La sezione aurea in Piero della Francesca

di Vanessa Paladini

Piero della Francesca (Borgo Sansepolcro, Arezzo, 1415 – 1492) è stato “maestro raro nelle difficultà dei corpi regolari, e nell’aritmetica e geometria” come scriveva Giorgio Vasari nelle “Vite”.

Prima ancora di essere artista, egli viene ricordato per il trattato d’Abaco in volgare, uno sui poliedri in latino “Libellus de quinque corporibus regularibus” ed uno sulla prospettiva “De prospectiva pingendi” di cui si hanno delle copie in latino e volgare.

Nelle sue opere si trovano esposte regole per la misurazione dei corpi geometrici, della sfera e dei cinque poliedri in  essa iscrivibili, noti come solidi platonici. Sono trattati anche poliedri semiregolari, detti archimedei, ottenuti tagliando in diversi modi i vertici di quelli regolari. La geometria ha assunto così carattere teorico, legandosi alla sua matrice greca.

Piero ha dedicato una speciale attenzione ad un rapporto proporzionale introdotto dal filosofo Platone nel “Timeo” , che nell’Ottocento prenderà il nome di “sezione aurea”. Platone sostiene che i tre termini di una proporzione divina – la più grande (la linea intera), quella di mezzo (il segmento più lungo) e la più piccola (il segmento più corto) – siano “tutti di necessità gli stessi, e poiché sono gli stessi, non sono che uno”. In una progressione di divine proporzioni, ogni parte è un microcosmo, cioè un modello minuscolo, di tutto l’insieme.

Non è difficile riconoscere nelle opere di Piero della Francesca tale principio.

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Nell’ “Annunciazione”, affresco realizzato nel 1452-59, è presente il cosiddetto “rettangolo aureo” poiché i rapporti interni nel dipinto sono regolati da questo principio matematico.

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Il rettangolo, nell’opera presa in considerazione, si sviluppa in verticale, dando vita ad una progressione di grandezze legate al medesimo rapporto -espresse in matematica dalla lettera greca “phi”- . La posizione delle colonne separa verticalmente la scena in due metà. La diagonale dell’architrave, che prosegue nel profilo del cornicione aggettante, unisce le mani del Dio Padre con il volto di Maria e suggerisce l’andamento dello Spirito Santo. La prospettiva è quindi, in questo caso, messa al servizio del tema cristiano. La luce proviene da sinistra e rispetta l’illuminazione naturale della cappella.

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Anche nella “Flagellazione di Cristo” (1459) che si può ammirare ad Urbino, nella Galleria Nazionale delle Marche , si possono notare due scene distinte ma connesse al contempo. In una strada con edifici antichi e di stile rinascimentale tre uomini colloquiano, mentre in uno spazio misurato alla perfezione il Cristo è legato alla colonna e flagellato. La tavoletta nonostante le dimensioni ridotte (58,4 x 81,5 cm) fa apparire grandi gli spazi, grazie ad un attento uso della prospettiva. L’ opera può essere suddivisa in due aree di forma  rettangolare: la prima in cui è rappresentata la flagellazione e la seconda occupata dai tre personaggi in primo piano che sono  in un rapporto aureo, pari al numero aureo 1,618.  (φ= )

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Per evitare che la colonna, cui è legato il Cristo, si sovrapponesse, per un naturale effetto ottico, alla parete di fondo, il pittore ha posto sul capitello un idolo dorato, che ribadisce la centralità della colonna stessa. La luce, in questo caso proviene sia da sinistra che da destra. Le fasce bianche, la pavimentazione, gli architravi e le linee di gronda degli edifici fanno convergere tutto su di un unico punto di fuga, proiezione del punto di vista o “occhio” -come lo chiama l’artista- sul quadro prospettico.

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Piero della Francesca è stato artefice del recupero di un sapere neoplatonico, oltre che biblico e storico, facendosi interprete del mondo tramite la natura matematica.

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