Tesori di Napoli: Castel Nuovo

di Fabio Strazzullo

Conosciuto meglio col nome di Maschio Angioino, ha una pianta irregolarmente trapezoidale con cinque grandi torri cilindriche: quattro rivestite di piperno e una in tufo, coronate da merli su beccatelli. Le tre torri, dove si trova l’ingresso, sono le torri “di San Giorgio”, “di Mezzo” e ” di Guardia” (da sinistra a destra), mentre le due sul lato rivolto verso il mare prendono il nome di torre “dell’Oro” e di torre “di Beverello” (sempre da sinistra a destra).

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In origine aveva attorno una cittadella, ossia doppia cinta di mura e doppio fossato. La costruzione del suo nucleo originario si deve all’iniziativa di Carlo I d’Angiò (1226-1285), che nel 1266, sconfitti gli Svevi, salì al trono di Sicilia e trasferì la capitale da Palermo a Napoli. Re Alfonso D’Aragona (1394-1458) lo rese ancor più fortezza grazie all’architetto catalano Guillem Sagrera (1380-1456), spostando l’ingresso a nord, circondando il castello con cinque torri più basse, spesse e con cortine murarie differenti con balconcini (livellini) per il transito di cavalieri e per sottolineare ancor più il ruolo difensivo del castello.

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Le basi delle torri, inoltre sono scanalate. L’elemento più importante è l’Arco di Trionfo. Opera molto controversa, doveva celebrare Alfonso come “Triumphator Pacificus”. L’arco è tutto in marmo e a due formici sovrapposti, smilitarizzando così l’intera faccita. Nel 1433 si fermerà per la morte del re e riprenderà sotto Ferrante (1424-1494). Ci lavoreranno otto maestranze diverse (napoletane, fiorentine, dalmate) che vedranno l’antico in modo diverso. Il fornice superiore doveva accogliere una statua equestre di Alfonso. I modelli di riferimento sono diversi:

-Per la parte inferiore: arco dei Sergi a Pola;

-Per quella superiore: arco di Traiano a Benevento.

L’idea di sovrapporre gli archi, invece potrebbe venire da:

-Tombe Angioine; -Porta di Capua.

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Non si è capito bene a cosa potesse servire il fornice superiore. Sappiamo che Donatello (1386-1466) stava fondendo un cavallo colossale, interrotto dalla morte del re, che molto probabilmente sarebbe stato posto nel suddetto fornice. Del cavallo resta solo la testa, che verrà presa dai de Medici e donata al conte Maddaloni Carafa. Nel frattempo, il fornice accoglierà per volere di Ferrante un’urna con il cuore di Alfonso. Ferrante, infine continuerà i lavori all’interno, fondendo architettura all’antica con quella catalana.

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