Johannes Vermeer: dipingere il silenzio

di Laura Corchia

Immagini intime e domestiche, fatte di piccole realtà quotidiane e di una luce che illumina e indaga ogni oggetto con minuzia descrittiva e grande perizia.

Johannes Vermeer è un pittore capace di descrivere scene sembrano congelate nel tempo e che pure attraggono per l’enigma che portano con sé.

Nato a Delft nel 1632, era figlio di un tessitore di seta che esercitava anche la professione di mercante d’arte. Della sua vita abbiamo poche notizie certe e anche le sue poche opere sono avvolte da un alone di mistero. Le uniche fonti sono alcuni registri, pochi documenti ufficiali e commenti di altri artisti.

Johannes Vermeer, Lezione di musica, 1662
Johannes Vermeer, Lezione di musica, 1662

Ciò che colpisce in Vermeer è la luce, memore dell’illustre tradizione fiamminga del XV secolo. Con ogni probabilità, egli faceva uso della camera oscura per definire l’esatta fisionomia dei personaggi raffigurati e la precisa posizione degli oggetti nella composizione dei dipinti. L ‘utilizzo di questo strumento ottico giustificherebbe ampiamente la mancanza di disegni preparatori precedenti ai dipinti di straordinaria precisione “fotografica” e fisiognomica di molti artisti fiamminghi, come Van Eyck, e successivamente di epoca barocca, come Caravaggio o Velázquez, ed appunto dello stesso artista olandese. Ma soprattutto l’uso della “camera oscura” spiegherebbe anche i curiosi effetti “fuori fuoco” che si riscontrano alcuni suoi capolavori, dove certi particolari sono perfettamente a fuoco ed altri no, con un tipico effetto riscontrabile nella moderna tecnica fotografica.

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Johannes Vermeer, La mezzana, 1656
Johannes Vermeer, La mezzana, 1656

Marcel Proust, grande estimatore di Vermeer, riteneva La veduta di Delft come il quadro più bello del mondo”e, nella Recherche, lo adotta come termine di paragone per individuare le regole della scrittura perfetta: “è così che avrei dovuto scrivere … I miei ultimi libri sono troppo secchi, avrei dovuto stendere più strati di colore, rendere la mia frase preziosa in sé, come quel piccolo lembo di muro giallo.”

I soggetti preferiti da Vermeer sono le scene intime e domestiche: una ragazza intenta a scrivere una lettera o a suonare uno strumento, una visita in salotto, una donna che versa del latte da una brocca, una ripresa della città. Così scrive Emilio Tadini in un articolo comparso sul Corriere della Sera nel 1996: “I gesti dei personaggi di Vermeer sono semplici, comuni. Sono gesti pratici. Donne, in quiete stanze, quietamente si danno alle opere, meditano quietamente…..Nessuna tragedia palese, certo, nella pittura di Vermeer. Ma anche questo mondo ospita ombre, ospita l’ Estraneo. In queste case, simili a miti fortezze alzate contro ogni violenza, abita, nascosta, la figura di una melanconia”.

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Johannes Vermeer, Fanciulla con turbante, 1665
Johannes Vermeer, Fanciulla con turbante, 1665

Una delle opere più note ed apprezzate è La fanciulla col turbante, recentemente ribattezzata come La ragazza con l’orecchino di perla. Datata 1665, questa ignota ragazza dalle labbra tumide e sensualmente dischiuse, si staglia su uno sfondo scuro. I sui occhi sono puntati sull’osservatore, la cui attenzione è catturata dal bellissimo turbante blu e giallo e dal baluginio dell’orecchino. La perla è dipinta utilizzando poche pennellate a goccia, separate l’una dall’altra: è l’occhio umano che ha l’illusione di vederla intera. Come poteva una ragazza di umili condizioni possedere un monile così tanto prezioso? Alcuni studiosi hanno sostenuto che una perla di così grosse dimensioni non esiste in natura e dunque potrebbe trattarsi di un’imitazione in vetro soffiato di produzione veneziana.

Grande narratore della vita, Vermeer ha immortalato piccoli fotogrammi di una realtà rendendoli magici ed eterni. Come ha scritto Mario Quesada: “Il mistero di Vermeer è mistero della bellezza, della leggerezza, dell’ incanto della composizione”, un mistero che resta impresso per sempre nelle sue opere.

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