Goethe e Walden: parole e immagini per narrare il dolce “canto di un’anima solitaria”

di Laura Corchia

“Queste donne, egli aggiunse, hanno la consuetudine di sedere sulla riva del mare mentre i loro mariti sono fuori per la pesca; esse fanno echeggiare con gran voce in su la sera i loro canti, finché anch’esse da lontano odono la voce dei loro cari, e in tal modo su intrattengono scambievolmente. Tutto questo non è molto bello? Colui che ascolta da vicino s’intende bene che non può provare tutto il piacere che danno queste voci in lotta con le onde del mare. Ma l’idea di questo canto diventa umana e vera, e la melodia, la cui lettera morta ci aveva torturato il cervello, diventa viva. È il canto che un’anima solitaria fa sentir da lontano, affinché un’altra anima solitaria, e mossa dallo stesso sentimento, ascolti e risponda”.

Leggendo questo bellissimo passo di Goethe, tratto dal suo Viaggio in Italia, non si può fare a meno di chiudere gli occhi per un solo istante e di immaginare la languida scena che si svolge sulle rive della Laguna Veneta. All’improvviso, la mente vaga senza sosta alla ricerca di un’immagine visiva, di un dipinto che bussa alla memoria come i rintocchi di un orologio. Eccolo, dunque. Opera di un pittore di origine americana. Si chiamava Lionel Walden e nacque a Norwich in Connecticut in 1861. Come tutti gli artisti dell’epoca, studiò pittura a Parigi dove ebbe modo di accostarsi allo stile degli Impressionisti.

Reverie in Brittany by Lionel Walden
Reverie in Brittany by Lionel Walden

La donna raffigurata nel suo dipinto sembra attendere qualcosa o qualcuno, esattamente come le donne descritte da Goethe. Sembra quasi di sentirne il dolce canto, mentre si sporge dal parapetto per avvicinarsi forse a quell’altra metà del suo cielo. La luna si specchia nelle acque placide del mare, dove forse il suo uomo sta pescando. Chissà se mai tornerà, chissà se potrà mai rivedere i suoi occhi. Chissà se il dolce canto di quest’anima solitaria giungerà a destinazione.

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