Il Taccuino di Giovannino de’ Grassi: cenni sull’opera e sul restauro

Di Laura Corchia

Tra la fine del Trecento e l’inizio del Quattrocento, il risveglio dell’interesse per le scienze naturali portò a una nuova attenzione per la rappresentazione della natura.

Piante, fiori, frutti e animali trovarono posto nelle rappresentazioni sacre e profane, incontrando il gusto di una committenza che apprezzava le atmosfere da fiaba e la minuzia descrittiva dei particolari.

Il Gotico Internazionale allora imperante portò alla diffusione di taccuini o libri di modelli che sono veri e propri repertori di temi iconografici e di esempi stilistici.  L’esempio più noto è il Taccuino di disegni di Giovannino De’ Grassi, conservato nella Biblioteca civica di Bergamo, composto da trentuno fogli eseguiti nella stessa bottega, anche se non tutti di mano del maestro.

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Pittore, miniatore, scultore e architetto noto per essere stato attivo presso la Fabbrica del duomo di Milano dal 5 maggio 1389 sino alla morte (5 luglio 1398), Giovannino De’ Grassi si distinse per l’acuto spirito di indagine dei temi, risolti da una forte dose di realismo e per la libera invenzione di forme eleganti, sinuose, epidermiche.

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Il suo quaderno pergamenaceo di disegni (Bergamo, Bibl. Civ. A. Mai, Cassaf. 1.21, già Delta 7-14), prevalentemente di animali, motivi decorativi e araldici, figure e immagini del repertorio cortese e con un alfabeto in minuscole gotiche corsive composte con figure d’uomini, animali ed esseri fantastici nel gusto della drôlerie, reca la scritta “Iohininus de Grassis designavit”, interpretabile come firma dell’artista (Cadei, 1984). I quattro fascicoli di cui è composto sono rilegati con una semplice coperta di cartone, realizzata quasi certamente in un’epoca successiva.

Nel 1997, il codice è stato sottoposto ad un intervento di studio e di restauro, coordinato dall’Opificio delle Pietre Dure di Firenze.

Le indagini diagnostiche, condotte con metodologie non invasive, hanno permesso di gettare nuova luce sulla tecnica esecutiva, sui materiali usati per il disegno e sulle cause di alcune alterazioni. In particolare, l’opera è stata sottoposta a:

  1. Riflettografia in IR e riprese in falso colore;
  2. Spettrofotometria FT-IRSpettroscopia di riflettanza non-distruttiva;
  3. Spettroscopia micro-Raman;
  4. Emissione di raggi X indotta da protoni(PIXE).
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Una volta terminate le indagini preliminari, si è proceduto con il restauro. L’Opificio si è occupato degli interventi su pergamena e sul materiale grafico e pittorico: ricostituzione della configurazione più vicina all’originale del codice, pulitura con trattamenti a secco e ad umido aventi lo scopo di eliminare lo sporco depositato in superficie, trattamento delle macchie, fissaggio del colore, effettuato solo sui film pittorici verdi (composti da piombo e stagno) che presentavano un avanzato stato di decoesione dal supporto membranaceo.

Un’operazione di restauro particolarmente complessa hanno richiesto i fogli dell’Alfabeto monocromo 26Rv e 27r, sottoposti in passato ad interventi molto invasivi, che ne avevano modificato completamente la configurazione strutturale ed il valore estetico. Il recto dei fogli era stato parzialmente occultato da uno strato protettivo di velo di Lione, mentre il verso era stato controfondato con un pesante supporto di carta, il tutto al fine di creare una pagina unica. Il restauro ha comportato l’asportazione a bisturi del velo di seta sotto microscopio elettronico, il recupero dei due foglietti membranacei e il loro montaggio secondo quella che era la conformazione dell’originale più antico. Durante le fasi di restauro è venuto alla luce anche un particolare dell’alfabeto completamente forato per la trasposizione in spolvero, che si configura come uno dei più antichi esempi di questa pratica su pergamena.

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La Biblioteca Nazionale ha provveduto a smontare i fascicoli e a rilegarli con la sua coperta originale. Il codice è stato poi posto in un contenitore progettato per prevenire futuri attacchi da parte di insetti, umidità e luce e per garantirne una migliore conservazione.

 

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