Lo studiolo di Francesco I de’ Medici: un “guardaroba di cose rare et pretiose”

di Laura Corchia

A partire dal 1570, Francesco I de’ Medici (1541-1587), figlio di Cosimo, aveva trasformato in uno studiolo l’originaria camera da letto a fianco del “Tesoretto”. In questo ambiente, vi erano 34 tavole dipinte che correvano in due file sovrapposte lungo le pareti; quelle inferiori hanno cornici ovali allungate, quelle superiori sono quadrate. All’altezza delle tavole superiori si aprono due nicchie per angolo, bordate in stucco, nelle quali sono poste otto statuette in bronzo.

Per l’allestimento dello studiolo, Francesco affidò la direzione a Giorgio Vasari, il quale si rivolse all’amico Vincenzo Borghini. A partire dal 1570, i due si scambiarono una fitta corrispondenza e il 18 settembre ebbero inizio i lavori della volta, mentre contemporaneamente tutti i principali pittori lavoravano a una o a due delle tavole.

Borghini descrive innanzitutto la destinazione dello studiolo: “Lo stanzino che di nuovo si fabrica, per quello intendo (che) ha da servire per un guardaroba di cose rare e preziose, et per valuta, et per arte, come sarebbe a dire gioie, medaglie, pietre intagliate, cristalli lavorati et vasi, ingegni et simil cose non di troppa grandezza riposte ne’ proprii armadii ciascuna nel suo genere”. 

5780691768_391861d8e0_b

Francesco I infatti ne richiese la costruzione per riporvi ‘certe sue cose’ e lo ‘stanzino’, come era allora chiamato, venne concepito alla stregua di ‘una guardaroba di cose rare et preziose et per valuta et per arte, come sarebbe a dire gioie, medaglie, pietre intagliate, cristalli lavorati et vasi, ingegni et simil cose, non di troppa grandezza, riposte nei propri armadi, ciascuna nel suo genere’. Gli armadi sono disposti lungo il registro inferiore delle pareti e i dipinti, raffiguranti cene bibliche, mitologiche, storiche, costituivano gli sportelli.

Leggi anche  Viaggio nello Studiolo di Francesco I de Medici, dove si studiava il veleno degli scorpioni

 

Dopo aver definito la destinazione, Borghini definisce il programma iconografico. Secondo l’invenzione di Borghini, ogni lato dello Studiolo era dedicato a uno dei quattro Elementi della natura e raggruppava nei relativi armadi tutti gli oggetti ritenuti appartenenti a quella categoria, come le pietre o le ossa intagliate per la Terra, i distillati e i vetri e metalli forgiati con il calore per il Fuoco, i cristalli per l’Aria o le perle per l’Acqua.

L’intero programma iconografico dello Studiolo è dunque dedicato a celebrare il rapporto tra Arte e Natura, in linea con gli interessi di Francesco I, ricordato non tanto per azioni di governo, quanto piuttosto per la sua passione per le scienze e l’assiduità con cui praticava in prima perso­na l’alchimia, lo studio dei fenomeni “occulti” e varie altre attività sperimentali, dalla fusione del vetro alla ricerca della formula della porcellana.

Il fulcro dello schema iconografico coincide con la decorazione ad affresco della volta che mostra un cosmogramma, con al centro la personificazione della Natura che tende una pietra preziosa a Prometeo, rappresentante l’Arte come inventore delle gemme e degli anelli, e intorno le allegorie dei quattro elementi (terra, acqua, aria, fuoco), delle quattro qualità (freddo, umido, caldo, secco), dei quattro temperamenti dell’uomo (malinco­nico, flemmatico, sanguigno, collerico) e delle quattro stagioni (nelle lunette, a fianco dei ritratti dei genitori del committente).

Leggi anche  Georges Seurat e la tecnica del pointilissme: un nuovo modo di raffigurare la realtà

Il particolare fascino dell’ambiente si deve sia all’originalità dell’invenzione che al felice risultato dell’unione dei contributi dei trentuno artisti diversi, quasi tutti membri della fiorentina Accade­mia del Disegno, che furono chiamati a realizzarla, in competizione l’uno con l’altro. Questa peculiarità fa dello Studiolo una vera e propria summa del tardo Manierismo fiorentino, comprendente opere di alcuni dei più rinomati pittori e scultori dell’epoca, tra cui lo stesso Vasari, Alessandro Allori, Giovanni Stradano, Bartolomeo Ammannati e Giambologna.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Lascia un commento