Gustav Klimt: il “Fregio di Beethoven”, opera sospesa tra musica e pittura

Di Laura Corchia

Tra il 1901 e il 1909 l’arte di Gustav Klimt raggiunge la sua piena maturità. Opera emblematica di questo periodo è il Fregio di Beethoven, opera monumentale commissionata dalla Secessione per rendere omaggio alla scultura raffigurante il grande musicista eseguita da Max Klinger.

Il Fregio di Klimt mostra un fiero cavaliere che attraverso la poesia guida l’umanità verso il superamento del dolore della vita, e raggiunge la felicità nell’abbraccio amoroso. Lunga ben 24 metri, l’opera prende spunto dal coro finale della Nona sinfonia di Beethoven. Come molti uomini del suo tempo, Klimt si nutriva di musica classica e in moltissimi suoi quadri compaiono soggetti musicali: dalla Suonatrice d’organo (1885) al Ritratto del pianista Joseph Pembauer (1890), dall’ Allegoria della Musica I (1895) allo Schubert al piano (1898-1899).

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Il Fregio è illustrato dallo stesso Klimt nel catalogo della mostra allestita in occasione del padiglione della Secessione: “Prima parete lunga di fronte all’ingresso – L’Anelito alla felicità. Le sofferenze della debole umanità. Le sue preghiere alle forze esterne. Compassione e orgoglio quali forze interiori che spingono il forte cavaliere armato a intraprendere la lotta per la felicità. Parete più stretta – Le forze ostili. Il gigante Tifeo contro il quale perfino gli dèi hanno combattuto invano. Le sue tre figlie, le Gorgoni: Malattia, Follia, Morte. Lussuria, Impudicizia, Intemperanza, Accidia. Gli aneliti e i desideri dell’umanità volano al di sopra di loro. Seconda parete lunga – L’anelito alla felicità si placa nella Poesia. Le arti ci conducono in un regno ideale, in cui possiamo trovare la pura gioia, la pura felicità, il puro amore. Coro degli angeli del paradiso ‘Gioia meravigliosa scintilla divina’, ‘Questo bacio al mondo intero’. 

L’albero della poesia è di aspetto uterino, una campana protettiva che contiene l’unione fallica dei due amanti, perfetta fusione dell’elemento maschile con quello femminile.

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Il racconto procede con una calibrata alternanza di pieni e di vuoti, come mimando le variazioni di intensità di una partitura musicale. Anche la disposizione delle figure raggiunge un effetto sinfonico che tocca l’apoteosi nell’alternanza dei colori.

Per quanto riguarda il soggetto trattato si deve notare il superamento della visione pessimistica dei dipinti eseguiti per l’Università. Solo dopo aver sconfitto le forze malvagie il cavaliere potrà raggiungere la felicità attraverso la Poesia e ricongiungersi all’amata all’interno di un giardino fatato cosparso di fiori.

In questo racconto si coglie la doppia valenza che Klimt attribuisce alla sensualità femmnilie, malvagia e disgregatrice nelle figure dei Gorgoni; pacificante e consolatoria in quelle delle voci angeliche e della poesia.

Metafora della forza dell’arte e del cammino faticoso dell’uomo verso l’elevazione spirituale, il fregio conobbe subito un immenso successo, e si attirò contemporaneamente numerose critiche. Una recensione del Reichswehr Tageszeitung riporta: “quelle del Fregio sono tra le donne più malvagie che abbia mai visto. Ne deduco che Klimt le abbia dipinte per farci un dispetto”. La morale pubblica fu infatti colpita dalla nudità e dalla sgradevolezza di alcune figure femminili, oltre che dal loro esplicito contenuto erotico, fino al punto da farsi beffe del pittore con grossolano sarcasmo. “Klimt – accusa un giornalista – ha nuovamente realizzato un’opera all’altezza della quale sono soltanto tre persone: un medico e due infermieri”. E pare che anche il conte Karl Lankoronski, famoso collezionista di arte antica, si aggirasse furibondo per le sale gridando a ogni passo: “Atroce!”. 

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L’opera era stata realizzata su materiali effimeri, uno strato di intonaco applicato s un incannucciato, con l’ausilio di colori a caseina e materiali eterogenei (specchi, vetri colorati, bottoni e bigiotteria). Era infatti previsto che venisse distrutta al termine della mostra. Tuttavia, Carl Reininghatus, un ricco industriale, decise di acquistarla, ricoverandola in uno scantinato di sua proprietà. Qui, attaccata dall’umidità e sbriciolata dalle vibrazioni causate dalla tramvia, è rimasta fino al 1970, quando un difficile lavoro di restauro ne ha reso nuovamente possibile la collocazione all’interno del palazzo della Secessione.

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