Lorenzo Lotto: inquietudine e genialità

di Laura Corchia

Per delineare la vita e la personalità del pittore veneziano Lorenzo Lotto (1480-1557) ci affidiamo alle parole di un grande scrittore e saggista polacco, Gustaw Herling-Grudzinski (1919-2000):

Lotto nacque a Venezia sul finire del XV secolo. […] Dipinse molto, ma senza successo; era un girovago, instancabilmente alla ricerca di commissioni anche modeste. Veniva pagato quattro soldi nelle chiese e per i ritratti. La miglior testimonianza del suo carattere è l’esclamazione del velenoso Aretino: “Oh Lotto, come la bontà buono e come la virtù vertuoso!” […] Si diceva che fosse “senza radici”. Voleva essere sepolto nella natia Venezia, ma fu troppo povero per abitarvi prima della morte. Trascorse gli ultimi anni come “oblato” in un convento di Loreto, dove aveva garantito ogni giorno un piatto di zuppa. E là morì approssimativamente a ottant’anni. […] Bernard Berenson scrisse su di lui una grande monografia. Ne trascrivo una frase: “Mai, né prima né dopo Lorenzo Lotto, è riuscito a un artista di dipingere sul volto del modello tanta parte della sua vita interiore

Genio inquieto e tormentato, Lorenzo Lotto nacque nel 1480 a Venezia. di lui si possiedono poche notizie biografiche, in parte ricostruite grazie alla fitta corrispondenza che intrattenne soprattutto nel periodo bergamasco, sui testamenti e sul libro di spese diverse, il suo personale registro dei conti.

Leggi anche  La quercia: albero sacro a Giove e attributo della Vergine
Pala di San Bernardino, 1521, Bergamo, San Bernardino in Pignolo
Pala di San Bernardino, 1521, Bergamo, San Bernardino in Pignolo

Secondo Vasari, Lotto si formò all’ombra di Giovanni Bellini per poi studiare anche lo stile di Giorgione. Altri autori, invece, lo ritengono allievo di Alvise Vivarini. Il giovane artista dovette comunque guardare con interesse anche alla coeva pittura nordica, da cui riprese il patetismo delle scene rappresentate, l’attenzione e il gusto per i dettagli e la resa naturalistica dei particolari Scrive Luigi Lanzi: “Veneta nel totale è la sua maniera, forte nelle tinte, sfoggiata nei vestimenti, sanguigna nelle carni come in Giorgione. Ha però un pennello men libero che Giorgione, il cui gran carattere va temprando con il giuoco delle mezze tinte; e sceglie forme più svelte e dà alle teste indole più placida e beltà più ideale. Ne’ fondi delle pitture ritiene spesso un certo chiaro o azzurro, che se non tanto si unisce colle figure, le distacca però e le presenta all’occhio assai vivacemente. Fu de’ primi e de’ più ingegnosi in trovar nuovi partiti per tavole d’altare […]”.

Sappiamo che viaggiò moltissimo e che fu sempre alla ricerca di committenti che potessero capire ed apprezzare il suo stile. Incapace di cedere a qualsiasi tipo di compromesso, si trovò ripetutamente in difficoltà economiche. Morì infatti povero “solo […] et molto inquieto de la mente” – come egli stesso scrive – dopo essersi disfatto dei suoi migliori dipinti con una specie di lotteria che aveva organizzato a Roma al fine di racimolare qualche denaro.

Leggi anche  "La tua mano": dolcissima poesia di Julio Cortázar

Dalla nativa Venezia si spostò dapprima a Treviso e poi a Recanati. In seguito si trasferì a Roma dove, attraverso una collaborazione alla decorazione delle Stanze Vaticane, entrò in contatto con Raffaello.

Le sue opere migliori, però, risalgono al periodo in cui fu attivo a Bergamo, a quel tempo città appartenente ai possedimenti della Serenissima. Sebbene non fosse un centro culturalmente vivace, Bergamo fu luogo di incontro di esperienze lombarde e venete e Lotto sfruttò bene le opportunità che questa stimolante realtà gli offrì. In questo periodo eseguì soprattutto pale d’altare, cicli di affreschi di tema sacro e ritratti.

Ritratto di Andrea Odoni (1527), Hampton Court, Collezioni reali
Ritratto di Andrea Odoni (1527), Hampton Court, Collezioni reali

I ritratti, in particolare, rappresentano racconti di vite interiori. Lotto riesce ad indagare gli aspetti psicologici e caratteriali dei personaggi effigiati, conferendo loro un’anima viva e palpitante. Nel 1510, per 10 ducati, dipinse uno dei suoi ritratti più celebri: quello di Andrea Odoni. Scrive Carlo Bertelli: “Con gesto eloquente, Odoni ci mostra una statuetta di Artemide Efesia, che allora passava per un’allegoria della Natura. Le anticaglie raccolte sono un’evasione e un rifugio. Il volto non esprime il soddisfatto orgoglio del fortunato collezionista, ma una malinconia invincibile. Nel ritratto d’un giovane aristocratico, sempre eseguito a Venezia, le cedole chiuse e il libro dei conti spalancato, le chiavi abbandonate sul forziere, sembrano indifferenti a colui che è perso in altri pensieri. A lui si rivolge interrogativa una lucertola di bronzo, mentre un anello e i petali d’una rosa sfiorita accennano a una storia che solo lui e Lorenzo Lotto sapevano”.

Leggi anche  Arrigo peloso, Pietro matto e Amon nano: il bizzarro trio dipinto da Agostino Carracci
Lorenzo_Lotto_066
Annunciazione di Recanati (1534 circa), Recanati, Museo civico Villa Colloredo Mels.

Ritornato a Venezia nel 1555, trovò il panorama artistico dominato dall’astro nascente di Tiziano. Faticò non poco a ritagliarsi il proprio spazio espressivo, lavorando intensamente alle proprie opere ma non riuscendo a conquistare il grande pubblico.

Stanco e malato, fece ritorno nelle Marche. L’ultima notizia che abbiamo di Lorenzo Lotto è che nel 1556 inviava quattro scudi d’oro al suo amico Bartolomeo Carpan perché li consegnasse alla “masareta” Meniga, che un giorno lo aveva assistito amorevolmente e che ora stava per sposarsi. Entro il luglio 1557 morì, nel più assoluto silenzio: non si hanno notizie nemmeno delle esequie.

RIPRODUZIONE RISERVATA