La Sagrada Familia di Antoni Gaudí: la costruzione infinita

di Laura Corchia

Progettata dall’architetto catalano Antoni Gaudí, la Sagrada Familia rappresenta una delle attrattive principali di Barcellona. Il suo fascino risiede nel forte simbolismo religioso incarnato dai numerosissimi elementi architettonici e nel suo stato di perenne incompiutezza.

La sua costruzione si deve all’ Associació Espiritual de Devots de Sant Josep, nata nel 1866. Inizialmente affidati all’architetto Francesc del Villar, i lavori proseguirono sotto la guida di Antoni Gaudí, famoso non solamente per le sue geniali soluzioni architettoniche, ma anche per la rigidità del carattere e per l’inflessibilità delle sue decisioni. L’architetto, infatti, nella progettazione perseguiva tenacemente le proprie idee, senza preoccuparsi se ne sarebbero derivati problemi con i permessi edilizi o spese straordinarie.

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Per meglio seguire l’andamento dei lavori, Gaudí si trasferì letteralmente nel cantiere, installandovi il proprio studio e lavorando alacremente al progetto per oltre quarant’anni. All’epoca aveva appena 31 anni, ma aveva già alle spalle una considerevole esperienza.

Convinto che la linea dritta sarebbe propria dell’uomo, mentre quella curva della natura e soprattutto di Dio, egli non seguì una costante linea progettuale, che fu dunque variata in base all’avanzamento dei lavori e all’estro inesauribile del suo genio creativo. Pertanto, possiamo avere un’idea di ciò che la Cattedrale avrebbe dovuto essere in base a più modelli scultorei pervenuti fino a noi e ai numerosi disegni di piante e alzati.

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«Il grande libro – affermava – sempre aperto e che conviene sforzarsi di leggere, è quello della natura. Gli altri libri sono tratti da questo e contengono gli errori e le interpretazioni degli uomini. Ci sono due grandi rivelazioni: una dottrinale, della morale e della religione e l’altra, che ci guida attraverso i fatti, che è quella del grande libro della natura». «Ogni cosa proviene dal grande libro della natura – aggiungeva Gaudí –; le opere degli uomini sono già un libro stampato. Vedete quell’albero vicino al mio laboratorio? Lui è il mio maestro».

Ma da dove veniva tanto amore per la natura? Dai ricordi della sua infanzia, trascorsa interamente a Riudoms a causa di una malattia di natura reumatica: Lì «con i vasi di fiori, circondato da vigneti e uliveti, animato dal chiocciare delle galline, dai canti degli uccelli e dal ronzio degli insetti, e con le montagne di Prades a fare da sfondo, potei cogliere le più pure e gioiose immagini della natura. Questa natura che sempre mi è maestra […] A causa della mia malattia, dovetti astenermi spesso dal giocare con i miei compagni, cosa che favorì in me lo spirito di osservazione. Così, quando il maestro spiegò in una lezione che gli uccelli avevano ali per volare, osservai che le galline della nostra fattoria hanno ali molto grandi e non sanno volare: le utilizzano per correre più velocemente». Martinell racconta di come Gaudí avesse l’abitudine di spiegare ai visitatori la propria idea di bellezza: «Noi abitanti dei Paesi bagnati dal Mediterraneo – diceva – sentiamo la bellezza con più intensità degli abitanti dei Paesi del Nord, ed essi stessi lo riconoscono. […] Abbiamo l’obbligo di infondere questo sentimento di vita nelle nostre opere, nel cui aspetto deve riflettersi il nostro modo di essere». Era inoltre solito raccontare un curioso aneddoto legato alla progettazione di casa Vicens, altro sucapolavoro: «Quando andai a prendere le misure del terreno, questo era interamente coperto da fiorellini gialli; fiorellini che sono stati ripresi come motivo fondamentale delle piastrelle in ceramica. Trovai anche un esuberante margallón [palma], la cui forma delle foglie, come fuse nel ferro, formano le inferriate e la porta di ingresso».

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Dopo la sua tragica morte, avvenuta nel 1926, la costruzione subì una brusca interruzione a causa dello scoppio della Guerra Civile Spagnola. I lavori ripresero sotto la direzione dell’architetto Francesc Quintana. A lui si devono, tra l’altro, il restauro della cripta e la ricostruzione dei preziosi modellini.

Delle tredici guglie previste da Gaudí, ne sono state realizzate quattro, collegate tra loro da una fascia e sovrastanti un portale che si estende in tutta la parte bassa della chiesa.

Al 1954 risale la splendida facciata della Passione e l’incorporazione delle sculture di Josep M. Subirachs.

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L’insieme delle figure rappresentate e l’espressivo baluginio della luce che invade le superfici testimoniano la volontà di rappresentare un’intera cosmogonia. Colpisce, tra l’altro, la navata centrale, pensata per apparire come un fitto bosco, con le colonne che fungono da tronchi degli alberi e con la luce che si insinua tra le vetrate e crea straordinari giochi di colori sulle pareti.

Questo straordinario tempio può essere considerato alla stregua di un libro aperto, capace di raccontare ogni giorno una storia fatta di Fede e di profonda spiritualità. Ogni singolo elemento parla un linguaggio autonomo e persino il silenzio ha qualcosa da dire a chiunque abbiamo in animo di ascoltare.

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BIBLIOGRAFIA E SITOGRAFIA CONSULTATE PER LA REDAZIONE DI QUESTO ARTICOLO:

  • G. Dorfles, F. Laurocci, A. Vettese, Storia dell’Arte vol. 3 – Novecento e oltre, Atlas
  • Lluís Martínez Sistach, Architettura. La creazione secondo Gaudí, articolo pubblicato sul sito di Avvenire in data 16 gennaio 2015