Nel 1490, Lorenzo de’ Medici componeva “Il trionfo di Bacco e Arianna”, componimento poetico ispirato al mito di Arianna, figlia del re di Creta Minosse e di Pasifae. La bella fanciulla si innamorò di Teseo quando egli giunse a Creta per sconfiggere il Minotauro. Consegnò all’eroe ateniese un gomitolo di filo, suggerendogli di legarne un’estremità all’uscita del labirinto e di non lasciare mai l’altro capo. Una volta sconfitto il mostro, i due fuggirono verso Atene. Approdati all’isola di Nasso, Teseo fece cadere Arianna in un sonno profondo e l’abbandonò. Sopraggiunto Bacco, si innamorò di lei e decise di sposarla.
L’iconografia antica raffigura spesso Bacco mentre contempla Arianna addormentata. Ovidio, tuttavia, nelle Metamorfosi racconta che Arianna, accortasi di essere stata abbandonata, si dispera, quando Bacco giunge in suo aiuto. Per questo motivo gli artisti rinascimentali e delle epoche successive la raffigurano principalmente sveglia e piangente, sola o in compagnia del dio Bacco.
La disperazione della fanciulla si legge anche in un’opera di Angelica Kauffmann, pittrice vissuta nella seconda metà del Settecento. A farle compagnia c’è un putto che, con un gesto infantile, si porta le mani agli occhi e si dispera, mentre un cielo cupo inquadra la nave di Teseo che abbandona l’isola.
Di diversa ambientazione è la scena raffigurata da Tiziano per il Camerino d’Alabastro di Alfonso I d’Este, duca di Ferrara. La principessa si aggira disperata sull’isola mentre una moltitudine di figure si agita sulla destra dell’opera. Su un carro trainato da ghepardi, irrompono satiri, baccanti, fauni e animali. Bacco, riconoscibile dalla corona posta sul capo, balza incontro alla fanciulla della quale si è innamorato. In cielo, splende la costellazione formatasi in seguito del lancio della corona da parte di Bacco. Il corteo è ispirato alla tradizione dei Trionfi. Ciascun dio della mitologia greca aveva un cocchio personale trainato da una coppia di animali. Secondo Catullo, il corteo di Bacco è preceduto da Ghepardi. In lontananza, si vede Sileno, raffigurato come un personaggio corpulento e perennemente ebbro. Ha i capelli ornati di edera, pianta a lui sacra. In primo piano, un uomo si contorce attaccato da serpenti, probabilmente una citazione colta del Gruppo del Laocoonte, scoperto proprio in quegli anni e oggetto di una vera e propria venerazione.
Tiziano durante la stesura pittorica si aiutò col disegno sottostante ma, in alcuni casi, variò completamente l’idea iniziale. L’opera, eccelso esempio del ricco cromatismo dei pittori veneziani, rappresenta un vero e proprio campionario di tutti i pigmenti a disposizione dell’epoca: verde di malachite, verde terra, verderame, blu oltremare, azzurrite, rosso vermiglione, realgar. La tela subì almeno due volte un poco rispettoso arrotolamento che ha causato il distacco diffuso di vernici e colori. Un restauro effettuato negli anni Sessanta del secolo scorso ha previsto una ridipintura del cielo che, secondo alcuni studiosi, ha causato una stesura piatta e pallida.
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