Preghiera della sera o compianto sulla tomba di un bambino? Il mistero dell’Angelus di Millet

di Laura Corchia

Jean-François Millet e Salvador Dalì: due artisti apparentemente così lontani eppure uniti da un’opera. Stiamo parlando dell’Angelus di Millet, dipinto tra il 1858 e il 1859. Ebbene, quello che potrebbe sembrare un semplice dipinto di soggetto rurale in realtà nasconde una doppia chiave di lettura.

JEAN-FRANÇOIS_MILLET_-_El_Ángelus_(Museo_de_Orsay,_1857-1859._Óleo_sobre_lienzo,_55.5_x_66_cm)

Ma andiamo per ordine e analizziamo prima ciò che si vede nel quadro. Una campagna addolcita dalla calda luce di un tramonto accoglie due contadini, protagonisti assoluti della scena. Le due figure hanno il capo chino e le mani giunte in preghiera, mentre ai loro piedi gli oggetti ricordano la dura vita nei campi: una forca conficcata nel terreno, una cesta, una carriola. Il pittore si sofferma sui campi lavorati e sul campanile, i cui rintocchi hanno richiamato questo momento di pausa. I due protagonisti, monumentali ed eroici, accettano cristianamente la loro vita fatta di duro lavoro e di miseria. La luce proveniente dall’orizzonte illumina il terreno e, di spalle, i due personaggi, i quali rimangono così in ombra, quasi che il pittore anche con questo mezzo volesse evidenziare il loro raccoglimento e l’intensità del loro sentimento.

Del resto, Millet non era nuovo a soggetti di questo tipo. Trasferitosi nel 1849 a Barbizon, dipingeva per lo più la vita quotidiana dei contadini, in mezzo ai quali viveva. Tuttavia, come accennato, il dipinto potrebbe nascondere un significato completamente diverso. Ad avanzare tale ipotesi fu per primo l’artista Salvador Dalì. Egli, che al quadro dedicò addirittura un libro intitolato “Il tragico mito dell’Angelus di Millet” e un dipintosi convinse che ai piedi dei due contadini in preghiera ci fosse nascosta una piccola bara. Dalì osservò l’opera in maniera quasi ossessiva e, sfruttando la propria notorietà, riuscì addirittura ad ottenere che il Louvre, nel 1963, ordinasse una radiografia. In effetti, l’indagine diagnostica rivelò che, sotto la cesta, era dipinto un parallelepipedo.

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L'Angelus dipinto da Dalì
L’Angelus dipinto da Dalì

Nel 1865, Millet racconta: “L’Angelus è un quadro che ho dipinto ricordando i tempi in cui lavoravamo nei campi e mia nonna, ogni volta che sentiva il rintocco della campana, ci faceva smettere per recitare l’angelus in memoria dei poveri defunti”. 

Con il passare del tempo però l’idea di Dalì fu ridimensionata, fino ad essere considerata il frutto della vivida immaginazione del pittore surrealista. Nell’osservare il dipinto permane però ancora il senso del mistero e la sensazione che non tutto ancora è stato detto.

 

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