L’Anello di Carvilio: un gioiello di epoca romana

L’Anello di Carvilio, conservato oggi presso il Museo Archeologico di Palestrina, rappresenta un gioiello di inestimabile valore affettivo. Fu fatto realizzare da Aebutia Quarta, madre del giovane, distrutta dal dolore per la sua prematura morte. 

Il volto evanescente di Carvilio, figlio di Aebutia Quarta e morto in circostanze misteriose, emerge dall’opalescenza del cristallo di rocca che lo riveste. Il prezioso anello, ritrovato nell’Ipogeo delle Ghirlande a Grottaferrata, racconta il dolore di una madre alla quale un destino impietoso ha strappato l’affetto più caro.

Ma, prima di raccontarvi questa triste storia, ripercorriamo le tappe del suo rinvenimento.


Il ritrovamento dell’Anello di Carvilio a Grottaferrata

L’Anello di Carvilio, uno dei più preziosi gioielli romani giunti fino a noi, è stato ritrovato casualmente nel 2000 nell’Ipogeo delle Ghirlande, una tomba romana situata nei pressi di Grottaferrata (periferia sud-est di Roma). Durante i lavori per la rimozione di un traliccio su un terreno privato che sorge nelle vicinanze della via Latina, gli operai trovarono alcuni gradini che conducono alla porta di una tomba romana risalente al I sec. d.C. che, incredibilmente, era ancora sigillata.

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Una volta aperta, gli archeologi sono riusciti a penetrare in un sacello sotterraneo e, nell’oscurità, hanno scorto due sarcofagi. Sul primo c’è scritto “Carvilio Gemello”, sul secondo è riportato il nome di “Aebutia Quarta”. Al loro interno vennero ritrovate due mummie perfettamente conservate grazie al processo di imbalsamazione al quale erano state sottoposte.

Lo scheletro di Aebutia, ricca matrona romana che aveva avuto due figli da mariti diversi, era addobbato con ghirlande di fiori (lilium, rose e viole), indossava una veste di seta e aveva il capo ricoperto da una parrucca rossa realizzata con capelli umani, fibre vegetali e crini animali ed impreziosita da una reticella d’oro.

Ma la vera sorpresa è stata il rinvenimento, al dito della defunta, del prezioso anello a fascia. Il volto di un giovane, protetto dal castone in raro cristallo di rocca, emerge dal fondo scuro. Ha il torso nudo, capelli ricci, naso adunco e labbra sottili.

L’Anello di Aebutia racconta la storia di un dolore

Il giovane Carvilio era nato probabilmente dal primo matrimonio di Aebutia con Tito Carvilio della famiglia Sergia. La sua vita però fu molto breve. Morì prematuramente all’età di 18 anni, forse a causa di una setticemia (il femore è risultato fratturato) o di un avvelenamento (come parrebbe rilevare la presenza di arsenico nelle fibre dei capelli), facendo sprofondare la madre in un dolore inimmaginabile e spingendola a commissionare l’anello che ha commosso archeologi e studiosi. Possiamo immaginare Aebutia fermarsi di tanto in tanto, accarezzare quel volto tanto amato e prematuramente perduto e bagnarlo di calde lacrime.

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Ma le separazioni non sono mai definitive: raggiunse il figlio all’età di 40-45 anni e, probabilmente, aveva in grembo una piccola creatura, dal momento che nel suo sarcofago furono ritrovate delle piccole ossa.

Oggi l’Anello di Carvilio è custodito in una teca a Palestrina e, incrociando il suo giovane sguardo, non si può fare a meno di provare commozione e dolore per una storia che, a distanza di 2000 anni, tocca ancora le corde più profonde dell’anima.

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