Carboncino: come si otteneva questo antico strumento per disegnare?

di Laura Corchia

Il carboncino è il più antico materiale per disegnare. Utilizzato fin dal Neolitico, si otteneva facilmente attraverso la cottura di bastoncini di salice o di altre piante.

Cennino Cennini, nel suo Libro dell’Arte (1437), forniva dettagliate spiegazioni su come fabbricarlo: “Prima che più oltre vada, ti voglio mostrare in che forma de’ fare i carboni da disegnare. Abbi qualche bastone di saligàro, secco e gentile; e fanne cotali rocchietti di lunghezza come una palma dimano, o, se vuoi, quattro dita. Poi dividi questi pezzi in forma di zolfanelli; e sì come mazzo di zolfanelli gli asuna insieme; ma prima gli pulisce e aguzza da ogni capo, sì come stanno i fusi. Poi, così a mazzi, li lega insieme in tre luoghi per mazzo, cioè nel mezzo e a
ciascheduno de’ capi, con fi lo o di rame o di ferro, sottile. Poi abbi una
pignatta nuova, e mettivili dentro tanto, quanto la pignatta sie piena.
Poi abbi un testo da coprirla con crea, in modo che per nessun modo non ne sfi ati di niente. Poi vattene dal fornaro la sera, quando ha lasciato ovra, e metti questa pignatta nel forno, e lasciavela stare per fino alla mattina; e guarda se i detti carboni fussino ben cotti e ben negri. Dove non gli trovassi cotti tanto, ti viene rimetterla nel forno, che sieno cotti. Come ti dèi avvedere che bene istieno? Togli un di questi carboni, e disegna in su carta, o bambagina o tinta, o tavola o ancona ingessata. E se vedi che ‘l carbone lavori, sta bene: e se fusse troppo cotto, non si tiene al disegno, ch’el si spezza in molte parti. Ancora ti do un altro modo ai detti carboni fare. Togli una tegliuzza di terra, coperta per lo modo predetto; mettila la sera sotto il foco, e copri bene il detto foco colla cenere; e vatti a letto. La mattina saranno cotti. E per lo simile puo’ fare de’ carboni grandi e de’ piccoli; e fare come ti piace, ché miglior carboni non n’è al mondo”. 

Andrea del Verrocchio (Firenze, 1435 - Venezia, 1488), Recto: Testa di donna, 1475 ca., Carboncino, biacca, penna e inchiostro
Andrea del Verrocchio (Firenze, 1435 – Venezia, 1488), Recto: Testa di donna, 1475 ca., Carboncino, biacca, penna e inchiostro

 

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Anche Filippo Baldinucci (1681) parla di “Piccoli ramoscelli cotti in forno dentro una pentola nuova lutata [sigillata] con luto sapientie buoni per disegnare carta e cartone”.

In sostanza, i rametti di salice venivano essiccati e poi tagliati. Posti successivamente in una pentola chiusa ermeticamente da un coperchio sigillato con della creta, i rametti venivano cotti per tutta la notte a bassa temperatura. Una volta cotti, venivano fatti raffreddate. Infine, una delle estremità veniva assottigliata.

Una varietà del carboncino è quella grassa, ottenuta tenendo a bagno i bastoncini di carbone nell’olio di lino per un periodo più o meno lungo. Il segno di questo carboncino è di colore nero e vellutato. Con il tempo, la componente oleosa si può separare da quella solida, causando sbavature evidenti.

La sua friabilità conferisce al carboncino un segno particolarmente morbido e pittorico ma, di contro, sporcava i fogli e si polverizzava, causando la scomparsa dei tratti e, nei casi più estremi, di intere porzioni di disegno.

BIBLIOGRAFIA: Antonella Fuga, Tecniche e materiali delle arti, Electa, 2006

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