La Villa romana del Casale a Piazza Armerina. Un documentario in formato mosaico antico

di Fabio Strazzullo

A circa 4 km da Piazza Armerina, in Sicilia, si trova un luogo che conserva ancora perfettamente le immagini di un mondo scomparso da secoli ed è la Villa romana del Casale, un antico edificio abitativo romano risalente al IV secolo d.C. La scoperta avvenne nel 1950 da parte dell’archeologo Gino Vinicio Gentilia e dal 1997 è stata dichiarata patrimonio dell’umanità dell’UNESCO grazie ai suoi splendidi mosaici policromi volti ad attestare non solo l’uso e la funzione dei vari locali, ma anche la ricchezza dei suoi padroni. In questo articolo parlerò degli splendidi mosaici che fanno della Villa il fiore all’occhiello di Piazza Armerina. Capolavori che ancora oggi stupiscono come se fossero antiche foto con quei dettagli della vita di allora, e non la vita di persone qualsiasi, ma dell’antica aristocrazia romana.

Innanzitutto va precisato che quattro zone distinte sono state individuate tra i resti della Villa:
-l’ingresso monumentale con cortile a ferro di cavallo;
-il corpo centrale della villa, costruito intorno ad un peristilio con giardino e vasca mistilinea;
-una grande sala con tre absidi, preceduta da un colonnato ovoidale, intorno a cui sorgono diversi vani;
-il complesso termale.
Superato il cortile principale, si accede in un piccolo ambiente, dove si può già vedere un mosaico, dove sono rappresentati alcuni personaggi togati con la testa cinta di alloro seguiti dagli schiavi che fanno strada con fiaccole per illuminare il loro percorso. Uno di essi reca in mano una saliera, simbolo di buon auspicio. Da qui si entra nel grande e sontuoso peristilio perimetrato da 32 colonne di ordine corinzio e rivestito da mosaici che recano inserti di corone d’alloro con teste di animali, mentre nel suo spazio centrale aperto contiene una grande vasca mistilinea con 3 vasche sovrapposte. Intorno al peristilio ruotano tutte le sale successive della villa.
Nel lato settentrionale, ci sono alcune sale di servizio i cui mosaici presentano sia ornati geometrici che figurati, tra cui uno con scene di storia romana come il ratto delle Sabine e un altro con putti pescatori. Un’altra sala, forse quella da pranzo è detta “Sala della Piccola Caccia”, dove sono raffigurate 12 scene disposte su quattro registri:
-nel primo registro dall’alto, un cacciatore e i suoi cani all’inseguimento di una volpe;
-nel secondo registro, un sacrificio a Diana, tra due uomini che portano sulle spalle un cinghiale legato e un terzo che porta una lepre;
-nel terzo registro, due uomini che guardano alcuni volatili sulle foglie di un albero, una vasta scena con il banchetto del proprietario con i suoi attendenti nel bosco e un cacciatore in atto di colpire una lepre col venabulum;
-nel quarto registro, invece notiamo la cattura di tre cervi con una rete e l’uccisione di un cinghiale che ha ferito un uomo in una palude. Sono curiose le figure di due servi nascosti dietro la roccia: uno prova a colpire la bestia con un sasso, l’altro si tocca la fronte impaurito.
Nel lato orientale, si accede a quell’ambiente che ha reso tanto famosa la Villa ed è l’ambulacro absidato alle due estremità e sopraelevato al peristilio quadrangolare, dove scorrono ben 60 m di mosaico con scene che documentano molto dettagliatamente la caccia di animali feroci in 4 delle 13 diocesi dell’Impero. Proprio per questo è detto “Corridoio della Grande Caccia”.

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La scena inizia dal Marocco con soldati imperiali a semicerchio per spingere un ghepardo dentro la trappola, costituita da una cassa aperta con dentro un capretto come esca e c’è un legionario pronto a chiudere la porta nel momento in cui il ghepardo entra. La cosa strana è che i ghepardi sono due, perché essi non vivono mai in branco a meno che non si tratti della stagione degli accoppiamenti, che in questo caso dura solo un giorno. Evidentemente si tratta di una madre col suo cucciolo. Il mosaico prosegue con altri animali come un leone berbero e un ghepardo che uccide un’antilope, proprio lì in fondo si nota una casa che indica un luogo di civiltà. Segue l’immagine di un carro trainati con tre casse dove verranno rinchiusi gli animali feroci e si nota un padrone che bastona uno schiavo. Il convoglio di animali arriva a destinazione, ovvero un porto, probabilmente Cartagine, dove vengono fatti salire gli animali su una nave e si vedono due uomini intenti a trasportare due struzzi e un’antilope, mentre tre casse sono già sul ponte della nave. Simbolicamente, a prua vediamo lo scaricamento degli animali, ma soltanto di una cassa e di uno struzzo quasi a sottolineare il fatto che molto spesso il viaggio era difficile e gli animali morivano. La merce e gli animali vengono controllati da due funzionari che poi decideranno se mandarli in qualche allevamento o utilizzati nelle arene. La scena continua con altri animali che vengono presi ad Oriente come un elefante e una tigre. Segue il Nilo con degli inservienti che fanno uscire dall’acqua un rinoceronte con un solo corno, che però ha il suo habitat in India e quindi questo ci spiega come spesso gli animali provenivano da altre parti per allevarli in una specie di zoo acquatico in Egitto per poi trasportarli a Roma. Ci si sposta ora in Mesopotamia con un legionario pensieroso che sovrintende i lavori, a cui seguono altri vari legionari e animali. Subito dopo, vediamo un altro legionario che corre a cavallo su una nave con in braccio due cuccioli di tigre, infatti notiamo subito dopo una tigre che lotta con la sua immagine riflessa in uno specchio. Questo era una tattica che distraeva la madre e permetteva ai romani di sequestrarle i cuccioli. Ne segue infatti un’altra dove vediamo un uomo rinchiuso in una gabbia, mentre un leone tenta di aprirla per sbranarlo. È evidente che in questa fauna ci fosse anche un velo di credenza romana su animali fantastici, dato che all’epoca non si conosceva molto bene la natura e lo vediamo molto bene nella figura di un grifone col quale termina questo lungo mosaico, quasi a dire che aldilà dell’impero c’è un mondo sconosciuto ancora tutto da scoprire. Quest’ampio mosaico ci testimonia non solo la caccia, ma anche la moda maschile dell’epoca come la tunica riccamente decorata con placche ricamate all’altezza delle spalle e delle ginocchia. In questo ambulacro absidato poi si affaccia una grande aula basilicale, dove il padrone concedeva udienza, ma era anche luogo di eventi e la sua è l’unica pavimentazione non a mosaico, ma eseguita con sottili lastre di marmo policromo. Seguono poi altre sale come la camera da letto padronale con a terra un mosaico che reca dentro una corona d’alloro una scena intima di due amanti che si baciano e non mancano le pareti affrescate, testimonianza della vita agiata e colorata degli antichi romani. La sala che la precede mostra un altro mosaico particolare rappresentante l’antro di Polifemo e si vede Ulisse nell’atto di porgere una ciotola di vino al gigante per ubriacarlo prima di accecargli l’occhio. La cosa interessante è che Polifemo ha tre occhi e non uno come ci ricordiamo, perché il mosaico rappresenta una scena teatrale e quello è un attore al quale è stato dipinto un occhio sulla fronte. Segue poi una sala absidata, probabilmente lo studio, dove il mosaico mostra motivi geometrici tondi dentro i quali sono raffigurati i frutti nelle varie stagioni.

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Nel lato sud, si apre un altro ambiente con mosaico a motivi sempre geometrici a cui segue una delle sale con il mosaico meglio noto della Villa con 10 ragazze in bikini intente a esercizi fisici sulla spiaggia come il lancio del disco, la corsa o il gioco della palla. Anche qui le vincitrici ricevono una palma e una corona di rose. Segue la sala della poesia e della musica col mosaico dedicato a Orfeo seduto su una roccia a suonare la lira, ammaliando gli animali intorno. Nell’abside è presente una statua del dio Apollo.
Sia dal corridoio della ‘”Grande Caccia” e dall’appartamento padronale, sia dall’angolo sud-occidentale del grande peristilio quadrangolare si accedeva ad un complesso unitario costituito da un cortile con colonnato ovoidale, un mosaico di girali d’acanto animate con busti di animali e ambienti laterali decorati con scene di attività agricole. Da questo cortile, si passa poi alla grande sala a tre absidi destinato alle feste con scene del semidio Ercole e delle sue fatiche, un motivo spesso ripreso nella propaganda imperiale come allusione alla divinizzazione dell’imperatore.
Tornando indietro, a sinistra del peristilio, si entra in un ambiente con piccolo mosaico raffigurante la padrona di casa col suo seguito. La donna giunge col suo corteo in pompa magna con abiti regali e s’intravede una splendida collana al collo e degli orecchini, seguono i figli (un maschio e una femmina) e la schiava con degli abiti puliti e piegati da indossare dopo il bagno. A questo ambiente, si passa infatti al complesso termale costituito da un’ampia Palestra per innescare il sudore, dove si trova un mosaico che mostra una corsa di bighe trainate da cavalli nell’allora Circo Massimo di Roma. Al centro è rappresentata la spina, cioè la lunga divisione centrale riccamente decorata con marmo e un obelisco centrale (oggi a Piazza del Popolo a Roma). Si nota una figura che suona la tromba per indicare la fine della gara e un’altra che porta una palma, ovvero il premio della gara. Seguono, infine i tre ambienti rivestiti da mosaici con tema marino che formano il complesso termale vero e proprio. Il Frigidarium, Tepidarium e Calidarium. Il primo serviva per i bagni freddi, il secondo per quelli tiepidi e il terzo per quelli caldi.
Come detto, la Villa del Casale viene fatta risalire al IV secolo d.C. e attraversò secoli d’Impero Romano, secoli di Medioevo fino ad arrivare all’incirca al 1160 quando venne improvvisamente sepolta da un’alluvione e nei secoli a seguire venne depredata di tutto quello che di tanto in tanto veniva ritrovato e solo nel 1950 venne riscoperto il suo patrimonio di mosaici e tornarono alla luce tutti i suoi tesori.

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BIBLIOGRAFIA

-R. B. Bandinelli e M. Torelli, L’arte dell’antichità classica, Etruria-Roma, Torino, UTET, 1976
-Autori Vari, Piazza Armerina. La villa romana del Casale, Morgantina, 2005
-P. Pensabene, Piazza Armerina: Villa del Casale e la Sicilia tra Tardoantico e Medioevo, Roma, L’Erma di Bretschneider, 2010
-G. Cantamessa, La villa romana del Casale di Piazza Armerina, 2013

 

 

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