La Reggia di Caserta: storia e regalità di un passato nobile e irripetibile

di Fabio Strazzullo

Nel 1752 Carlo di Borbone, re di Napoli e di Sicilia, ordinò la costruzione di una nuova capitale con al centro un palazzo degno del suo regno. Si scelse Caserta, perché doveva essere fuori dal regno e lontana dagli attacchi marittimi di eventuali nemici, ma soprattutto questo palazzo doveva essere ancora più bello delle altre regge d’Europa come Versailles. Così nacque la Reggia di Caserta. Una delle più belle al mondo e gioiello del nostro patrimonio artistico italiano. Essa conobbe tre periodi:
-il regno di Carlo di Borbone e del figlio Ferdinando IV nel ‘700;
-la Repubblica Partenopea tra il ‘700 e l’800 con il breve decennio francese (1806-1815) e
-il ritorno dei Borbone il cui regno prese nome delle Due Sicilie fino all’Unità d’Italia (1861).


Copre più di 61.000 m² con quattro cortili interni. Ha la forma di un rettangolo lungo 250 m e largo 200 m. Il palazzo è alto più di 40 m e si sviluppa su cinque piani, compresi anche due sotterranei. Al suo interno, tra stanze e saloni ci sono più di mille ambienti, porte e ben 1742 finestre. Tutto quello che oggi vediamo è l’opera maggiore di uno degli architetti più famosi del ‘700, Luigi Vanvitelli. Morì nel 1773 prima che la Reggia fosse compiuta e i lavori passarono in mano al figlio Carlo. Anch’egli architetto, ma meno caparbio del padre, al punto che ebbe diverse difficoltà a concludere il progetto, tanto che furono escluse la cupola e le torri angolari previste inizialmente. Infatti ci volle quasi un secolo per ultimarla e fu un cantiere immenso, dove lavoravano molti operai, tra cui pirati turchi fatti prigionieri, forzati, condannati e anche cammelli ed elefanti per il trasporto di materiali. Superato l’ingresso, si entra in una lunga galleria che attraversa tutto l’asse centrale della Reggia e, in linea con le vasche e il parco, l’effetto prospettico è particolarmente suggestivo. A cannocchiale si potrebbe dire. Per raggiungere i piani alti, si sale il magnifico scalone reale a doppia rampa posto su un lato del vestibolo ottagonale al centro della Reggia. Alle due estremità sono posti due leoni di marmo, simboli reali. Sulla parete frontale sono collocate le statue de la Verità, la Maestà regia e il Merito.

Il soffitto, invece ha una doppia volta ellittica che fu affrescata da Girolamo Starace-Franchis con le quattro stagioni e la reggia di Apollo. La doppia rampa si conclude nel vestibolo superiore al centro. Di fronte si accede alla Cappella Palatina, ispirata a quella della Reggia di Versailles, infatti lo spazio è scandito da colonne binate che sorreggono una volta a botte. Si notano, inoltre alcune colonne che furono danneggiate durante la seconda guerra mondiale. Dietro la Cappella, c’è il teatro: è una copia in miniatura del teatro san Carlo, ha 42 palchi messi su cinque livelli diversi e ognuno ha una decorazione diversa, ma quello che supera per dimensioni ed eleganza è il palco reale. Qui sedeva il re e una parte della sua corte. È sormontato da una corona da cui scende un panneggio e il baldacchino è sorretto dalla statua che simboleggia la Fama. Il palcoscenico ha, inoltre una particolarità. Oltre il fondale c’è un portale che dà sul parco e in questo modo si potevano sfruttare le sue verdi vedute per effetti speciali. Usciti dalla Cappella, ci si dirige verso destra dove si susseguono sale immense senza sosta e quello che colpisce è lo splendore e la ricchezza di ogni dettaglio decorativo.

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Insieme formano l’Appartamento Nuovo, così chiamato perché terminato per ultimo, dato che richiese ben 38 anni di lavori dal 1807 al 1845. Oltre la sala degli Alabardieri, delle Guardie del Corpo, di Alessandro, di Marte e di Astrea si entra in uno dei grandi luoghi del potere del passato e certamente più esclusivo: la Sala del Trono. Larga 15 m e lunga 40 m, ha il soffitto a volta a 15 m dal suolo. Emergono solo due colori, il bianco e l’oro. Qui venivano organizzati grandi cerimonie e ricevimenti, oltre che importanti decisioni per il regno che venivano prese proprio dal trono in fondo a tutto la sala. È in legno dorato con all’estremità due leoni alati, di lato delle sirene, mentre il dorso dello schienale è costituito simbolicamente dalla valva di una grande conchiglia e in cima ci sono due cornucopie (simbolo dell’abbondanza). Superata la Sala del Trono si accede agli appartamenti privati del re e la prima sala che si vede è quella del consiglio con al centro un tavolo barocco, donato dal popolo napoletano a re Francesco II in occasione del suo matrimonio con Maria Sofia. Segue la camera da letto di Francesco II con un letto a baldacchino in mogano e bronzo dorato in stile impero. Affianco a questa camera c’è la sala da bagno con una vasca in granito d’oriente e teste di leone scolpite. Il rubinetto d’acqua calda venne aggiunto solo verso la fine dell’800. Per un tocco di cosmetica c’era la toilette in marmo di Carrara sorretta da colonnine, il cui piano ha anfore istoriate e vasi di fiori. Il tutto risalente al 1825. Segue la camera da letto di Gioacchino Murat con arredamento in stile impero. Si giunge poi all’ultima sala dell’Appartamento Nuovo, cioè l’Oratorio che prese il nome di Oratorio di Pio IX data la presenza di un suo busto. Qui il re recitava le sue preghiere mattutine e alle pareti sono esposti quadri dal soggetto religioso.
Tornando indietro, si accede alla serie di sale che formano l’Appartamento Vecchio, dato che fu il primo ad essere abitato da Ferdinando IV e Maria Carolina e tutte sono tappezzate con seta di san Leucio. Le prime quattro sale portano il nome delle quattro stagioni e in ordine: la sala della primavera, dell’estate, d’autunno e d’inverno. Dopo lo studio in stile orientale con la volta che richiama lo stile pompeiano, si accede alla camera da letto di Ferdinando II: qui, il re morì nel 1859 di malattia contagiosa e proprio per evitare un’epidemia, tutto il mobilio venne distrutto e sostituito. Si notano il busto del re di autore sconosciuto e quello della regina Maria Cristina di Savoia di Luigi Pampaloni. La sala successiva è quella da lavoro della regina con annesso bagno. Si ricorda che i Borbone di Napoli avevano un coccetto più avanzato della pulizia e un esempio ce lo offre proprio questo bagno. Piccolo e suggestivo: qui c’è un’altra vasca in alabastro e ricoperta con rame dorato, un gabinetto e un bidet del ‘700 che col passaggio dai Borbone ai Savoia venne inventariato come “strano oggetto a forma di chitarra”. Qui la regina si spogliava e nessuno poteva vederla, neanche i volti scolpiti che hanno gli occhi bendati. Solo lei, invece poteva vedere tutti e tutto attraverso un sistema di pareti mobili. Subito dopo, si accede a tre sale che formano la Biblioteca: questa raccoglie oltre 12.000 volumi che trattano dalle arti marziali alla poesia, dalla storia alla filosofia. Fu voluta dalla regina Maria Carolina e ci offre un ritratto tangibile di sovrani colti e amanti delle arti. Alla Biblioteca fa poi seguito il Presepe napoletano in quella che prima era un teatrino. Dentro teche di vetro sono esposte 1200 statuine realizzate da abili artisti e i loro vestiti cuciti dalle regine e le loro dame. Da questo poi si passa direttamente alla Pinacoteca, dove in dieci sale sono esposte opere d’arte con nature morte, scene di battaglia e infine alle otto sale della Quadreria, dove invece sono esposti i ritratti ufficiali di principi e sovrani borbonici.

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Uscendo, la Reggia di Caserta ha un volto straordinario anche per merito del parco, dove i sovrani si svagavano con la corte e le feste. Ma sono i 3 km di vasche e fontane che la rendono unica e meravigliosa. Attraversando il viale centrale, nel quale si diramano numerose strade laterali che si addentrano nel bosco, si arriva ad una rotonda dove si trova la piccola fontana Margherita. Seguono poi la fontana dei delfini, la fontana di Eolo con caratteristici scogli su cui poggiano le statue dei Venti. Questa fontana inoltre non è mai stata completata, perché doveva esserci collocato un gruppo di Eolo e Giunone su un carro trainato da pavoni. Seguono poi la fontana di Cerere, la fontana di Venere e Adone, dove la prima tenta di dissuadere il secondo dall’andare a caccia e infine la cascata con la fontana di Diana e Atteone divisi in due gruppi. Ma da dove viene tutta quest’acqua? per alimentare tutte le fontane del parco era necessaria una grande quantità d’acqua che purtroppo Caserta non poteva fornire e allora Vanvitelli decise di costruire un acquedotto che prese il nome di acquedotto Carolino lungo 42 km e formato da 90 archi su tre ordini, che raccoglie le acque di sei sorgenti. Fu inaugurato da Ferdinando IV nel 1762 dopo nove anni di lavori.
L’ultima suggestione della Reggia di Caserta la regala il Giardino Inglese, che fu costruito nel 1782 da Carlo Vanvitelli su ordine della regina Maria Carolina. Nel ‘700 vennero portate alla luce le antiche rovine di Pompei ed Ercolano e i sovrani ricostruirono alcuni ambienti con pezzi originali come statue e pavimenti. In un certo senso, era come se volessero rivivere l’atmosfera dei tempi antichi. Al centro di questa scenografia una statua di Venere che fa il bagno in un laghetto. Il giardino è, inoltre ricco di piante indigene ed esotiche, ma non mancano anche ruderi artificiali, un tempietto romano nel laghetto chiamato dei Cigni ed un orto botanico che insieme rispecchiano un mondo di poesia e di bellezza.
È forse questa la sensazione che i visitatori provano quando visitano la Reggia di Caserta. La sensazione del tempo che sembra essersi fermato in bilico tra la storia e la regalità di un passato nobile e irripetibile.

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BIBLIOGRAFIA CONSULTATA:

-Aldo Zuchi, Guida illustrata del Palazzo Reale e della Reggia di Caserta;
-Felice Defilippis Il Palazzo reale di Caserta e i Borboni di Napoli – Di Mauro Editore, 1968, Cava dei Tirreni;
-Pierluigi De Vecchi, Elda Cerchiari, Arte nel tempo – Dalla crisi della Maniera al Rococò, edizioni Bompiani.