Carlo Crivelli: pittore controcorrente

di Laura Corchia

Figlio del pittore Iachobus de Chriveris, Carlo Crivelli nacque a Venezia attorno al 1430. Nessun documento ci attesta la sua formazione, ma appare ragionevole che egli risentì delle influenze dello Squarcione, di Mantegna e dello Schiavone. Inoltre, è plausibile un apprendistato presso la bottega dei Vivarini, all’epoca attivi a Venezia.

Nel 1457 fu condannato a sei mesi di carcere e a duecento lire di multa, «perché, innamorato di Tarsia, moglie del marinaio veneziano Francesco Cortese, la rapì dalla casa del fratello di Francesco e la tenne nascosta per molti mesi, avendo con lei rapporti carnali con disprezzo di Dio e dei sacri vincoli del matrimonio». La vicenda del concubinato con la moglie di un marinaio, evidentemente assente da lungo periodo, destò scandalo e fu in tutta probabilità il motivo per cui l’artista si allontanò, senza fare mai ritorno, dalla sua città natale. Il pittore si trasferì dapprima in Dalmazia e poi nelle Marche, dove impiantò la sua bottega.

Madonna Cook, 1470, Washington, National Gallery

Ad Ascoli divenne famoso e numerose furono le commissioni che gli vennero affidate. Le sue opere erano apprezzate per lo stile originale, per il decorativismo, per i colori squillanti, per le linee nervose e scattanti.

Anche se la sua produzione fu concentrata soprattutto su soggetti sacri, Crivelli ha saputo rinnovarne le iconografie: le sue madonne, più che umili personaggi, sembrano nobildonne dell’epoca. Abbigliate con abiti dalla foggia ricercatissima, sfoggiano acconciature elaborate e preziosissimi gioielli di perle. I suoi santi trovano posto in polittici ancora di gusto tardogotico, resi con sfarzo e minuzia descrittiva.

Carlo crivelli, Madonna col bambino, 1480 ca

Crivelli può essere considerato un innovatore, un unicum nel panorama artistico italiano. Capace di fondere antico e moderno in opere i cui soggetti sembrano immersi in uno spazio metafisico ed irreale. Scisse Luigi Lanzi, il primo a menzionare Crivelli: «È pittor degno che si conosca per la forza del colorito più che pel disegno; e il suo maggior merito sta nelle piccole istorie, ove mette vaghi paesetti, e dà alle figure grazia, movenza, espressione […] . Per il succo delle tinte e per un nerbo di disegno questo pittore può a buon diritto chiamarsi pregevolissimo tra gli antichi. Si compiacque d’introdurre in tutti i suoi quadri delle frutta e delle verdure, dando la preferenza alla pesca ed al citriolo; quantunque trattasse tutti gli accessorj con bravura tale che in finitezza ed amore non cedono al confronto de’ fiamminghi. Non sarà inutile accennare che i suoi quadri sono condotti a tempera e perciò a tratti, e sono impastati di gomme sì tenaci che reggono a qualunque corrosivo; motivo per cui si mantennero lucidissimi».

 

RIPRODUZIONE RISERVATA