Cecco Angiolieri, poeta della vendetta: “S’i’ fossi foco’

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S’i’ fosse foco, ardereï ‘l mondo;
s’i’ fosse vento, lo tempestarei;
s’i’ fosse acqua, i’ l’annegherei;
s’i’ fosse Dio, mandereil’ en profondo;
s’i’ fosse papa, sere’ allor giocondo,
ché tutti cristïani imbrigherei
s’i’ fosse ‘mperator, sa’ che farei?
A tutti mozzarei lo capo a tondo.
S’i’ fosse morte, andarei da mio padre;
s’i’ fosse vita, non starei con lui:
similemente faria da mi’ madre,
S’i’ fosse Cecco, com’i’ sono e fui,
torrei le donne giovani e leggiadre:
e vecchie e laide lasserei altrui.

Il più angiolieresco sonetto di Cecco, che tanto ha contribuito a formare di lui la falsa immagine di un ‘poeta maledetto’, è in realtà fra i maggiori esempi della realizzazione dello ‘stile comico’ in modi letterari abilissimi. Ma v’è anche l’innegabile inclinazione di Cecco allo scherzo da taverna, pronto a degenerare in rissa; la sua insofferenza corrucciata e irridente, la sua passione per la parodia scritta sul serio; il suo temperamento poetico, insomma. Non c’è frattura tra la chiusa e il resto del sonetto: se non nel modo, a lui abituale, di ‘sorpresa’ epigrammatica e irriverente, per scandalizzare i bempensanti e divertire gli amici, quasi recitando su un palcoscenico. Effetti e immagini sono di un gusto tutto medievale, così come gli elementi, l’acqua e il fuoco, il papa e l’imperatore, la morte e la vita, le giovani e le vecchie: un contrasto realistico, ma insieme stilizzato e metafisico. La luce è diversissima, diversissimo l’animo; ma questi sono le gerarchie, i gironi, i sorprendenti ordini strutturali dell’Inferno di Dante.

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Fonte: Treccani