La “Pietà” di Michelangelo Buonarroti: “tutto il valore et il potere dell’arte”

di Laura Corchia

“Sarà la più bella scultura di Roma”. Con questa frase, il garante che sostituiva Michelangelo firmò il contratto per la Pietà, scultura in marmo commissionata dall’anziano cardinale francese Jean Bilhères de Langraulas.

 

Era il 1498 e Michelangelo era un giovane e promettente scultore. Prima ancora di firmare il contratto definitivo, era stato spedito a Carrara a scegliere un marmo candido e privo di imperfezioni. Il committente, morto ancor prima di vedere l’opera compiuta, aveva stabilito nel contratto che ad ornare la sua tomba sarebbe stata “una Vergine Maria vestita, con Christo morto in braccio”.  Questo tema drammatico non era molto diffuso nell’arte fiorentina e Michelangelo cercò ispirazione nell’arte d’Oltralpe e, in particolare, nelle cosiddette Vesperbilder, i gruppi scultorei germanici raffiguranti la Vergine che contempla il corpo del Figlio steso steso sulle sue ginocchia.

 

Michelangelo ricavò le due figure da un unico blocco di marmo, ricorrendo ad una tecnica tipica degli scultori antichi. Data la collocazione, l’opera è trattata come un altissimo rilievo e non come una scultura a tutto tondo. La composizione piramidale è data da una forma fluida, in cui l’occhio indugia su ogni più piccolo dettaglio e, soprattutto, sulle emozioni che suscitano la dolcezza dei gesti e la compostezza di un dolore soffocato nel petto della Madre. Non c’è strazio nel volto di quella Vergine-bambina, non c’è sofferenza nel corpo di Cristo mollemente adagiato sugli abbondanti panneggi di Maria. Il marmo è condotto squisitamente fino all’ultimo grado di finitura. Gli strumenti di Michelangelo sono riusciti a definire la diversa consistenza delle stoffe, dell’addome di Cristo, dell’epidermide e della barba in leggera crescita.

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Così descrive l’opera Giorgio Vasari: “Le quali cose destarono l’animo al Cardinale Rovano franzese, di lasciar per mezzo di sí raro artefice qualche degna memoria di sé in cosí famosa città, e gli fé fare una Pietà di marmo tutta tonda, la quale finita fu messa in San Pietro nella cappella della Vergine Maria della Febbre nel tempio di Marte.

Alla quale opera non pensi mai scultore né artefice raro potere aggiugnere di disegno, né di grazia, né con fatica poter mai di finitezza, pulitezza e di straforare il marmo tanto con arte, quanto Michele Agnolo vi fece, perché si scorge in quella tutto il valore et il potere dell’arte. Fra le cose belle che vi sono, oltra i panni divini suoi, si scorge il morto Cristo, e non si pensi alcuno di bellezza di membra e d’artifizio di corpo vedere uno ignudo tanto divino, né ancora un morto che piú simile al morto di quello paia.

Quivi è dolcissima aria di testa, et una concordanza ne’ muscoli delle braccia et in quelli del corpo e delle gambe, i polsi e le vene lavorate, che invero si maraviglia lo stupore che mano d’artefice abbia potuto sí divinamente e propriamente fare in pochissimo tempo cosa sí mirabile; che certo è un miracolo che un sasso da principio, senza forma nessuna, si sia mai ridotto a quella perfezzione che la natura a fatica suol formar nella carne.

Poté l’amore di Michele Agnolo e la fatica insieme in questa opera tanto, che quivi quello che in altra opera piú non fece lasciò il suo nome scritto a traverso una cintola che il petto della Nostra Donna soccigne, come di cosa nella quale e sodisfatto e compiaciuto s’era per se medesimo. E che è veramente tale che, come a vera figura e vi|va, disse un bellissimo spirito:

Bellezza et onestate

E doglia e pièta in vivo marmo morte,

Deh, come voi pur fate,

Non piangete sí forte,

Che anzi tempo risveglisi da morte,

E pur, mal grado suo,

Nostro Signore e tuo

Sposo, figliuolo e padre

Unica sposa sua figliuola e madre.

Laonde egli n’acquistò grandissima fama. E se bene alcuni, anzi goffi che no, dicono che egli abbia fatto la Nostra Donna troppo giovane, non s’accorgono e non sanno eglino che le persone vergini senza essere contaminate si mantengono e conservano l’aria de ‘l viso loro gran tempo, senza alcuna macchia, e che gli afflitti come fu Cristo fanno il contrario? Onde tal cosa accrebbe assai piú gloria e fama alla virtú sua che tutte l’altre dinanzi”.

 

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