Dentro l’opera: la ‘Sirena’ di Giulio Aristide Sartorio

di Laura Corchia

«Un’onda verde s’avvalla: in quest’avvallamento si culla e s’abbandona la Sirena pallida, dalla fulva chioma sparsa, un braccio immerso e trasparente nell’acqua, l’altro ripiegato sul seno, con tentatrice mollezza. Dall’alto del quadro una breve barca si piega a seguir l’onda; sulla barca, proteso e supino, un adolescente cinge con un braccio l’emersa incantatrice. In quest’onda è tagliato con sommo ardire tutto il quadro. E vi par di sognare, guardandolo».

(L. Pirandello, Scritti d’arte figurativa, Milano 1987).

Con queste parole, Luigi Pirandello commenta il dipinto di Giulio Aristide Sartorio, realizzato nel 1893. L’idea di un simile soggetto, molto amato dai preraffaelliti inglesi, venne a Sartorio dopo aver visitato la grotta Verde a Capri.

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La composizione dal profondo taglio orizzontale è costruita intorno alla figura della sirena, dalle forme sinuose e dai lunghi capelli rossi che fluttuano nell’acqua. Il suo corpo è sorretto da un giovane pescatore disteso su una barca, la cui pelle bruciata dal sole e dalla salsedine contrasta con l’epidermide diafana della donna. I teschi che si intravedono in trasparenza sul fondo marino preannunciano la triste fine che la giovane vittima farà tra le braccia dell’ammaliatrice. In quest’opera si può chiaramente leggere una allegoria in cui l’uomo e la donna vengono presentati come puro istinto: l’uomo, un fascio di muscoli bruno vibrante di forza, la donna una guaina verde-oro di bellezza e voluttà. Clima dannunziano, da «Pioggia nel pineto»; per noi falso e tutto letterario; settant’ani fa meno falso e meno letterario. La favola è immersa in una cornice di verde liquido entro la quale si adagiano molto dolcemente gli ori, i blu, i rossi, intorno alla luce che emana dal corpo della sirena.

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Simbolo del tranello mortale che ci tendono i sensi, le sirene hanno avuto nella storia dell’arte una connotazione fortemente negativa. Con il loro corpo sinuoso e la voce suadente inducono l’uomo ad abbandonare la retta via. Lontano dalla ragione, sospinto dai propri istinti primordiali, egli paga i propri errori con la vita. Eloquente, a tal proposito, è la vicenda contenuta nell’Odissea di Omero. Ulisse chiede di essere legato dai propri uomini all’albero della nave per evitare di cedere a quella che non è più una semplice tentazione, ma una malìa d’amore che porterebbe all’abbandono della rotta primaria, con conseguenze che potrebbero essere mortali.

In tempi più recenti, le sirene incarnano la figura della donna romantica, seduta su uno scoglio ad ammirare il mare in burrasca e attendere l’amato.  La più ampia raffigurazione di sirene, nella pittura, si attesta però nel XIX secolo quando rappresentarono inequivocabilmente la donna fatale, irresistibile, che porta l’uomo a certa rovina. Per questo i pittori indugiarono, con compiacimento, sulle soavi nudità di queste figure, che, in molti casi, persero persino la coda.

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