Le vetrate a tema religioso di Marc Chagall

di Selenia De Michele

“Per me una vetrata è una parete trasparente  posta tra il mio cuore e il cuore del mondo”

Marc Chagall (1887 – 1985)

L’incontro tra Chagall, la decorazione delle chiese e l’antichissima tecnica delle vetrate avvenne nel 1952 in occasione dei lavori di abbellimento richiesti dalla cattedrale di Chartres, committenza importante per l’artista giunta in concomitanza con la fase più creativa della sua pittura, quando presero l’avvio le opere di ispirazione biblica. Oltre a Chartres Chagall lavorò a diversi cicli di vetrate come quelle progettate nel 1958 per la cattedrale di Saint Etienne a Matz con le Storie dell’Antico e Nuovo Testamento. Qualche anno dopo, nel 1964, progettò le vetrate per la sede delle Nazioni Unite e per la chiesa di Pocantico Hill nello stato di New York. L’opera è un tributo alla memoria di Dag Hammarskjold, segretario generale dell’Onu, e di altri quindici uomini che persero la vita insieme a lui in un disastro aereo in Africa nel corso di una missione di pace. Hammarskjold era un ammiratore di Chagall e l’artista accettò di donare il disegno originale per le vetrate come tributo alla sua memoria. Nell’opera prevalgono i toni del blu colore che si fece portavoce degli ideali di pace e fratellanza per i quali furono fondate le Nazioni Unite. Al centro vi era la figura di un bambino baciato sulla guancia da un volto angelico che emerge da una massa di fiori, mentre sulla destra è raffigurata l’umanità e la sua aspirazione alla pace, i suoi profeti, le sue vittime e i simboli del diritto. Sulla sinistra, in alto e in basso, si ripetono le immagini della maternità affiancate a quelle di coloro che lottano per la pace.

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vetrata Reims
Il ciclo di vetrate più famoso è forse quello terminato nel 1974 per la cattedrale di Reims, una delle città francesi più importanti in epoca medievale. La cattedrale, vero gioiellino dell’arte gotica, imponente ed essenziale fu protagonista di una discussa e riuscitissima concessione al moderno proprio con la decisione di decorarla con una nuova vetrata la cui realizzazione fu affidata all’estro di Chagall. Il suo progetto aveva lo scopo di armonizzare le nuove creazioni con quelle presenti. La sua opera era destinata al deambulatorio della cattedrale, in posizione centralissima quindi, e si impegnava ad illustrare l’unione tra Antico e Nuovo Testamento nella figura di Gesù. Delle tre vetrate realizzate quella centrale illustra esplicitamente il tema riunendo nelle due bifore una serie di episodi significativi: dal basso vi è l’apparizione di Dio ad Abramo che stringe con lui il patto di alleanza; a seguire il Sacrificio di Isacco è una prefigurazione di quello di Cristo; in cima compaiono la Crocifissione e la Resurrezione. Come in molte sue opere anche qui si fondono le tante suggestioni di una vita nomade. Della sua terra natale, la Russia,  conservò per tutta la vita l’influsso dell’arte popolare, mentre i tratti più accademici del suo stile si devono agli anni di studio a San Pietroburgo.
Qualche anno prima, nel 1961, Chagall si era cimentato con un monumentale ciclo di vetrate, realizzando una grande composizione per la sinagoga della clinica universitaria Hazada a Gerusalemme. Ogni vetrata rappresenta una tribù di Israele seguendo alla lettera le parole della profezia di Ezechiele: ” Le porte della città avranno il nome delle tribù di Israele. Tre porte a Settentrione, la porta di Rben, Giuda e Levi. Sul lato dell’Oriente tre porte: la porta di Giuseppe, Beniamino e Dan. Sul lato meridionale tre porte: la porta di Simeone, Issacar e Zabulon. Sul lato occidentale tre porte: la porta di Gad, Aser e Neftali”. L’artista si trovò qui ad affrontare un progetto di natura diverso rispetto a quello delle cattedrali: la sinagoga è innanzitutto un luogo di riunione e l’unico imperativo liturgico relativo la sua edificazione è la necessità di finestre, collegate al succedersi delle tre preghiere del mattino, del mezzogiorno e della sera. Per questa ragione le dodici vetrate, disposte a tre a tre lungo le quattro pareti, hanno una particolare vibrazione cromatica che si anima con tonalità diverse a seconda delle variazione dell’ora. Il risultato è che quando si leva lo sguardo la parete di vetro colorato attraversata dalla luce rappresenta esattamente l’idea che Chagall aveva di “metafora visiva della trascendenza”.

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vetrata metz
La cosa sicuramente più interessante è la procedura di realizzazione delle vetrate. A differenza della pittura, condotta in solitaria meditazione, la lavorazione del vetro presuppone l’uso di un laboratorio che riavvicina il gesto dell’artista a quello dell’artigiano. Il lavoro di Chagall procedeva per fasi successive, a partire dalla realizzazione di una maquette, la prima proposta dell’artista cioè che serviva a dare l’idea dell’assemblaggio di piombi e vetro, vero scheletro della vetrata. Si trasferiva poi l’idea dei disegni in un bozzetto preparatorio più elaborato.

Vetrate sinagoga Hadassah

Questa maquette definitiva veniva fotografata in bianco e nero ed ingrandita fino alla dimensione reale della vetrata per ricavarne il cartone preparatorio e la griglia dei piombi. Sicuramente non era facile per gli artigiani che lo seguirono in queste imprese riprodurre la ricchezza e la profondità cromatica tipica di Chagall. Per raggiungere i risultati straordinari di Reims e Metz venne recuperata la tradizione medievale del vetro placcato, che sovrappone al vetro incolore o a quello colorato una lastra dello stesso colore o di un tono differente per ottenere una gamma cromatica e tonale infinitamente vasta.
Chagall potè così lavorare come con una tavolozza adattando liberamente il colore dei vetri alla sua creatività.

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