Uno sguardo su Neapolis: Il complesso Monumentale di San Lorenzo Maggiore

di Chiara Riccelli

Tra i vicoli stretti del centro storico di Napoli, si inciampa ad ogni passo in un luogo intriso di bellezza. Ognuno dei suoi angoli conserva una storia che resta in attesa di essere scoperta, ognuna di esse non delude l’animo dell’osservatore curioso; ognuna gelosamente conserva il suo mistero e gentilmente ne svela la bellezza.


Questa volta ci troviamo in Piazza San Gaetano nei pressi della vivace San Gregorio Armeno. Qui sorge il complesso monumentale di San Lorenzo Maggiore, una costellazione di testimonianze della storia plurisecolare della città di Napoli che tutt’oggi dà continuità di vita alla sua identità. Partiamo dalla sua più recente conformazione per addentrarci poi tra le sue arterie più profonde, per scoprire il suo sottosuolo e conoscerne la genesi.

Da Piazza San Gaetano si arrampicano le gradinate che conducono alla Basilica di San Lorenzo Maggiore, riconosciuta tra le più antiche di Napoli, nasce come chiesa paleocristiana intorno al 537-557 per volere del Vescovo di Napoli Giovanni II. Dopo diversi secoli di incuria ed abbandono, la chiesa viene donata nel 1234 per volere di Papa Gregorio IX all’ordine dei frati francescani, ed è proprio in questo periodo che la Basilica inizierà ad assumere l’aspetto che oggi conosciamo.                                                                                                                                           Invero, a seguito di un periodo di confusione politica verificatasi durante le dominazioni Normanna e Sveva, la città di Napoli riconquista la sua importanza politica, culturale ed artistica con l’avvento della dinastia Angioina. In particolare, sarà Carlo I D’Angiò a promuovere una serie di opere di rinnovamento dei luoghi cardine della città, e tra le numerose opere, nel 1270 avviò anche la  ricostruzione dell’intera Basilica per donarle l’antico splendore.

Facciata esterna della Basilica di San Lorenzo Maggiore

La progettazione interna dell’edificio fu affidata a numerose maestranze francesi che ne determinarono uno straordinario esempio di stile gotico-francese, facendo acquisire così alla Basilica una nuova veste. La conformazione interna della Basilica tutt’oggi in essere è caratterizzata da una navata centrale, da un’abside, da 23 cappelle laterali, e da un transetto.                                                                                                

L’abside rappresenta una delle più importanti testimonianze in Italia dello stile gotico francese, infatti presenta una conformazione poligonale con volte a crociera e cappelle radiali illuminate da alte finestre bifore e trifore. Osservando il deambulatorio (corridoio posto al lato), si scorge il monumento sepolcrale di Caterina d’Austria prima moglie del duca Carlo di Calabria, nonché figlio di re Roberto d’Angiò, probabilmente si tratta della prima opera napoletana di Tino da Camaino; qui è presente un tabernacolo (edicola o nicchia) sorretto da statue raffiguranti la Speranza e la Carità. Sotto la sesta arcata, invece, sono conservati gli straordinari affreschi di Antonio Cavarretto, discepolo di Giotto, raffiguranti Storie della Vergine. L’altare maggiore invece di epoca rinascimentale, è opera di Giovanni da Nola, qui sono collocate le statue di San Lorenzo, San Francesco e Sant’Antonio, ed in basso viene raffigurato il martirio dei tre santi; San Lorenzo, San Francesco con il lupo di Gubbio e Sant’Antonio che parla ai pesci, tutte e tre le opere hanno come sfondo la città di Napoli così com’era in epoca rinascimentale.

Il chiostro ed il convento, invece presentano ad oggi numerose modifiche apportate in epoca settecentesca. Invero, la sua forma originaria ed i suoi numerosi affreschi riconducibili al periodo gotico trecentesco ne sono visibili in piccolissima parte. In particolare, il convento, che originariamente veniva frequentato dai frati francescani, fu utilizzato in seguito per le riunioni del Consenso Cittadino, con una funzione simile al nostro attuale Municipio. Questo utilizzo è ancora oggi testimoniato dalla presenza sulla facciata esterna degli stemmi dei sette sedili (o seggi), ognuno corrispondente ad una zona della città. I sedilierano delle istituzioni amministrative della città i cui rappresentanti erano esponenti delle casate nobiliari della città, tale funzione fu aboliti solo successivamente da Ferdinando IV di Borbone nel 1800. Pertanto, ogni stemma che ritroviamo sulla facciata esterna del chiostro indica mediante una simbologia specifica il quartiere di riferimento per ogni seggio. Il primo stemma è una “Y” simbolo millenario e controverso, era lo stemma del quartiere Forcella, che potrebbe in questo caso stare ad indicare il simbolo della forca, giacché a Forcella si giustiziavano i condannati all’impiccagione. Andando avanti troviamo la “P”, che sta per “popolo”, era l’emblema dell’unico sedile al quale non partecipava nessun nobile. La porta invece, risalente al XIII secolo simboleggiava la zona di Portanova, detto così perché, durante il periodo greco, le mura di cinta della città furono allargate e fu costruita una Porta Nuova nelle vicinanze del mare. Lo stemma con la montagna risale al XIII secolo, chiamato così perché situato nella parte più alta della città indicava i quartieri situati nella parte alta della città; lo stemma con l’uomo villoso indicava il sedile di porto, risale al XIII secolo, lo stemma rappresenta con molta probabilità il gigante mitologico Orione, figlio di Nettuno. Infine, Il cavallo bianco ed il cavallo nero, anch’essi risalenti al XIII secolo simboleggiavano rispettivamente il quartiere Capuano ed il quartiere Nilo, il colore dei cavalli è legato alla posizione geografica dei due quartieri.                                                                                                                                    Il chiostro ed il convento oltre ad avere un’importante funzione liturgica e politica furono inoltre teatro di incontri e luogo di meditazione di personaggi illustri Si narra infatti che qui Boccaccio si innamorò di Maria dei Conti D’Aquino meglio conosciuta come Fiammetta, la donna che animò la sua elegia. E che proprio tra le mura del vecchio convento il poeta Francesco Petrarca fu ospitato dai Frati Minori per contemplare il Divino ed ammirare le bellezze della città.

Procedendo nel nostro percorso all’interno del complesso e percorrendo i corridoi sotterranei ci ritroviamo immersi passo dopo passo a ritroso di millenni, collocandoci in un lasso temporale che va dal V sec. a.C. fino al I d.C.                                                                                                    Raggiungendo il sottosuolo cavo della chiesa a dieci metri di profondità è possibile osservare una porzione di una più ampia superficie (l’intera area sovrastante di piazza San Gaetano) che in epoca greco-romana veniva occupata dalle principali attività commerciali della città. L’area archeologica è il più rilevante sito archeologico presente nel centro storico di Napoli per il suo valore monumentale e topografico, che ci permette di stabilire la conformazione fisica dei luoghi che hanno abitato la città a partire dal V sec. a.C.Infatti, Già a partire dal V secolo a.C., era stata designata al centro della città greco-romano una piazza che, sfruttando il pendio della collina, si distribuiva su due livelli corrispondente all’attuale via dei Tribunali; la parte inferiore era destinata alle attività commerciali, mentre la parte superiore, era riservata alle funzioni politiche. Già dal chiostro è possibile osservare i primi scorci dell’area archeologica che si sviluppa nel sottosuolo, in particolare si può vedere una parte del macellum (il mercato romano). Questo era costituito da un porticato, su cui si aprivano diverse botteghe, e da un cortile interno scoperto, al centro del quale era collocata un edificio circolare destinato alla vendita degli alimenti. Sono però i livelli inferiori dello scavo a chiarire la complessa stratificazione del tracciato urbano. Infatti, all’età greca corrisponde il tracciato di una strada, uno stenopos, poi definito cardo (cardine), messo in luce al di sotto del transetto della chiesa. L’antica via correva lungo il lato orientale di un edificio romano assumendo così anche la funzione di sostegno artificiale della terrazza sovrastante, sulla quale era posizionato poi il mercato. Il mercato romano si componeva di una serie di nove botteghe (tabernae), in cui si svolgevano attività commerciali e artigianali ed in cui ancora oggi è possibile vedere un forno e vasche per la tintura dei tessuti, i quali prevedevano un sistema di collegamento idrico. Alla fine del cardine, sulla destra, si giunge al mercato coperto (criptoportico) con volta a botte e lucernari per l’ingresso dell’aria e della luce solare, il quale presenta diversi ambienti collegati fra loro e ognuno dotato di banconi per l’esposizione delle merci in vendita. Tra questi facevano eccezione tre ambienti, che probabilmente costituivano l’erarium, luogo in cui era custodito il tesoro cittadino. La disposizione e l’utilizzo di questi spazi rimase invariata fino al V secolo d.C., momento in cui area fu invasa e ricoperta da una colata di fango di origine alluvionale, per cui fu abbandonata, e costituì la base per la costruzione della basilica paleocristiana.

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Al percorso tracciato dal cardine suburbano si va ad aggiungere un importante tassello che completa il quadro temporale ed arricchisce il percorso di visita. Attraversando il portico è possibile giungere ad un’ambiente in cui è conservata una monumentale opera idraulica di epoca tardo-ellenistica, che serviva ad incanalare il flusso delle acque sfruttando le pendenze naturali All’interno di quest’ala dell’edificio vi sono altri tre ambienti comunicanti che, secondo preliminari indagini avevano funzione di schola, luogo di corporazioni sacre o artigianali.Infine, collegato all’area archeologica è stato allestito negli ambienti cinquecenteschi e nella Torre civica il Museo dellOpera di San Lorenzo, che racchiude l’insieme dei tesori appartenenti ad ogni testimonianza che nei millenni si sono susseguite in questi luoghi. In esso è presentato al visitatore un vero e proprio spaccato della storia di Napoli dall’età classica sino all’Ottocento. Nel suo allestimento cronologico, si passa dai reperti archeologici di epoca greca a quelli di età romana, repubblica e imperiale; dalle testimonianze di epoca tardo-antica a quelle paleocristiane e poi bizantine; dall’alto Medioevo e dalle civiltà Sveva e Normanna sino all’età Angioina e Aragonese, per giungere infine alle sale che ospitano i pastori sette-ottocenteschi della prestigiosa collezione del convento. L’esposizione cronologica delle opere e la disposizione nei luoghi naturali in cui ognuna è stata concepita all’utilizzo arricchiscono il percorso di visita del fruitore, il quale riuscirà ad ottenere una visione di insieme dei luoghi.                                                       Così Mettendo piede a San Lorenzo Maggiore, e seguendo ogni tappa del percorso ci si immerge in una realtà altra, gradino dopo gradino la storia ci accompagna tenendoci per mano e ci racconta di una Napoli lontana secolieppure visibile agli occhi, donandoci un grande privilegio.

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