naturalismo tipico dell’arte fiamminga. Dopo tanto peregrinare, si stabilì a Bruxelles, dove morirà nel 1569 e realizzò numerose opere divenute dei capolavori, alcune delle quali conservate presso il Museo Reale delle Belle Arti del Belgio. Quelle da annoverare sono certamente il meraviglioso dipinto ad olio su tavola “La caduta degli Angeli ribelli” del 1562, il ricco e complesso “L’adorazione dei Magi” del 1556 e “Il censimento di Betlemme” del 1566, tutti datati e firmati dall’autore stesso.

Proprio per la sua cospicua produzione nella multiculturale Bruxelles, l’artista e la città, insieme alla regione circostante, sono legati a doppio filo e il progetto triennale “FlamishMasters 2018-2020” celebrerà questo secolare legame nel corso del prossimo anno, in occasione dei 450 anni dalla sua morte.

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