Giovanni Bellini e i soggetti profani

Di Laura Corchia

Accanto ai temi biblici, nell’ultima produzione di Giovanni Bellini compaiono dei temi profani e mitologici eseguiti per una colta e raffinata committenza privata. L’anziano maestro eseguì due sole opere oggi note: il Festino degli Dei e la bellissima Donna allo specchio conservata a Vienna.

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Eseguita ad olio su tavola, la giovane donna è coperta da una sottile stola rosata. Siede su una panca, intenta alla toilette. I suoi occhi fissano l’immagine riflessa nel piccolo specchio retto con la mano sinistra, mentre con la destra sistema l’acconciatura che si riflette nell’altro specchio appeso alla parete. La stanza affaccia su un paesaggio collinare, dolce e malinconico. L’orizzonte è rischiarato dal sole mentre, in alto, nuvole cariche di pioggia sembrano preannunciare un imminente acquazzone. Il cartellino appoggiato sulla cassapanca reca la firma e la data: “IOANNES BELLINVS FACIEBAT MDXV”. Il gioco di specchi, che si ritrova anche nell’opera di Van Eyck il  “Fidanzamento degli Arnolfini” è un chiaro riferimento alla disputa tra pittori e scultori. Attraverso l’ausilio dello specchio, anche la pittura, al pari della scultura, può essere goduta nelle tre dimensioni. Un piccolo capolavoro è la coppa riempita d’acqua rivela la sottile e raffinata trasparenza di contenuto e contenitore. Bellini si sforza di rendere, attraverso la pittura, la diversa consistenza dei materiali: la spugna, il vetro, l’epidermide, le stoffe, la cuffia arricchita da perline dorate.

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Il Festino degli Dei fu dipinto per il fratello di  Isabella d’Este, il duca di Ferrara Alfonso, nel 1514. L’episodio narrato da Ovidio doveva adornare il Camerino d’alabastro del signore. A destra, il dio della virilità Priapo solleva la veste della ninfa Lotis, addormentata in un sonno profondo. La scarsa familiarità con soggetti lascivi, erotici e profani è evidente nelle figure statiche e fredde. La parte sinistra del paesaggio fu rimaneggiata da Dosso Dossi, mentre la rupe si deve all’intervento successivo di Tiziano. Si tratta dunque di una partecipazione a più mani e, a giudicare dai risultati, l’opera può essere considerata un vero capolavoro. Oltre ai pittori sopra citati, pare che abbiano lavorato anche Albrecht Dürer  e Domenico CampagnolaIl primo a parlare di Albrecht Dürer relativamente alla realizzazione del Festino fu il Vasari che ne limitò la partecipazione ad una semplice influenza stilistica nel tratto troppo netto dei drappeggi: “la quale opera invero fu con molta diligenza lavorata e colorita, in tanto che è una delle più belle opere che mai facesse il Gianbellino, se bene che nella maniera de’ panni è un certo che di tagliente, secondo la maniera tedesca, ma non è gran fatto perchè imitò una tavola d’Alberto Duro fiammingo…”

La raffinatezza della composizione è ravvisabile comunque nei panneggi, negli inserti di natura morta, nella cromia luminosa e brillante.

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Giovanni Bellini (1433-1516), noto anche con il nome di Giambellino,  è stato uno dei più noti pittori del Rinascimento italiano. La pittura veneziana, che con lui ebbe un fondamentale punto di riferimento, fu traghettata dalla tradizione bizantina alla più moderna maniera di Mantegna, Piero della Francesca, Antonello da MessinaDürer e Giorgione. Partendo dalla tradizione, la pittura di Bellini fu in grado di rinnovarsi continuamente. Tra le opere più note citiamo la Pietà (1465-1470 circa), la Pala di Pesaro (1472- 1474) e l’Ebbrezza di Noè (1515-1516), probabilmente ultimo dipinto eseguito dal maestro.

 

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